Architects
For Those That Wish To Exist

2021, Epitaph Records
Alternative Metal

Al numero 1 della UK Chart, il nuovo album degli Architects è la loro rinascita dal dolore.
Recensione di Giulia Franceschini - Pubblicata in data: 06/03/21

"There is a crack, a crack in everything, that's how the light gets in", cantava Leonard Cohen. La lotta irresoluta tra buio e luce, discese e risalite, dolore e sollievo, la vita di una e la morte dell'altra: l'essenza duplice di tanti aspetti delle nostre vite, delle nostre esperienze. Chi sperimenta l'oscurità, chi è ricoperto di crepe, chi tocca il fondo ma poi risale, si fa irradiare, trova nuova linfa vitale è proprio dal dolore che rinasce.
Se lo struggente "Holy Hell" (2018) è stato l'apice della sofferenza, un album di celebrazione della morte e della vita al tempo stesso, una sorta di necessità terapeutica per elaborare la perdita di Tom Searle, "For Those That Wish To Exist", nono album in studio degli Architects, ne raccoglie i primi nuovi raggi di luce. 
 
 
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Photo Credits: Ed Mason

"For Those That Wish To Exist" è una dedica, e porta con sé un intrinseco senso di positività nell'idea della lotta per l'esistenza, e non per la sopravvivenza. Potrebbe essere questo il senso finale del disco, concretizzato in una denuncia in 15 brani sulla catastrofe ambientale da cui è sconvolto il nostro pianeta ("'cause this world is dying in our arms", "Black Lungs") e di un'estinzione anche morale. Gli Architects oggi si guardano attorno, descrivendo con parole apocalittiche quello che a tutti gli effetti è il risultato di un sistema viziato, metaforizzandone alcuni passaggi che diventano pura fonte di introspezione ("Goodbye, all the doves have flown away/I must have lost myself""Dead Butterflies").
 

Dunque, i temi sono seri, assolutamente tragici e vengono affrontati con senso di consapevolezza, ma non di remissività, con rabbia, ma per esprimerne l'urgenza, e con quel tanto di cinismo che è insito nella "filosofia Architects". Questi chiaroscuri prendono vita nella composizione e nelle direzioni sonore: gli Architects hanno voglia di giocare con pad, synth e orchestrazioni, avvolgendo di sfumature nuove e più brillanti il cuore del loro sound, la durezza dei riff, la cupezza delle progressioni delle chitarre, la pesantezza cadenzata delle ritmiche. Questi elementi sembrano assumere una nuova importanza rispetto al passato, come nell'intro "Do You Dream Of Armageddon?" costruita su un'intreccio da colonna sonora di orchestra ed elettronica, nella chiosa acustico-orchestrale "Dying Is Absolutely Safe", o nei pattern sintetici di "Flight Without Feathers", e così via in tutto il disco.

 

Nonostante la tragicità, "For Those That Wish To Exist" è un album entusiasta: ci immaginiamo una band ispirata che scrive, dei musicisti eccitati lavorare su questi brani che vogliono condividere da subito realizzando ben tre collaborazioni, "Impermanence" con Winston McCall dei Parkway Drive, "Little Wonder" con Mike Kerr dei Royal Blood, e "Goliath", che ospita un Simon Neil dei Biffy Clyro furioso che canta e poi grida a pieni polmoni: "Long live the king that's not listening/No time for rats in the gutter/Snakes coiling, but we're signalling/Screaming at one another/Smoke 'em out and set a fire in the hive/They wouldn't break their stride if we were burning alive/Burning alive" (un inglese e uno scozzese, e non è affatto una gag).

 

Non possiamo sapere se "For Those That Wish To Exist" sia un album di passaggio o un nuovo inizio. È di certo un album ricco, avvincente, un'esperienza di cui sicuramente gli Architects avevano bisogno. E noi ne godiamo.





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