Meshuggah - 25th Anniversary European Tour
16/12/14 - Live Music Club, Trezzo sull'Adda (MI)


Articolo a cura di Stefano Risso

Un grande pubblico per un grande concerto. Non potremmo iniziare diversamente l’analisi del concerto dei Meshuggah di ieri sera, con un Live Music Club praticamente pieno in ogni ordine di posto. Del resto l’occasione era ghiotta: il ritorno della band svedese a due anni dall’ultimo trionfale concerto milanese, per celebrare i venticinque anni di carriera, una carriera passata a dettare nuovi traguardi, imporre nuovi standard, condotta sempre un passo avanti a tutti.

Ma andiamo con ordine, perchè l’avvicinamento al main event della serata è stato in qualche modo propedeutico per addentrarsi sempre di più nei meandri degli stilemi meshugghiani. Infatti sia i polacchi Semantik Punk, che gli americani Car Bomb, inaugurano la sagra dei chitarroni ribassati, delle partiture intricate e cervellotiche, di urla disumane e violenza a pioggia. La tenzone dei gruppi di supporto è andata a vantaggio dei più esperti Car Bomb, più rodati e col repertorio più ampio e decisamente vicino alla band che li avrebbe seguiti sullo stesso palco. Ottima prova la loro, con un mezz’ora di grande intensità, abilissimi nel destreggiarsi lungo tutte le variazioni dei brani (a dir poco intricati e sfibranti), mostrando anche un giusto approccio col pubblico.

meshuggah_foto_concerto_trezzo_livereport_2Ore 21.40 circa, i Meshuggah prendono possesso del palco, uno alla volta, con tanta calma da sfociare in flemma, quasi senza neanche salutare il pubblico che già da diversi minuti ribolliva come una pentola a pressione pronta ad esplodere. Un ingresso serafico rotto all’improvviso dalle note di “Future Breed Machine”, estratta dal capolavoro “Destroy Erase Improve”. Una traccia che solitamente occupava la parte finale delle abituali scalette degli svedesi, ma che viene proposta a sorpresa (volutamente ci siamo sottratti allo spoileraggio della setlist del tour) come introduzione: un massacro. Quasi un monito per la successiva ora e mezza, se si parte con questa intensità sin dall’inizio bisognerà cercare di arrivare alla fine “sani a salvi”. Perchè infatti i Meshuggah sono una di quelle band che quasi si “subiscono” in sede live, tanta e tale la potenza sprigionata dal quintetto svedese. Una serata che parte col piede giusto e che continua come meglio si poteva sperare, riuscendo a toccare punti di eccellenza in ogni parametro di giudizio di un concerto: scaletta, suoni, prestazioni strumentali/vocali, tenuta del palco, spettacolarità.

Del resto non ci si improvvisa Meshuggah da un giorno all’altro e tutta l’aurea mitica che i nostri sono riusciti a costruirsi negli anni trova ancora pienamente riscontro per quanto assitito ieri sera. Essendo questo il “25th Anniversary European Tour”, i nostri hanno potuto attingere a piene mani dalla loro discografia, non dovendo per forza preferire un album in particolare. Il risultato è stato quindi una successione di brani che spaziano dal 1991 al 2012, proposti non in ordine temporale, in grado di mostrare tutti gli step evolutivi attraversati dai nostri, così da rendere la scaletta sempre mutevole, pronta a lanciarsi a tutta velocità su “Greed” (dal debutto “Contradictions Collapse”) come avvilupparsi nella trame sempre più monolitiche e cerebrali di “In Death - Is Life/In Death - Is Death”. Un continuo saggio di bravura supportato da suoni molto ben definiti, potentissimi e pieni, così da esaltare il lato ritmico degli svedesi, con le chitarre a otto corde quasi a fondersi con le linee di basso. Venticinque anni di carriera onorati nel migliore dei modi, sfoderando al meglio tutte le finezze del comparto tecnico in dote ai Meshuggah, praticamente perfetti quanto immobili sul palco, una staticità voluta e assolutamente congeniale all’atmosfera del concerto. Imponenti, seriosi, con una ricca illuminazione allestita ad hoc per tenere le figure dei cinque sempre in penombra, freddi, poco (se non per nulla) empatici col pubblico eppure così dentro la performance, evocativi, a pochi metri da noi eppure irraggiungibili.

 

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Insomma degli autentici fuoriclasse. Non lo scopriamo certo nel 2014, ma prove di forza del genere non fanno altro che delimitare ulteriormente lo stacco che c’è tra i Meshuggah (e le poche formazioni storiche al loro livello) e tutto il resto del metal moderno, un panorama sempre più affollato ma tristemente arido. Perchè non basta saper suonare bene, cosa che gli svedesi fanno divinamente oltretutto, qui parliamo di carisma, di genialità, di lungimiranza, di longevità, di chi non si è limitato a seguire delle regole, ma ne ha imposte di nuove. Giù il cappello.




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