Andiamo con ordine, perché questo album fu comunque importante? Soltanto a un anno prima risaliva la separazione dallo storico batterista Thomas Stauch. Un duro colpo per la band reduce da una release complicata come "A Night At The Opera", essa stessa in parte causa della rottura. All'epoca, Stauch aveva insistito per continuare sulla scia dei grandi lavori del passato, solidamente power, "Imaginations From The Other Side" e "Nightfall In Middle-Earth" su tutti, contrariamente al parere dei compagni più propensi alla sperimentazione. Il sostituto era invece la summa della nuova via che i bardi volevano intraprendere. Frederik Ehmke infatti giungeva da una serie di progetti folk ma aveva comunque uno stile che rimandava al prog e al power. In questo album, carico d'aspettativa, la band condensò la propria volontà di far soffiare un vento nuovo sulla propria carriera, aria fresca sì ma non bufera. Ecco perché stavolta, nonostante gli elementi in parte innovativi, abbiamo ancora la percezione che si tratti della stessa band.
Volendo entrare nel dettaglio, l'opener dimostra che il gruppo non si è scordato come si fa un pezzo vecchio stile. "This Will Never End" ha un ottimo sapore anni '90. La seconda traccia invece è il suo opposto: "Otherland" è molto progressive, tecnica, melodica ed atmosferica. Segue poi quello che è probabilmente il capolavoro sottovalutato di questo album, "Turn The Page", ovvero una canzone epica ed incalzante col sapore sognante e melodico di una ballata. Quindi è il turno di "Fly", dedicata alla figura fiabesca di Peter Pan. Forse concepito per essere il manifesto della nuova via intrapresa dalla band, questo primo singolo è un buon mix tra la matrice power-heavy e il suonato prog accennato in precedenza. Si segnala anche "Carry The Blessed Home" (tratta dal ciclo de "La Torre Nera" di Stephen King), col suo forte carattere acustico e una melodia ricercata e articolata (se facciamo attenzione si riconosce anche un flauto ed una cornamusa, suonate entrambi dal neo batterista). A scostarsi dalla tradizione contribuisce anche l'indole molto heavy, e leggermente thrash, del secondo singolo, "Another Stranger Me", mentre con "Straight Throught The Mirror" si torna sul power più tipico, cori epici e ritmi serrati, il tutto condito dalla sempre ottima voce di Kursch e dalle linee di chitarra del duo Olbrich-Siepen, più articolate del solito. Nel mentre, Ehmke dà grande prova di sé alla batteria, pestando che è un piacere, a dimostrare che il ruolo assegnatogli se lo è meritato. Nel ritornello della seguente "Lionheart" (le cui lyrics si ispirano all'incontro tra Ulisse e Dante all'interno della Divina Commedia), ritorna anche il vorticare di voci degli ambiziosi cori del precedente "A Night At The Opera".
La vera perla del disco, quello che tanti reputano il punto cruciale di ogni uscita dei bardi, ovvero la ballad acustica, stavolta è "Skalds And Shadows". Miglior momento di un album tanto vario quanto insolito, l'atmosfera è decisamente quella giusta, gli arpeggi anche. Si procede poi verso la fine con la sfuriata di "The Edge" e l'ultimo atto, "The New Order", che probabilmente è l'unico brano in cui effettivamente confluiscono sia le linee vecchio stile che le nuove.
Volendo tirare le somme, siamo di fronte a uno degli anelli deboli della catena incantata che da sempre ci trattiene nelle spire della magia dei Blind Guardian. Del resto si tratta dell'arduo tentativo di una band di riuscire nell'innovazione di cui sentiva il bisogno senza abbandonare quanto maturato nel corso della propria carriera. Il marchio di fabbrica c'è ed è ben riconoscibile sebbene sia condito con nuovi elementi. Non è sicuramente un album facile, va ascoltato più volte per venire assimilato.
Ad ogni modo siete invitati ad avventurarvi nel mito, molto deve esserne ancora raccontato.