Megadeth
Risk

1999, Capitol Records
Rock

Recensione di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 23/05/13

La copertina di questo album dei Megadeth (quella della versione rimasterizzata del 2004, con un topo pronto a cadere in una trappola) riflette appieno la sensazione dell'ascoltatore che si trova per la prima volta alle prese con le dodici tracce che compongono il disco: ci si ritrova in serio pericolo e la propria sanità mentale è ad un passo dal valicare il limite e "Risk", con gran ironia, non è più solo il titolo dell'album, ma una reale possibilità!


I Megadeth, tra i migliori esponenti del genere thrash, autori di album epocali come "Peace Sells... But Who's Buying?" o "Rust In Peace", nel 1999 decisero di dare alle stampe questo album che con il Thrash non c'entrava assolutamente nulla. I maligni potranno dire che il mai sopito desiderio di rivalsa di Mustaine nei confronti dei Metallica, che lo avevano silurato senza tanti complimenti nel 1983, abbia giocato un ruolo decisivo in questo cambio di rotta: così come i Metallica avevano pubblicato "Load" (1996) e "ReLoad" (1997) pochissimi anni prima dedicandosi ad un Hard Rock che rinnegava decisamente il loro passato, così Mustaine aveva deciso di tentare una nuova strada, ancora più catchy e commerciale rispetto a quella dei suoi ex compagni.


Le reazioni all'epoca non furono di certo positive, con stroncature sicuramente dettate dal fatto che tutti i fan si sentivano traditi da questo cambio estremo attuato dalla band. A quattordici anni di distanza, a mente fredda e senza più far parlare i sentimenti, il giudizio che si può esprimere nei confronti di questo disco, purtroppo, non cambia molto rispetto all'epoca, risultando ugualmente ben poco lusinghiero. Ci troviamo di fronte al punto più basso della carriera dei Megadeth, la causa scatenante che causò la conseguente dipartita di Friedman dalla band per divergenze artistiche.


Cercare di salvare qualcosa in quest'album è decisamente difficile. La pecca più grossa è sicuramente il non aver sfruttato adeguatamente un signor chitarrista come Marty Friedman: relegato quasi sempre in secondo piano, nascosto dalla voce di Mustaine che continua imperterrita a macinare minuti senza quasi mai un momento di sosta. Gli assoli sono limitati a giusto una manciata di tracce (che alla fin fine risultano quelle più interessanti, forse anche per questo maggior spazio dato a Friedman). Altro grande difetto è il livello qualitativo delle composizioni: quasi tutte estremamente scadenti, improntate su un pop rock radiofonico più studiato per invogliare il grande pubblico a digiuno di Metal a riempire le tasche di Mustaine che a scatenare i fan dell'(Hard) Rock con ottimi pezzi. Lo stesso Mustaine, che sembra aver intenzione di riempire quanti più minuti possibili del disco con la sua voce, a discapito degli strumenti, risulta fiacco e senza grinta, quasi l'ombra del suo vecchio se stesso.


Le uniche tracce menzionabili sono "Prince of Darkness", dove un'introduzione parlata di Mustaine si apre poi in un riff di chiatarra che ci accompagnerà fino alla conclusione della canzone; "The Doctor is Calling", che strizza l'occhio a tanto Horror Rock degli anni '80 e nella quale potrebbe anche aleggiare lo spirito, molto annacquato, di Alice Cooper; "Time: The End", molto più old style e con un ottimo assolo di Friedman.


Che questo album sia stata solamente una divagazione momentanea lo dimostrano anche i successivi LP della band, con una lenta ma costante risalita dalla china del pop rock fino a raggiungere dei livelli che, seppur distanti dai primi, magistrali album incisi dal gruppo, sono pur sempre di tutto rispetto, senza dimenticare quel piccolo gioiello che è "Endgame" (2009). E poi, a meno che ai Metallica non venga di nuovamente la voglia di percorre nuove strade musicali, con conseguente emulazione da parte di Mustaine, dovremmo essere al sicuro dal vedere un seguito di "Risk"!





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