The Zen Circus (Andrea Appino)
Con 10 anni di carriera e sette dischi pubblicati, i The Zen Circus sono una delle realtà più interessanti del panorama discografico italiano (hanno collaborato con Violent Femmes, Pixies e Talking Heads, nonché suonato con Nick Cave). La loro intuizione di unire le radici del folk e del punk alla canzone d’autore italiana col precedente album "Andate Tutti Affanculo" (2009), ha portato un successo di pubblico e critica che li ha consacrati dopo anni di duro lavoro. Il loro ultimo disco “Nati Per Subire” (il secondo cantato interamente in italiano) vede la partecipazione (nascosta) di tre quarti dell'indie Italiano. Un lavoro che consacra gli Zen Circus come i migliori cantastorie in chiave rock dello stivale, e che ha ottenuto recensioni molto positive ovunque, anche da noi di SpazioRock, e con un tour che sta, di conseguenza, letteralmente conquistando il pubblico con una serie di tutto esaurito in giro per la penisola. Andrea Appino, voce e autore degli Zen Circus, ci racconta come sta andando questo tour.
Articolo a cura di Giorgio Zito - Pubblicata in data: 24/01/12

Articolo a cura di Giorgio Zito ed Eleonora Muzzi


Una delle band più interessanti della scena indipendente italiana, anche se loro non sono proprio giovanissimi e questo non è il loro disco di esordio, anzi: hanno già una lunga carriera alle spalle, ma sembra che adesso stia andando sempre meglio. Il titolo è “Nati per Subire”, sono gli Zen Cirucs, presentiamo il disco in concerto assieme al cantante Appino. Ciao!

Ciao, ciao a tutti, eccoci qua. Hai fatto bene a darci dei non giovani.

Anche se ancora venite incasellati in quella categoria, il nuovo rock italiano!

E va beh, lo sai: in Italia, nella la politica così come nella musica, si arriva sempre dopo, quindi ci vuole sempre un po' di tempo e si arriva ed essere giovani internamente anche dai quarant'anni in poi. Penso che non sia una questione nostra, ma una questione generale dell'Italia.

Voi, comunque, siete in tour con questo disco, inciso che ha avuto tutte ottime recensioni ovunque ed un tour che sta andando altrettanto bene. L’opera, poi, è molto importante intanto perché ancora una volta cantante in italiano ed usate dei testi davvero molto belli che potrebbero essere tranquillamente presi per canzone d'autore, quella più alta oltretutto; poi, però, abbinate a tutto questo delle musiche molto facili, addirittura che sembrano troppo orecchiabili, quasi fatte apposta per essere cantate in coro. Come siete riusciti ad aggregare queste due cose?


Mah, guarda: in realtà il percorso è quello che abbiamo sempre fatto, ovvero gestire meglio quello che abbiamo cominciato a fare con “Andate Tutti A Fanculo” che è stato il primo disco in italiano. Semplicemente, far interagire il cantautorato con quello che amiamo, ovvero la musica che ci ha sempre contraddistinto negli anni e nei dischi. Il risultato è una mediazione tra queste due cose. Troviamo sempre molto carino giocare sulle dicotomie, quindi ovunque c'è una melodia felicissima ci sarà sempre un testo molto duro e cattivo. Dove c'è una melodia più triste, di contro ci sarà un pezzo liricamente più leggero. È una regola abbastanza rispettata degli Zen che non so spiegarti da dove arriva. Viene, c'è e basta. Con “Nati Per Subire” siamo arrivati alla fine del discorso che avevamo cominciato su questa finestra Italia che abbiamo aperto nella nostra discografia con l’album prima.

zencircus_int_2012_01Esatto, finestra Italia fin dal titolo della prima canzone “Nel Paese Che Sembra Una Scarpa”. Direi che con quel pezzo avete fatto davvero un'immagine molto realistica di quello che è l'Italia di oggi…

Eh, speriamo di no! Voglio dire: la nostra idea è di giocare molto sulle provocazioni, quindi noi provochiamo con immagini, dando l'immagine di un'Italia cinica, cattiva e volgare e bieca, quella che avevamo già cominciato a rappresentare con il disco precedente. E l'intento nostro è unicamente di provocare. Se noi pensassimo, come in “Andate Tutti A Fanculo”, che l'Italia sia solo quello che noi cantiamo, ti assicuro che non faremmo questo mestiere. In realtà, siamo innamorati del nostro paese e di tutte le realtà che ci permettono e fanno da contorno a questo mestiere che facciamo. Ma la realtà è che provochiamo. Noi diamo un'immagine che è quella che si vede perfettamente da fuori, e che percepiamo soprattutto dalle risposte del pubblico nei nostri concerti, gli ultimi dei quali sono stati, poi, i più belli che abbiamo fatto proprio perché il pubblico ci dà delle risposte. Non siamo noi a darle a loro, ma l’opposto. Tutto lì.

Parliamo, allora, proprio delle risposte del pubblico. Immagino sia una bella sensazione non solo avere tanto pubblico, ma anche un pubblico che canta le canzoni con voi. Questo è anche il merito di aver usato l'italiano?

Assolutamente sì! Questa cosa cominciò con “Figli Di Puttana”, la nostra prima canzone in italiano che appariva in un disco che, in realtà, era multilingua. Mi sembra una cosa giusta: visto che una “Finestra Italia” è stata aperta con “Andate Tutti Affanculo”, non avrebbe avuto senso usare una lingua diversa da quella Madre per un disco che prosegue quel discorso. E questo sicuramente è stato un percorso che ci ha fatti arrivare pian piano dove siamo ora, una strada che abbiamo percorso unicamente perché lo volevamo fare noi, non per arrivare a questo coinvolgimento. Poi, quello che è avvenuto dopo è fantastico, soprattutto un abbassamento dell'età media del pubblico ai concerti, una cosa che ci rende sempre felici perché c'è un'età giusta per qualsiasi cosa, anche appassionarsi ai concerti rock. E noi, ultimamente, notavamo una mancanza di giovine. Comunque, sta andando tutto benissimo, e siamo contenti da matti!




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