Pensiamo di non fare un torto a nessuno a inserire i Venom fra le band più influenti di sempre in ambito hard n'heavy. Nati poco prima che il movimento della New Wave Of British Heavy Metal deflagrasse in tutta la sua irruenza, ma pure troppo giovani per far parte della scuola di inizio anni ‘70, il trio di Newcastle si ritrovò in mezzo a due grandi filoni nell’ingrato ruolo di figli di nessuno, un combo rinnegato alla stregua dei connazionali Motorhead con cui non a caso Cronos e soci condivideranno molto anche in termini di stile: un approccio essenziale, una proposta musicale primitiva e ispirata a un rock n’roll primordiale, uno spirito goliardico e scanzonato, tutti elementi che si riveleranno determinanti per la fortuna di entrambe le bands; dopo di loro il metal non è stato più lo stesso e un numero indefinito di musicsti attingerà a piene mani dai loro dischi, in particolare nel filone estremo.
Bello dunque avere un posto garantito nella storia, fosse anche per un solo disco, quel “Welcome To Hell" unanimemente ritenuto pietra miliare del metal di ogni epoca; ma i tempi cambiano e trovare una ragione per esistere come band, con gli anni che trascorrono inesorabili senza eventi degni di nota e la concorrenza che non accenna a mollare la presa, diventa impresa ardua per chi da sempre si mantiene a debita distanza da qualsiasi evoluzione stilistica. L'ultimo arrivato in casa Venom si intitola "From The Very Depths", o dal fondo del barile se preferite: non è difficile poter immaginare da soli i contenuti, un disco dei Venom nel 2015 suona come (quasi) tutti quelli che lo hanno preceduto, se non che pezzi come la title track, “Evil Law”, “Rise” suonano ancora più cupi e addirittura sgradevoli in rapporto alla presunta esperienza accumulata in quasi quarant’anni di attività. Un pezzo come “The Death Of Rock n’Roll” sarebbe da considerare alla stregua di una sconfortante caciara di liceali, qualcosa per cui un ultracinquantenne dovrebbe provare imbarazzo se non fosse per il senso della canzone che trapela già del titolo; “Smoke” invece è il primo esempio in ordine di apparizione ad associare riff interessanti e un incedere solenne, formula ripetuta a più riprese che serve giusto ad allungare un po’ una minestra che invece, nel caso delle solite cavalcate fuori tempo tanto care alla band, risulta davvero insipida.
Cogliere qualche sfumatura che possa catturare l’attenzione del pubblico verso una band come i Venom è impresa ardua, l’impressione è che la band trovi il senso della sua esistenza quasi esclusivamente nelle rituali comparsate delle passerelle festivaliere, tutto il resto appartiene a un “di più” artistico non richiesto da alcuno. Meglio non farsi troppe domande, questi sono i Venom e forse va bene così, dopotutto divertirsi cantando a squarciagola, con una birra in mano e tanta irriverenza in fondo non ha mai fatto male a nessuno.
Bello dunque avere un posto garantito nella storia, fosse anche per un solo disco, quel “Welcome To Hell" unanimemente ritenuto pietra miliare del metal di ogni epoca; ma i tempi cambiano e trovare una ragione per esistere come band, con gli anni che trascorrono inesorabili senza eventi degni di nota e la concorrenza che non accenna a mollare la presa, diventa impresa ardua per chi da sempre si mantiene a debita distanza da qualsiasi evoluzione stilistica. L'ultimo arrivato in casa Venom si intitola "From The Very Depths", o dal fondo del barile se preferite: non è difficile poter immaginare da soli i contenuti, un disco dei Venom nel 2015 suona come (quasi) tutti quelli che lo hanno preceduto, se non che pezzi come la title track, “Evil Law”, “Rise” suonano ancora più cupi e addirittura sgradevoli in rapporto alla presunta esperienza accumulata in quasi quarant’anni di attività. Un pezzo come “The Death Of Rock n’Roll” sarebbe da considerare alla stregua di una sconfortante caciara di liceali, qualcosa per cui un ultracinquantenne dovrebbe provare imbarazzo se non fosse per il senso della canzone che trapela già del titolo; “Smoke” invece è il primo esempio in ordine di apparizione ad associare riff interessanti e un incedere solenne, formula ripetuta a più riprese che serve giusto ad allungare un po’ una minestra che invece, nel caso delle solite cavalcate fuori tempo tanto care alla band, risulta davvero insipida.
Cogliere qualche sfumatura che possa catturare l’attenzione del pubblico verso una band come i Venom è impresa ardua, l’impressione è che la band trovi il senso della sua esistenza quasi esclusivamente nelle rituali comparsate delle passerelle festivaliere, tutto il resto appartiene a un “di più” artistico non richiesto da alcuno. Meglio non farsi troppe domande, questi sono i Venom e forse va bene così, dopotutto divertirsi cantando a squarciagola, con una birra in mano e tanta irriverenza in fondo non ha mai fatto male a nessuno.