Lamb of God
VII: Sturm und Drang

2015, Nuclear Blast
Groove Metal

Un ritorno tanto atteso e per fortuna convincente
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 08/09/15

Il ritorno dei Lamb of God era uno degli avvenimenti più attesi di questa stagione musicale, non solo per l’ampio consenso e popolarità raggiunte dagli americani, ma per il tormentato (se non drammatico) vissuto in questi ultimi anni. La vicenda è cosa nota: il frontman Randy Blythe è stato arrestato il 27 giugno 2012 a Praga, durante una tappa del tour promozionale di “Resolution”, con l’accusa di aver causato la morte di un fan avvenuta durante un concerto della band tenuto due anni prima (secondo l’accusa per averlo scaraventato giù dal palco) . Senza dilungarci inutilmente sulle fasi giudiziare del caso, sappiate solo che Blythe è stato assolto il 5 marzo 2013, quindi va da sè che il ritorno in pista dei Lamb of God era alquanto atteso da tutti i sostenitori della band.

Visto inoltre l’esborso economico per la cauzione del cantante (circa 370000$) che ha ulteriormente minato il futuro dei nostri, i Lamb of God avrebbero potuto semplicemente pubblicare un live, giusto per rientrare un po’ e riprendere la normale attività, ma fortunatamente la strada scelta è stata quella più rischiosa ma anche la più redditizia sul lungo periodo: un nuovo album. E che album, ci sbilanciamo. Un ritorno in grande stile che ripropone i nostri come tra le formazioni di punta del metal moderno, potente, granitico, che sembra rimediare al precedente inciso.

Se “Resolution” risultava alla lunga troppo statico e diluito, come se i nostri avessero dovuto allungare oltremodo il disco senza le giuste idee, questo “VII: Sturm und Drang” appare della misura giusta per compattezza, ispirazione e varietà. Ovviamente l’alveo nel quale scorrono i Lamb of God non è cambiato di una virgola, battendo sempre forte sul groove e sull’impatto che ha tanto regalato ai nostri, con i tipici elementi sempre in bella mostra. Chitarre ottimamente tenute a bada dal duo Adler/Morton, incisive e mai fini a se stesse, il sempre lodevole batterismo di Chris Adler del quale ormai c’è poco da aggiungere oltre a un’inaspettata prova vocale di Blythe, non solo urlato e corrosivo, spaziando anche su lidi meno estremi se non puliti (vedi l’indovinata “Overlord”).

Poche novità in fin dei conti per chi ha già avuto modo di apprezzare i nostri da anni, ma dopo quanto accaduto, i risultati di questo “VII: Sturm und Drang” sono fin troppo rosei, riuscendo anche a stupire con degli inaspettati episodi lungo la tracklist, come la bella “Embers” su tutti, con l’intervento sofferto/pulito di Chino Moreno (Deftones), improvviso, di rottura e assolutamente determinante ai fini del brano. Certo, per trovare i migliori Lamb of God bisogna tornare indietro con la discografia, ma la versione del 2015 è decisamente convincente e apprezzabile, tanto di cappello dunque a una formazione che ha dimostrato ancora una volta attributi ed enorme passione per quello che fa.



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