Explosions In The Sky: il post-rock per le immagini
I maestri texani delle colonne sonore atmosferiche


Articolo a cura di Marta Scamozzi - Pubblicata in data: 09/10/16

Nell'immenso mondo della musica contemporanea c'è una barriera ben definita che separa l'intricato sottoinsieme delle colonne sonore, infidi strumenti estremamente semplici ma, allo stesso tempo, impossibili da definire. Normalmente, le canzoni vivono di vita propria: la loro identità a volte è banale, a volte non interpretabile, ma una volta sciolti i nodi si riesce a scorgerne l'essenza. L'identità di una colonna sonora è, invece, difficilmente inquadrabile: essa dipende principalmente dalle scelte del regista, dalle interpretazioni degli attori o addirittura dalla qualità degli effetti speciali. Tentare di comprenderne i significati vorrebbe dire addentrarsi nell'ingarbugliato mondo della critica cinematografica, fingendosi esperti di una dimensione in cui persone, musica e storie si amalgamano creando un'unica forma d'arte.

 

Con queste premesse, anche se fosse possibile elaborare un qualche tipo di giudizio critico sulle colonne sonore degli Explosions In The Sky, il buon senso suggerisce di non farlo. Nulla vieta, però, di raccontare la storia che le ha fatte evolvere di pari passo con le pellicole con le quali sono venute in contatto, fino al 2016.


Come già raccontato più nel dettaglio nel nostro primo speciale sulla band, nel 1999 quattro ragazzi texani iniziano a strimpellare tre chitarre accompagnate da una batteria seguendo poche, semplici regole: ritmo, armonia, essenzialità. Il Texas è il paese repubblicano per eccellenza: lo dimostrano la diffusione delle armi da fuoco e le innumerevoli esecuzioni capitali. Nello specifico, il Texas è talmente repubblicano da essere stracolmo di struggenti contraddizioni. In questo contesto, la band accetta di farsi carico della colonna sonora di "Saturday Night Lights", serie televisiva che racconta il lato amaro di una società texana di provincia, facendosi portavoce del perfetto stereotipo statunitense.

 

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Il potenziale di "Saturday Night Lights" è grande; troppo grande per il pubblico del piccolo schermo in cerca di leggerezza. Ad ogni modo, osannata dalla critica, la serie può vantare un certo numero di punti di forza, dati principalmente dalle scelte originali della regia: le telecamere inseguono gli attori che, in questo modo, sono liberi di improvvisare quasi totalmente le battute. L'impressione che se ne ha è quella di avere a che fare con un prodotto amatoriale, concentrato più sui contenuti che sulla forma. Coerentemente con lo stile delle riprese, le musiche sono assenti oppure totalizzanti: senza mezze misure. Nei momenti più drammatici la colonna sonora prende il sopravvento creando un'atmosfera composta da poche semplici note, il cui compito è però molto ambizioso: esprimere allo stesso tempo la speranza dell'infanzia, la rabbia adolescenziale e la disillusione dell'età adulta. I toni oscuri ma speranzosi che le essenziali linee melodiche riescono a creare risultano beffardi, esprimendo appieno il decadimento della finta società perbenista americana in contrasto con lo sfacciato patriottismo.

 
Con "Saturday Night Lights" gli Explosions in The Sky entrano di diritto in quell'élite di musicisti che raccontano storie importanti apprezzate però solamente da un pubblico di nicchia. Si potrebbe dire che il loro è un hipsterismo puro, senza eccessi ma senza compromessi. Il loro nome diventa abbastanza noto da portarli a comporre la colonna sonora di "Prince Avalanche", il remake ambientato in Texas del romanzo islandese "Á Annan Veg", che racconta un casuale viaggio di due quasi-amici. La presenza di Emile Hirsh basta a dare al film quel tono mainstream alternativo che di solito assicura sia un buon pubblico sia critiche magnanime. L'utilizzo delle musiche ricorda molto quello in "Saturday Night Lights": estremamente mirato, totalmente assente oppure improvvisamente prepotente. Lo stile musicale, anche in questo caso, è spoglio e melodico. Ogni nota utilizzata è calibrata e ha il preciso compito di creare una ben definita particella dell'atmosfera surreale che la colonna sonora ha il compito di costruire.

 

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La storia cambia leggermente con le due successive partecipazioni. In particolare, "Lone Survivor" lascia un attimo perplessi. Innanzitutto, mentre nei due precedenti lavori gli Explosions In The Sky si erano fatti testimoni di una società vittima delle circostanze o in fuga da esse, in "Lone Survivor", film ambientato in Afghanistan durante l'ultima guerra, il chiaro messaggio finale è uno solo: "mai abbandonare una battaglia". Anche la musica diventa più discreta e costante, senza presenze ingombranti alternate ad assenze pesanti. Di conseguenza, la band si strappa di dosso l'etichetta di portavoce di una società emarginata, etichetta che le viene ricucita un po' goffamente con la quarta partecipazione in una colonna sonora: quella di "Manghelorn". Il film vede uno straordinario Al Pacino interpretare lo struggente ruolo di un operaio i cui unici hobby sono curare il gatto malato e crogiolarsi nel ricordo di un amore perduto. Detto ciò, anche la musica è estremamente malinconica. Discreta, tranquilla, ma di una tristezza senza possibilità d'appello.

 

Qui si conclude, per ora, la storia del rapporto tra gli Explosions In The Sky e la pellicola; storia che ha assicurato un posto per la band texana nell'olimpo delle colonne sonore atmosferiche.




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