E la splendida malinconia di "As Dust Dances" la cui prima, e sussurrata, metà (im)prepara alla seconda ricca dei disperati e solitari ruggiti di Simon Neil. Miglior traccia del disco nonché calzante esempio dell'eclettico e mutevole stile dei Biffy Clyro, profeti, malati e terapeuti di moderna solitudine esistenziale. Quest'ultima affrontata a suon di chitarre elettriche e live mozzafiato.
Messo solo musicalmente tra parentesi (sì, perché il testo invece è il solito adorabile ed enigmatico strazio) il suddetto malessere per almeno i 3:08 di "A Whole Child Ago", di cui si consiglia l'infantile bizza a 2:18, viene quindi il turno di sbattere accordi e (forse) porte in faccia con la romantica codardia di "The Conversation Is...".
Vogliamo poi parlare del sarcasticamente ilare "Happiness is an allusion" con cui si presenta "Now I Am Everyone"? Accattivante per variabilità, ipnotica per il leggero crunch della chitarra solista e il criptico "This is the one", ripetuto fino allo sfinimento, e preceduto da fior fior d'ampiezza (e freschezza) musicale.
Del successivo psico-delirio, di cui sono sommario i titoli delle tracce, tradizionalmente unici nella loro funzionale assurdità, si sottolinea la Santa Trinità dello sconforto perfettamente realizzata nell'ordine da: la (naturalmente) lancinante, "Folding Stars" (pezzo da nostalgia post-addio), i cori apocalittici di "9/15ths", a ricordare quanto ormai l'umanità sia universalmente fottuta e infine la dolceAMARA "Machines" (sulla cui morale si glissa solo per non infierire).
Scordatevi il lieto fine, tanto è arcinoto che vita sia solo pianto e stridore di denti, però esasperate casse e vicini per godervi ugualmente i Biffy Clyro, che sia la prima o la millesima volta.