At The Gates
To Drink From The Night Itself

2018, Century Media Records
Death Metal

"Abbiamo continuamente sete di esprimere noi stessi attraverso il death metal."
Recensione di Sophia Melfi - Pubblicata in data: 29/05/18

"We've always been a hungry band".

 

Il sound della band svedese At The Gates è sempre stato fomentato da un'incontenibile rabbia che in particolare da "Slaughter Of The Soul" ha visto il suo continuum in "At War With Reality" e la sua più esplicita manifestazione nell'ultimo lavoro in studio, "To Drink From The Night Itself". Emblema dell'estetica della resistenza, il concept dell'album, ripreso dall'omonima novella dello scrittore tedesco Peter Weiss, incentrata su una discussione in merito al duplice valore della forma artistica come strumento di oppressione o opposizione, si coniuga perfettamente a quel sentimento di frustrazione verso una perenne condizione di apatia nei confronti di una realtà ormai decadente che ha dato i natali al nuovo sound della band. L'album è uno sguardo al passato che non affievolisce tuttavia la continua voglia di sperimentare degli At The Gates, tanto da essere stati etichettati come una delle maggiori band melodic death metal. Un "lato melodico" che deriva da influenze classiche e barocche le quali convergono nel nuovo album, visibilmente riconoscente ai pilastri della "New Wave Of British Heavy Metal" come Judas Priest e Iron Maiden, da cui gli At The Gates hanno cercato di affrancarsi in maniera innovativa. "To Drink From The Night Itself" non rappresenta che una fuga dalla prigione e dagli stereotipi che sin dagli anni '90 hanno accompagnato la band lungo un tortuoso percorso culminato in un periodo di silenzio artistico durato circa quattordici anni.

 

"Dopo "At War With Reality" abbiamo percepito un profondo vuoto creativo che andava riempito. Abbiamo sete di esprimere noi stessi attraverso il death metal." "To Drink From The Night Itself" è stata una grossa sfida per gli At The Gates, i quali si sono spinti oltre il limite che un tale genere impone all'insegna di una vera e propria rivoluzione del sound di partenza. L'album è un insieme di canzoni forti che riprendono il classico suono metal arricchito con sfumature thrash, black, death metal e hardcore, in particolar modo evidenti nelle sezioni vocali di Tomas Lindberg. L'omonima traccia "To Drink From The Night Itself" e "The Colours Of The Beast" dimostrano il perdurare di elementi tipicamente brutal e death metal inseriti in un sound più dinamico rispetto ai precedenti lavori e coniugato ad intenzioni musicalmente progressive della band, spinta oltre i limiti della propria creatività. Riff martellanti e repentini cambi ritmici contraddistinguono la maggior parte dei brani tra cui "A Stare Bound In Stone" e "Palace Of Lepers", tracce che esplodono di rabbia e malessere già ad un primissimo ascolto. L'album si conclude con "The Mirror Black", una malinconica sequenza di arpeggi in netto contrasto con il profondo growl di Lindberg.

 

Concettualmente il nuovo lavoro della band riprende il motivo tematico dell'album di debutto "The Red In The Sky Is Ours", stravolgendo completamente i canoni del genere verso un cammino che inaugura la nuova stagione e il nuovo death metal degli At The Gates.  





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