Se a recensire questo disco ci fosse il Primo Ministro, additerebbe gli U.F.O. come uno di quei gruppi da rottamare. Un nome storico quello della band britannica che da una dozzina d’anni, in concomitanza con l’ingresso in formazione del chitarrista Vinnie Moore, sembra aver trovato un equilibrio e un’armonia che hanno prodotto una sequenza di dischi godibilissimi.
A dispetto di una carriera lunga ormai mezzo secolo e vissuta per buona parte come outsider, Phil Mogg e soci non hanno alcuna intenzione di appendere gli strumenti al chiodo e ce lo confermano con la pubblicazione di “Conspiracy Of Stars”. Il capitolo numero ventidue della loro discografia non ha nulla da invidiare né da smentire rispetto ai suoi predecessori. Con una line up pressochè stabile e uno stile riconoscibile fra mille, gli U.F.O. lasciano intendere di avere ancora voglia di dire la loro a colpi di hard blues.
A dire la verità qualche elemento di novità rispetto al recente passato c’è eccome: la band torna a registrare in patria dopo oltre vent’anni, e se lo storico bassista Pete Way sembra aver definitivamente deciso di chiudere con la musica per i noti problemi di salute, va registrato l’ingresso in formazione del sostituto Rob De Luca, che va ad affiancare lo zoccolo duro di Phil Mogg, Paul Raymond e Andy Parker, oltre a già citato Vinnie Moore. Desta sorpresa infine la presenza in console nientemeno di Chris Tsangarides, colui che ha messo la firma su dischi come “Painkiller”, "Fireworks" e “Facing The Animal”, un nome una garanzia la cui mano si vede eccome.
I riff tritaossa di “The Killing Kind” e “The Real Deal”, il sapore retrò di “Ballad Of the Left Hand Gun” e della sorprendente “Precious Cargo” sono i momenti salienti di un disco che come “The Monkey Puzzle”, “The Visitor” e soprattutto “You Are Here” regala undici tracce di sano hard rock senza fronzoli, caldo e rassicurante come solo una band con quasi mezzo secolo di carriera sa essere. Una band tutt'altro che da rottamare, piuttosto, come disse qualcuno, un usato sicuro.