Pink Floyd
Animals

1977, Harvest Records
Prog Rock

Recensione di Federico Botti - Pubblicata in data: 24/09/10

Animals” fu pubblicato dai Pink Floyd nel 1977, seguendo a ruota due “mostri” commerciali della band quali “The Dark Side Of The Moon” e “Wish You Were Here”, ma non ne bissò il successo  per una serie di motivi, di cui il più importante fu senza dubbio il cambio repentino della scena musicale. Si deve a quegli anni infatti la nascita del fenomeno Punk, a dire il vero più mediatico che musicale, il quale spopolava animato dal desiderio di scacciare dalle scene i vecchi gruppi “pop” che non incarnavano più lo spirito dei tempi. Tra questi gruppi ovviamente i Pink Floyd erano quelli più odiati, se non altro per le loro melodie così elaborate e profonde che contraddicevano la “filosofia” punk, basata su un ritorno ai semplici accordi originali della musica suonati a ritmi intensi.

Anche all’interno del gruppo comunque le cose non andavano affatto bene, con Roger Waters che ormai era divenuto il leader indiscusso della band, seppur contro il volere degli altri tre membri (Gilmour, Mason e Wright). In quest’album la sua personalità emerge come mai prima d’ora, così come le sue tendenze accentratrici e monopoliste: non a caso, oltre ad aver scritto tutti i testi (non era comunque la prima volta) decise anche di cantarli, relegando Gilmour soltanto al suo strumento.
“Animals” è un album estremamente complesso, carico di rabbia, cinismo e politica, nel quale il bassista elabora uno spietato ritratto della società, traendo notevole spunto dalla “Fattoria Degli Animali” di Orwell. Il disco è composto da cinque canzoni (o, per meglio dire, quattro, dato che una è stata divisa per aprire e chiudere tutta l’opera), le quali sono incentrate su tre animali diversi. Ognuno di questi è, per Roger, la metafora di una classe di uomini: i maiali, ossia tutti i potenti, manipolatori delle masse e presunti portatori di verità; i cani, cioè gli arrampicatori sociali, violenti e senza scrupoli; le pecore, le quali rappresentano il popolo servile, stupido e senza capacità di raziocinio.
Ad ognuno degli animali citati in “Animals” è dedicata una canzone, con l’uso di liriche molto forti e dirette, ma solo ad uno di essi, nella fattispecie il maiale, è dedicata la copertina del disco. Anche questa nasce, ovviamente, da un’idea del bassista, il quale cercò nei dintorni di Londra un luogo che ricordasse le atmosfere del testo orwelliano, e lo trovò nella centrale elettrica di Battersea, uno spettrale (oggi più che mai, dato che è in disuso) stabilimento con quattro alte ciminiere. In questo scenario industriale Roger decise di far muovere un enorme maiale rosa gonfiabile, lungo nove metri ed alto sei, Il team grafico della Hipgnosis (guidato da Storm Thorgerson e fedele partner dei Floyd in quasi tutti i loro album) si mise al lavoro, e dopo una serie di peripezie riuscì finalmente a dare alla luce alla copertina del disco. Questa, raffigurante il maiale rosa (chiamato dalla troupe “Algie”) che svolazza placidamente sopra la centrale, rimanda neanche troppo velatamente, a “Pigs On The Wing”. Traducibile con  “maiali in volo”, la canzone contiene un verso nel quale il bassista descrive (riferendosi indirettamente alla sua fidanzata) come sarebbe stata la sua vita senza incontrarla. Senza questa donna il bassista non avrebbe scoperto la felicità, e se ne sarebbe stato per sempre a fissare il nulla (“And watching for pigs on the wing”).
 
Questa considerazione ci porta direttamente all'analisi di “Animals” da punto di vista musicale: siamo di fronte al disco più cupo, pesante e a tratti drammatico sinora prodotto dalla band. Queste caratteristiche derivano essenzialmente dalla decisa presa di posizione di Waters all'interno dei Floyd, unita anche al già citato periodo storico/sociale nel quale l'album è stato prodotto (in piena esplosione Punk e in un momento di forte crisi per l'Inghilterra).
L'attacco affidato alla prima parte di “Pigs On The Wing” non deve trarre in inganno: questa tranquilla e bucolica ballata acustica serve a preparare tematicamente l'ascoltatore e a introdurre l'argomento centrale di tutto il concept, che verrà sviscerato nelle tre lunghe tracce successive.
“Dogs”, “Pigs (Three Different Ones)” e “Sheep” presentano un suono duro, crudo, talvolta apocalittico: difficilmente si era sentito cose simili scaturire dai Nostri, e guarda caso queste caratteristiche si ripeteranno, in maniera più o meno costante, anche in “The Wall” e in “The Final Cut” (due opere più watersiane che pinkfloydiane).
Tre sono gli elementi che balzano immediatamente all'orecchio ascoltando questi brani: l'importanza vitale delle liriche nello svolgimento di ogni pezzo; la caratura qualitativa della chitarra di Gilmour, che qui raggiunge picchi elevatissimi di creatività; l'inserimento dell'elettronica da parte di Wright, presente sia con le consuete tastiere che con tutta una serie di suoni d'atmosfera (latrato di cani, grugnito di maiali, belare di pecore ecc).

“Animals” è il trionfo dell' “ars declamatoria” watersiana. Il bassista (come anticipato voce principale in ogni canzone) sviluppa qui il suo personalissimo modo di cantare, fatto da testi più recitati che cantati, polemici e aspri, che solo apparentemente possono farlo apparire cantante tutto sommato non eccelso, ma che fanno leva su ben altri valori. Al suo fianco Gilmour crea fraseggi chitarristici che hanno dell'incredibile, riempiendo con assoli mai fini a se stessi le parti in cui non è presente il testo: in questo disco infatti il chitarrista porta avanti e anzi arriva all'apice di quella maturazione stilistica che già aveva iniziato a toccare con “Wish You Were Here”, confermandosi uno dei migliori musicisti sulla piazza. C'è poi come detto il gran lavoro di Wright, impegnato con Gilmour a riempire i tanti momenti strumentali presenti in ogni pezzo. Il tastierista svolge il suo compito in maniera egregia, partorendo atmosfere di grande impatto che si sposano in maniera ideale con il mood generale dell'album.
Impossibile individuare una traccia piuttosto di un'altra: “Dogs”, “Pigs (Three Different Ones)” e “Sheep” sono tre canzoni di grandissima classe, caratterizzate da continui cambi di atmosfera e tensione, e soprattutto da testi fenomenali, nei quali confluiscono la creatività e la gran maestria di Waters nello scrivere liriche forse monotematiche (di fatto non è mai andato molto oltre la polemica sociale e i ricordi del padre), ma non per questo prive di appeal.

Questo disco rappresenta, assieme ai precedenti “The Dark Side Of The Moon” e “Wish You Were Here”, una triade di svolta per la vita dei Pink Floyd. Sono i tre album che hanno permesso loro di fare il salto di qualità, di maturare velocemente, di raggiungere di colpo la vetta per poi, purtroppo, iniziare a precipitare e incenerirsi. “Animals” nella fattispecie è quasi un colpo di stato per l'equilibrio della band: il regime quasi dittatoriale instaurato da Roger Waters è sicuramente forte elemento destabilizzatore per i già fragili equilibri della band, e sebbene porti a lavori di enorme fascino e spessore rappresenterà di fatto anche la fine dei Pink Floyd in formazione a quattro elementi (Waters, Gilmour, Mason, Wright).




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