At The Gates
Slaughter Of The Soul

1995, Earache Records
Death Metal

Recensione di Lorenzo Brignoli - Pubblicata in data: 26/02/10

Perfetto. Non c’è parola più calzante per descrivere questo album, uno di quelli che si potrebbero definire “necessari e sufficienti” per la sua totalità, per l’ispirazione che ha dato e continua a dare a gruppi giovani e meno giovani, per la sua importanza all’interno della scena di Goteborg, scena in cui a metà anni 90 gli At The Gates assieme ai celeberrimi Dark Tranquillity ed In Flames erano senza dubbio uno dei gruppi più rappresentativi.

Il disco è stato purtroppo l’ultimo full-length della discografia degli svedesi, difatti la band si sciolse ad un anno di distanza dalla sua pubblicazione, avvenuta nel 1995. La line-up è senza dubbio invidiabile: come vocalist c’è Thomas Lindberg, una delle voci più calde ed espressive di tutto il panorama estremo (e che in seguito ha collaborato con una miriade di gruppi tra cui i connazionali Nightrage e The Crown passando per i Lock Up di Nicholas Barker, i Disfear fino agli eclettici The Great Deceiver), quindi troviamo i due fratelli Anders e Jonas Bjorler (ora menti dei The Haunted) rispettivamente a chitarra e al basso, il futuro Cradle of Filth Adrian Erlandsson dietro le pelli (da non confondere con il fratello Daniel degli Arch Enemy) ed infine Martin Larsson alla seconda chitarra.

Dicevamo album fondamentale, e non potrebbe essere altrimenti: un connubio perfetto di potenza e melodia, grazie anche all’ottimo lavoro di Fredrik Nordstrom, condito da vocals graffianti (che ricalcano in pieno i testi carichi di rabbia e pathos), assoli da urlo e chorus semplicemente entusiasmanti. Insomma non esagerano quelli che lo definiscono il “Reign in Blood” della Svezia.

Ma veniamo all’analisi traccia per traccia: apre il disco “Blinded By Fear”; sicuramente ci troviamo davanti ad una delle canzoni simbolo del genere, introdotta in un modo quasi “industriale” e con un ormai celebre parte parlata, dopo qualche secondo sprigiona tutta la sua energia con un riff devastante, e ovviamente con le splendide vocals di Tompa. Difficile che questo capolavoro non vi entri subito in testa e che in breve tempo non diventi una delle vostre canzoni preferite.

“All Your Fears Unleashed – The Face of all Your Fears”

Segue la title track, anche qui la potenza sprigionata è mostruosa: un riff di qualche secondo e poi un urlo micidiale “Go!”, ecco servito il secondo capolavoro del disco.

 “Slaughter of The Soul – Suicidal Final Art – Children Born of Sin – Tear Your Soul Apart”

Al terzo posto troviamo “Cold”, forse una delle più difficili da apprezzare, una delle più crude del disco e con un testo a dir poco drammatico. Pur essendo piuttosto violenta riesce ad esprimere nel miglior modo possibile il lato più intenso della musica degli At The Gates, culminante nella parte finale della canzone in cui troviamo lo scream acido di Tompa a fare la parte del leone. Difficile non essere colpiti dal pathos emanato da questo capolavoro.

“I Feel My Soul Go Cold – Only The Dead Are Smiling”

Appena il tempo di sentir stridere le chitarre e attacca “Under a Serpent Sun”, dotata di un ritmo a dir poco travolgente. Va segnalato, in questo ennesimo capolavoro il riff/assolo presente a metà canzone, talmente riuscito da essere in grado di emozionare ancora a distanza di anni.

“Under a Serpent Sun – We Shall Live as One”

In soccorso alle orecchie dell’ascoltatore accorre “Into The Dead Sky”, intermezzo acustico di soli due minuti ma che non può essere catalogato nel modo più assoluto come il classico filler; difatti, pur essendo una canzone strutturalmente e musicalmente diversa da quelle che la precedono, riesce ad inserirsi alla perfezione nel contesto del disco, non credo che vi verrà voglia di “skippare” questa traccia.

Dopo questa piccola pausa ricomincia il macello con “Suicide Nation”, forse la prima canzone del lotto non degna dell’epiteto “capolavoro”, ma l’inizio è davvero da antologia, ed è uno dei momenti più coinvolgenti di tutto l’album.

“Suicidal Legacy There Is No Turning Back”

Quindi troviamo “World of Lies”, che non si differenzia molto dalla struttura tipica delle canzoni presenti in questo disco ma che, manco a dirlo, è ottima, con un chorus coinvolgente e un testo come al solito ben fatto.

“World of Lies – Non-Divine – Release Me”

L’ottava traccia è “Unto Others”, una delle preferite del sottoscritto non solo di tutto l’album ma anche di tutto il genere, grazie ad un riff portante spaccaossa, ad un chorus esaltante come pochi altri e soprattutto all’assolo presente a metà canzone. Probabilmente ad i primi ascolti non vi piacerà così tanto e mi prenderete per pazzo, ma se riprenderete in mano l’album dopo un po’ di tempo non potrete non accorgervi dell’altissima qualità di questo pezzo.

“My Judas-Window Stays Shut – Shut Forever-More”

A chiudere il disco troviamo due tracce tiratissime ed una strumentale. La prima delle tre è “Nausea”, dotata di un ritornello tanto coinvolgente quanto sofferto (“Nausea, oh Sweet Nausea”), la seconda è “Need”, feroce come poche e senza troppi fronzoli ed infine “The Flames of the End”, ultimo capolavoro del disco, costruita principalmente alla tastiera ma dotata di melodie straordinarie, con ogni probabilità il miglior modo di chiudere l’album.

In conclusione che dire, non ci sono scusanti valide per non prendere questo album, anzi se siete amanti del death svedese o del death metal in generale questo disco dovrebbe essere vostro da un bel pezzo, mentre se siete dei novellini dell’estremo questo capolavoro, assieme ai contemporanei masterpiece di In Flames, Dark Tranquillity, Hypocrisy e pochi altri, non può essere che il modo migliore per iniziare.





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