At The Gates
At War With Reality

2014, Century Media
Death Metal

Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 21/11/14

Da “Slaughter Of The Soul”, ultima studio release degli storici At The Gates – la band più saccheggiata del pianeta Terra (per informazioni bussare alla porta della cosiddetta New Wave Of American Heavy Metal, volgarmente chiamata anche Metalcore), senza alcun dubbio – sono passati ben diciannove anni. Per farvi avere un'idea più chiara del tempo trascorso vi basti pensare che all'epoca Gianluigi Buffon, eterno numero uno della Nazionale di calcio, non aveva ancora fatto il suo esordio in serie A (fun fact: SOTS esce il 14 novembre del 1995, Super Gigi entra per la prima volta in campo giusto cinque giorni più tardi)! Ed ecco che i nostri amici melodeath-eggianti tornano a farsi sentire con un nuovo lavoro, intitolato “At War With Reality”, registrato ovviamente presso il mitico Studio Fredman di Goteborg.

Vi chiederete che cavolo c'azzecchi Buffon con gli At The Gates. Niente, ci mancherebbe, e quindi veniamo subito al sodo: cosa aspettarsi da una band di questo calibro dopo uno stop creativo lungo quasi un ventennio? La curiosità è alta, manco a dirlo, perché avevamo lasciato gli At The Gates con un disco che dovrebbe figurare nella collezione di ogni ascoltatore di Heavy Metal (intendiamoci: non deve piacervi per forza, ma dovete comunque comprarlo). Dopo un'introduzione in lingua spagnola che ci informa su quanto Dio sia tutt'altro che onnipotente, ecco che subito la macchina del tempo si attiva e veniamo catapultati nella Svezia di metà anni Novanta: il riff iniziale di “Death and the Labyrinth” è in pieno stile Goteborg e il pezzo, pur nella sua breve durata, è un piccolo manifesto di come si può ancora suonare un certo genere. La title track segue la stessa lunghezza d'onda, ma in generale tutta la scaletta non si discosta troppo dal marchio di fabbrica degli At The Gates (altro notevole estratto, tanto per fare un nome, è sicuramente “The Book of Sand”). Se i richiami al precedente capolavoro sono in qualche caso evidenti – ad esempio i tipici riff in 12/8, i break vagamente atmosferici e ovviamente il timbro del buon Tompa, sempre abrasivo a dovere – il disco non è uno squallido copia-incolla di “Slaughter...” e, senza eccedere in chissà quali sperimentazioni, non puzza affatto di vecchio.

Purtroppo però non è tutto oro quello che luccica: tredici pezzi non sono pochi, e a parte qualche intermezzo (“City of Mirrors”) e alcuni momenti in cui il piede si sposta sul pedale del freno (“Heroes and Tombs”, “Order From Chaos”, “Eater of Gods”) “At War With Reality” tende ad appiattirsi sullo standard dei primi brani, situazione che crea più di un calo di attenzione durante l'ascolto. L'ispirazione non può essere quella di diciannove anni fa, ed in ogni caso farla durare per un album intero sarebbe stato un miracolo musicale con pochi eguali. Allora è più importante godersi il loro ritorno, soddisfare l'immensa curiosità di sentirli di nuovo alle prese con un lavoro in studio e prepararsi all'imminente ritorno sui palchi, dove sicuramente alcuni dei brani di questo nuovo lavoro non sfigureranno affatto in scaletta.

Tirando le somme, si può dire che il nome in questo caso fa comunque una discreta differenza e pesa sulla valutazione finale. Lo stesso disco, ma pubblicato sotto un monicker diverso da quello che si porta appresso, non avrebbe ricevuto oggettivamente lo stesso metro di giudizio che spetta agli At The Gates. L'attesa, il blasone e il mestiere fanno sì che “At War With Reality” sia il disco che i fratelli Bjorler e la loro compagnia svedeseggiante avrebbero dovuto fare e che in effetti hanno realizzato.



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