Si può parlare dei Pearl Jam essendo estremamente sintetici, o dilungandosi in discorsi chilometrici. Si può affermare semplicemente che ci sono sempre stati, o che sono sempre stati fedeli alla loro volontà di comporre e suonare quel che più gli aggrada a prescindere dal trend del momento, o si può iniziare una discussione ed una riflessione sul perché, sul come siano riusciti a rimanere a galla anche dopo la definitiva morte del grunge, riuscendo a mantenere ed anzi accrescere un seguito di pubblico non indifferente, sempre fedele.
Il colpo di fucile esploso il 5 aprile 1994 è stato null'altro che l'inizio della dissoluzione della scena musicale di Seattle: di lì a poco i riflettori per quel tipo di sound si sarebbero spenti senza troppi complimenti, i Soundgarden si sarebbero sciolti, gli Alice in Chains sarebbero comparsi sempre meno in pubblico, fino alla tragica scomparsa di Layne Stanley. Negli ultimi anni c'è stato un ritorno di fiamma di alcuni di questi mostri sacri, con le varie reunion più o meno celebrate in lungo e largo, più o meno riuscite, più o meno sperate ed attese. I Pearl Jam invece, caso più unico che raro, non si sono mai persi per strada, sono rimasti sempre in carreggiata, sempre con un solo chiodo fisso in testa: fare musica, comporre musica, suonare musica, sempre e comunque a livelli dignitosi. Vuoi per la caparbietà di Vedder e soci, vuoi per l'incredibile fedeltà dei fans in questi venti anni di carriera, sono sempre stati lì, non se ne sono mai andati. Hanno macinato concerti su concerti, e lo fanno ancora, con uno spirito diverso rispetto agli ormai opachi e sbiaditi anni '90, ma pur sempre con una voglia di divertirsi e divertire, con una sincerità di fondo inconsueta per una band di caratura mondiale come loro.
"Live On Ten Legs" è la testimonianza di quanto detto sin ora riguardo i Nostri. Anzitutto, scorrendo la tracklist si nota immediatamente come questo live album non sia stato concepito come un mero "best of" da dare in pasto alle masse, con i brani più famosi in primo piano, al contrario; fatta eccezione per le celeberrime "Alive" e "Jeremy", e le più recenti "I Am Mine", "The Fixer" e l'incantevole "Just Breathe", ampio spazio è stato concesso alle composizioni forse meno conosciute all'ascoltatore occasionale, ma non per questo meno energiche e coinvolgenti. "Rearview Mirror", "In Hidding", ma anche "Animal", "State Of Love And Trust" e la conclusiva "Yellow Led Better" sono apprezzatissime dal pubblico, il quale è sempre molto presente e partecipante. Anche quando si tratta di cover ("Arms Aloft" di Joe Strummer, messa addirittura come opener, e "Public Image" dei Public Image Ltd), il quintetto di Seattle si rende protagonista di una performance davvero molto buona e convincente, riuscendo a trasmettere dalle casse dello stereo gran parte dell'energia e delle belle sensazioni dei vari concerti (le canzoni sono state registrate durante svariate date svoltesi tra il 2003 ed il 2010). Si percepisce una certa serenità e soddisfazione da parte di Vedder e soci nel suonare il proprio repertorio, serenità e soddisfazione proprie di chi nel corso della carriera ha sempre fatto unicamente ciò che sentiva di fare, senza compromessi, con la coscienza a posto. La scelta di una scaletta così particolare è dovuta anche ad una semplice eppur non scontata osservazione: non vi è un solo pezzo che sia già comparso nel live album precedente a cui fa da ideale seguito, "Live On Two Legs", e ciò è un'ulteriore conferma dello studio accurato dietro ogni pubblicazione dei Nostri. Un ottimo lavoro, infine, è stato realizzato per rendere il più omogenea possibile l'esperienza d'ascolto, mixando ottimamente pezzi di differenti concerti e differenti anni insieme. Il risultato è senz'altro buono ed apprezzabile.
Le esibizioni dal vivo sono sempre state il punto forte dei Pearl Jam, la loro dimensione ideale, e "Live On Ten Legs" è una lampante dimostrazione di come forse proprio questo sia il segreto della loro longevità e della loro unione inscalfibile. I più pignoli storceranno il naso per l'assenza delle hit più famose e fortunate, ma francamente il disco è talmente coinvolgente che la loro mancanza non è poi così fastidiosa.