Cradle Of Filth
Midian

2000, Music For Nations
Gothic

Recensione di Marco Somma - Pubblicata in data: 13/09/10

Midian, ventre della madre degli incubi. Città sotterranea rifugio di mostri e scherzi della natura. Il parto malato della mente di Clive Barker, noto romanziere americano, fa da sfondo ed ispirazione al quinto LP di Dani Filth e compagni. Attingendo a piene mani dall’opera letteraria e dal rispettivo adattamento cinematografico, il disco mette innanzitutto in musica il mito creato dallo scrittore, ma trova spazio anche per i grandi antichi di H. P. Lovecraft, storie di fantasmi inglesi, moderne depravazioni, struggenti drammi amorosi e reminiscenze di diabolica fede. Messo sul mercato il giorno di Halloween del 2000, il full sembra destinato a segnare un capitolo decisamente inglorioso per la storia della band, almeno sotto il profilo delle vendite. Oggetto di innumerevoli critiche fin dai primi giorni di distribuzione, in breve bollato subito come troppo commerciale, leggero e sovra-prodotto, “Midian” si rivela invece una miniera d’oro. Di gran lunga il lavoro più magniloquente della band, da solo riesce a segnare il successo internazionale di una formazione dedita ad un genere tutt’altro che popolare. Il disco fa la scalate delle classifiche e l’unico video estratto va a rotazione sulle varie incarnazioni di MTV ed affini. Ma cosa ha prodotto tanto inaspettato successo?

“At The Gates Of Midian”, consueta intro strumentale, ci accompagna con incedere solenne ma per nulla sinistro, fin sulla soglia di un mondo fatto di mostruosità. Come per la dannazione descritta nel lontano “Dusk... And Her Embrace”, anche qui non sembra esserci paura, ma solo rispetto. Una riflessione, questa, sulla quale dovremo tornare più avanti. Direttamente dalle pagine del grande scrittore Howard Phillips Lovecraft, “Cthulhu Dawn” ci piomba addosso con tutta la sua potenza. È avvenuta una profonda trasformazione nel modo di fare musica del gruppo, la violenza ha assunto una forma e la ricerca della melodia sembra aver finalmente trovato un perfetto accordo con la potenza di fuoco. Il suono, certamente anche per merito dell’ottima produzione, sembra assumere una terza dimensione rendendo tangibile l’orrore innominabile per eccellenza. “Saffron's Curse” trasuda lo stesso romantico marchio di fabbrica della band, che mai si è rivelato tanto melodico. Di certo uno dei punti più alti del disco, l’orchestrazione tiene insieme una struttura terribilmente complessa fatta di riff ruvidi e veloci, linee vocali granitiche (non c’è un altro modo per definirle), cori melodiosi e intermezzi recitati. Uno spirito sofferto pervade tutto il brano facendosi furioso solo sul finale. “Death Magick For Adepts” è il genere di brano che non andrebbe proprio preso sul serio. Un intermezzo spassoso come i pagliacci di un circo, lascia il tempo che trova: “Come cabin fever, sodomy on the bounty, Prey to phallus seas…”. “Lord Abortion” vale la pena ricordarla solo per due fattori salienti. Il primo è l’improbabile popolarità del pezzo; tripudio di erotismo perverso e megalomania, si compone di linee musicali assolutamente dimenticabili ed immagini che vanno dalla necrofilia alla masturbazione. Il secondo aspetto, fortunatamente molto più apprezzabile, è la performance vocale di Dani Filth. Le variazioni si sprecano dando finalmente prova di una eclettismo ed espressività più uniche che rare. Bisogna sottolineare che proprio questa peculiarità è stata oggetto di discussione per molti detrattori. Lasciandosi alle spalle le facilonerie di composizione dei due pezzi precedenti “Amore E Morte” riporta il disco allo spessore iniziale. Più semplice e diretta di “Saffron's Curse”, si tratta di un brano dai richiami heavy. I suoni sono sempre molto scuri, estremamente sgravati e il lavoro alle pelli di Adrian Erlandsson riesce a dare il giusto contrappunto drammatico. Per la prima volta è il romanticismo stesso alla base del testo ed il risultato è eccellente. Dopo l’intermezzo di “Creatures That Kissed In Cold Mirrors” si arriva al secondo vero highlight del disco. “Her Ghost In The Fog” apre su tragiche note di pianoforte ed archi, subito seguiti dalle chitarre distorte e la batteria serrata. Una voce narrante ci introduce nel racconto di un amore che si rifiuta di finire con la morte. Una morte ingiusta ed uno spirito inquieto. Ci sono tutti gli ingredienti del caso per una perfetta ghost story all’inglese. La chitarra di Allender, assente dalla band dai tempi del primo disco, si sposa perfettamente con le tastiere di Powell. La voce prima profondissima poi disperata e tagliente di Filth si accosta alle aree melodiche della corista Sarah Jezebel Deva in un sodalizio mai cosi seducente. Avvicinandosi alla fine pare di avvertire un generale ispessimento dei temi e delle composizioni. “Tearing The Veil From Grace” è proprio quello che ci si sarebbe aspettato dalla band a questo punto della sua evoluzione artistica. Un componimento epico e romantico, ingigantito da una teatralità ultra-rodata. Ma non pensiate che sia tutto qui: c’è dell’invenzione, cambi di rotta e uno spazio ritagliato da ogni elemento della band come mai prima era successo. Le tastiere sono onnipresenti e le chitarre dai toni heavy metal si scambiano complici consensi con gli intermezzi recitati. Come sempre i cori completano l’opera. Lo stesso vale per “Tortured Soul Asylum” con il valore aggiunto di un concept di grande spessore. Il pezzo ci riporta infine a Midian, la città dei reietti, dove la mostruosità è accolta come un dono, il diverso non deve temere alcun male e la sua singolarità è celebrata anziché additata.

Forse è proprio questa attitudine a favorire la facile somministrazione del disco. Per quanti orrori esso descriva, non lo fa mai con piglio minaccioso. Se c’è furia, è solo in funzione della narrazione. Tutto il disco sembra essere un circo degli orrori, presentato come una passerelle di meraviglie nascoste dal manto della notte. Mostruosità assume qui il significato di straordinario. Come in un gabinetto delle eccentricità di fine ottocento, la musica della band ci accompagna in una visita guidata: “Ecco a voi l’uomo coccodrillo!, la donna serpente e il cane a due teste!”. Di certo i Nostri si presentano con una proposta alla quale il grande pubblico non è abituato.  Non c’è timore, se non qualche brivido assolutamente voluto. I Cradle Of Filth riescono dunque ad appellarsi al fascino del morboso, facendo sentire gli ascoltatori ospiti ben voluti in un mondo di contorti saltimbanchi.

Oh, sweet Midian
I burn for thee at heart
Don't despair Me
Come bare me on wings of graveyard robbed leather
To where pleasure rings deep secrets
In spurts after dark...
"



01. At The Gates Of Midian
02. Cthulhu Dawn
03. Saffron's Curse
04. Death Magick For Adepts
05. Lord Abortion
06. Amor E Morte
07. Creatures That Kissed In Cold Mirrors
08. Her Ghost In The Fog
09. Satanic Mantra
10. Tearing The Veil From Grace
11. Tortured Soul Asylum

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