Tribulation (Johannes Andersson)
Vampiri, morte, Cristianesimo: i Tribulation, in "Down Below", uscito il 26 gennaio per Century Media, toccano con eleganza tematiche che affondano le radici nel patrimonio culturale europeo: Johannes Andersson, voce e basso della band svedese, ci rivela i dettagli della release, affrontando con ironia e sincerità gli argomenti principali che caratterizzano l'album.  L'evoluzione del sound, il fascino gotico della decadenza, l'influenza della religione e della cinematografia horror sulle liriche sono soltanto alcuni dei punti evidenziati nella chiacchierata col singer scandinavo, che non ha nascosto la passione per l'aristocratico Nosferatu...
Articolo a cura di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 01/02/18

Ciao Johannes e benvenuto su SpazioRock. Abbiamo avuto il piacere di ammirare i Tribulation esibirsi sul palco dell'Alcatraz a Milano in apertura agli Arch Enemy. Quali impressioni hai ricavato dalla serata? E soprattutto sei rimasto soddisfatto circa le tue aspettative sul pubblico italiano?

 

Sì, direi che questa volta è stato davvero un buon concerto. Sai, il tour ha visto la presenza di un pubblico abbastanza numeroso e le cose fortunatamente vanno sempre alla grande. E l'Alcatraz di Milano oltretutto è un bel locale. Mi piace. A pensarci bene credo che lo spettacolo sia stato veramente eccellente, in realtà uno dei migliori finora; e poi i fan italiani hanno risposto alla grande.

 

Ascoltando il nuovo album "Down Below" e confrontandolo con quelli precedenti risulta difficile limitarlo a un unico genere musicale. Cosa puoi dirci riguardo l'evoluzione del vostro sound?

 

Beh, stiamo effettivamente sviluppando il sound disco dopo disco. Il primo, "The Horror" (2009) è stato brutale e molto veloce, mentre "The Formulas Of Death" (2013) aveva un taglio maggiormente epico; penso che la nostra giusta dimensione sia stata raggiunta su "The Children Of The Night" (2015) e "Down Below" continua sulla falsariga del precedente. Ma allo stesso tempo abbiamo maturato alcuni interessi diversi, come la passione per i vecchi film horror italiani, soprattutto quelli di Dario Argento con le musiche di Claudio Simonetti. Quindi credo che il nuovo album sia un grande passo verso tematiche legate alla cinematografia del terrore, se sai cosa intendo.

 

Ho letto che avete utilizzato una particolare suddivisione del lavoro durante la fase di songwriting. Vorresti illustrare ai nostri lettori le tappe del processo creativo in studio?

 

Si certo. In realtà abbiamo scritto quasi tutta la musica insieme. Jonathan (Hultén, ndr.) aveva alcune canzoni quasi finite che erano effettivamente buone e ci siamo detti "Ah! Questi brani sono adatti per essere inclusi nell'album". E con Adam (Zaars, ndr.) abbiamo lavorato congiuntamente al fine di perfezionare le sue composizioni e ottenere gli arrangiamenti giusti. Possiamo dire che è stato un modo inedito di creare rispetto al passato perché di solito presentavamo ogni pezzo in sala prove e operavamo dei piccoli cambiamenti. Questa volta abbiamo provveduto in anticipo: eravamo davvero seduti nello scantinato di Oscar (Leander, ndr.), intendo prorpio nel seminterrato del nuovo batterista, indaffarati a completare tutti i riff e a trasformarli in canzoni. È così che sono funzionate le cose su "Down Below".

 

La cover presenta la sagoma grottesca di una chiesa, la città di Stoccolma e un cielo rosso acceso. Quale significato si cela dietro l'artwork?

 

Jonathan ha creato l'artwork, mentre Adam si è occupato del layout dell'intero album. Poi è vero ciò che hai detto: si tratta dello skyline di Stoccolma quello che si può vedere, mentre la prima immagine che avevamo nella nostra mente da affiancare alla città era un gargoyle, anzi un grande gargoyle di pietra. Ma ha assunto le fattezze di un essere più vivo: una creatura minacciosa, un guardiano che scruta la silhouette della nostra capitale con occhi scintillanti.

 

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A mio parere, il contrasto luminoso dei colori ben rappresenta il mood generale dell'album. Volevate esprimere una sorta di conflitto? Se sì, di cosa si tratta?

 

I colori sono nati spontaneamente: non c'è dietro un significato politico o altro. All'inizio della scrittura di un album sentiamo delle vibrazioni che poi si tramutano in un determinato artwork: nel caso del sound di "Down Below" nella mia mente si affacciavano sensazioni a tinta blu, anzi direi più che altro immaginavo una luce bluastra. Tuttavia man mano che le canzoni venivano sviluppate e registrate in studio divenne chiaro che si trattava di un disco in cui il rosso e il nero sarebbero stati i toni dominanti: sono i brani a evocare tale contrasto.

 

Vi prendete molta cura dei testi: nella canzone "The Lament", piangete "la morte della Sapienza", offrendo infinite possibilità di interpretazione attraverso un solo verso. Mi sembra un brano piuttosto significativo nell'economia dell'album...

 

Non a caso l'abbiamo scelta per il video perché sentiamo che "The Lament" rappresenta perfettamente l'intero album. Possiede quasi tutto ciò che si trova nel resto del disco: il pianoforte, le atmosfere da horror italiano, un ritmo cadenzato, le voci sussurrate. Credo che il pubblico abbia ascoltato e compreso ciò che volevamo trasmettere e suppongo sia stata una buona scelta editare questa traccia come singolo.

 

In alcune delle piste vi riferite al Cristianesimo e, in "Lacrimosa", appaiono evidente le allusioni alla Mater Dolorosa. Quanto conta la religione nelle vostre liriche e nella tua vita?

 

A essere onesti personalmente non mi interessa molto. Ma è sempre una buona cosa comporre canzoni e scoprire che c'è un lato oscuro anche per il Cristianesimo. Adam, l'autore di "Lacrimosa", è un appassionato di storia delle religioni; sicuramente non lo considererei un credente, ma sono d'accordo sul fatto che scrivere testi e titoli di brani in cui sono presenti temi afferenti al cattolicesimo di certo non fa male, perché il pubblico sa comunque che non siamo devoti a qualche culto. Vogliamo solo spiegare determinati concetti, poi tocca all'ascoltatore ovviamente decidere se siamo osservanti o meno (ride, ndr.).

 

L'intermezzo strumentale "Purgatorio" e la fluviale "Here Be Dragons" hanno molti punti di contatto, in primo luogo nel creare un clima di romanticismo gotico. I Tribulation non disdegnano a questo proposito un makeup particolare...

 

"Here Be Dragons" è il nostro modo romantico di vedere il vampiro. Sì, quello classico, freddo, aristocratico, non certo il tipo coi denti aguzzi che abita a Hollywood: il trucco dei Tribulation omaggia il vero Nosferatu. Per quanto concerne "Purgatorio", beh, di solito nei dischi inseriamo sempre una traccia strumentale, una sorta di pausa non propriamente distensiva. Infatti nel caso in questione abbiamo ricevuto l'aiuto di una grande artista svedese, Anna Von Hausswolff, il cui contributo ha reso ancora più inquietante il brano.

 

Sembra che cerchiate la bellezza nell'oscurità e nel soprannaturale...quali sono le vostre principali fonti di ispirazione?

 

Ad eccezione dei vecchi classici del cinema horror, penso che l'esistenza sia in generale la nostra maggiore fonte di ispirazione. Più precisamente ci interessa la bellezza della morte, aspetto a cui le persone non prestano attenzione. Rappresenta ancora un tabù in questa società, ma in realtà è qualcosa di affascinante. La gente sembra avere così tanta paura da non riuscire neanche a parlarne e suppongo che nei brani abbiamo cercato di cogliere quell'emozione che divampa quando qualcuno che ci è vicino o qualcuno che conosci muore: poi la lotta interiore, l'elaborazione del lutto e si ricomincia. È il ciclo della vita e della morte.

 

Spesso si odono sullo sfondo campane diaboliche, pianoforti inquietanti e litanie dal respiro occulto: pare quasi di essere immersi in un'atmosfera cinematica. Pensi che la vostra musica potrebbe funzionare come colonna sonora di un film?

 

Speriamo! Questo è uno dei nostri sogni. Voglio dire, realizzare musica da film è sempre stato almeno il mio sogno: soltanto rumore ambientale. Questo è il mio obiettivo. E penso sia quello che stiamo già facendo: la differenza è che siamo una band, quindi utilizziamo dei testi, un aspetto che le vere soundtrack non hanno. Ma sì, sicuramente mi piacerebbe lavorare alle colonne sonore: immagino però quando il regista giusto si avvicinerà a noi (ride, ndr.).

 

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Ci sono molte influenze sul disco, dal prog venato di depressive dei Katatonia  al doom degli Anathema...per non parlare dell'oscurità del dark movement degli anni '80. Come siete riusciti a mescolare tutto in un progetto così coerente?

 

Parlando di altre formazioni intorno a noi non saprei proprio a chi possiamo essere accostati; invece siamo molto attratti dai gruppi che hai citato, non soltanto per il loro fascino decadente, ma anche perché erano dotati di uno stile che non seguiva un percorso regolare. Puoi trarre ispirazione da tutto oggigiorno: in giro c'è un sacco di metal alla Type O Negative e band che si ispirano ancora agli Iron Maiden e ai Kiss. Noi siamo open mind: voglio dire, ci piacciono i Beatles  come alla maggior parte delle persone e spesso sembra che sia la musica ad arrivare a noi e non il contrario. È molto difficile da spiegare. Poi c'è da dire che attualmente non ascolto più tanto metal, o comunque meno rispetto a quando ero ragazzino; tuttavia cerco in ogni caso di stare al passo con la scena. Ultimamente ho ascoltato l'ultimo album degli Oz, "Transition State" (2017), che ritengo sia davvero valido, poi non so sinceramente; non ho visto molta musica buona nel 2017, ma sono sicuro che nel 2018 ci saranno delle ottime release.

 

Girerete l'Europa fino a febbraio. Ci sarà un tour mondiale a supporto dell'album?

 

Certamente. Abbiamo appena annunciato un secondo tour europeo con la band finlandese degli Insomnium: a differenza del primo giro, concentrato nelle grandi città occidentali, questa volta toccheremo in particolar modo l'Europa orientale, ovvero Grecia, Romania, Repubblica Ceca, per citare soltanto alcuni dei paesi coperti dai nostri show. E poi si spera di tornare in patria.

 

Pensi che la ricezione della vostra musica sia diversa negli Stati Uniti rispetto al vecchio continente?

 

No, non c'è grossa differenza: l'errore più grande che si può fare è rimanere imprigionati in uno stesso genere. In quel caso sia l'Europa che gli USA si stancherebbero di ascoltare la solita musica. Noi cerchiamo sempre di variare pur restando in un determinato ambito e questo il pubblico lo apprezza.

 

Prima di salutarci, potresti lasciare un messaggio ai tuoi fan italiani e ai nostri lettori...

 

Sì, certo. Venite in massa ai concerti che terremo in primavera: Bari, Bologna, Milano state all'erta! E non dimenticate di ascoltare "Down Below". Ciao e grazie!




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