L'album si apre con una chitarra elettrica campionata, seguita da una batteria elettronica, che costruiscono un crescendo che sfocia nella direttissima titletrack "Skills in Pills", una vera e propria ode al consumo ed abuso di droghe e medicinali. Se ancora le intenzioni dell'album di shockare e divertire non fossero chiare, il disco continua con le dissacranti "Ladyboy" e "Fat", in cui Till ci dichiara il suo amore per le ragazze "dotate" e quelle un po' più in carne.
Da questo punto in poi, l'oscenità ed il grottesco vengono apertamente sdoganati, lyrics iperboliche ed arrangiamenti che fanno di ogni canzone un potenziale singolo, rendono il tutto molto facilmente assimilabile ("Golden Shower" e "Praise Abort" sono i migliori esempi).
Musicalmente, tutto l'album è permeato da synth e parti sinfoniche che strizzano l'occhio alle creazioni dei Rammstein più recenti, che accostate al timbro vocale di Till, fanno fatica a trovare una propria identità, facendo perdere originalità e freschezza all'intero lavoro. Una menzione speciale va a "That's My Heart", presente solo nella "Special Edition", che stona positivamente rispetto al resto delle tematiche trattate, riuscendo a regalare un brevissimo momento di introspezione e malinconia, con parole che risultano stranamente sentite e sorrette da un comparto musicale dai toni decisamente più morbidi.
"Least but not last", il caro vecchio Till canta in una lingua a lui quasi sconosciuta: tutti i testi dell'album sono scritti (da lui) e cantati in inglese, un inglese molto semplice ed a tratti con una pronuncia comica, che però va a braccetto con la spensieratezza e la leggerezza compositiva del resto dell'album.
In definitiva, questo "Skills in Pills", è un album che dà il suo meglio se ascoltato come sottofondo, che sia mentre vi godete un viaggio in macchina, o ad una festa mentre siete preda dei fumi dell'alcol. Vi ritroverete molto presto a canticchiare motivetti e parti di canzoni, dimenticandoli purtroppo altrettanto facilmente.