Placebo - 2013 World Tour
23/11/13 - Unipol Arena, Bologna


Articolo a cura di Francesco De Sandre
Che bello questo suono. Ma sarà proprio vero? È l'unione di tante entità. È la fusione di sentimenti inafferrabili. È la somma della tecnica, dell'astuzia, della distorsione che necessariamente diventa lesione del suono stesso, districandolo in forme accoglienti, veicoli della mente. Lupi che cacciano, uccelli migratori. Steve Forrest ingabbiato tra pelli e tamburi che a poco a poco evade, migrando a sua volta nelle migliaia di casse toraciche che vibrano, guardandolo, sentendolo. Davanti a lui Brian, dolce sbruffone, compiaciuto della sua opera ed attento costruttore, minuzioso artista. O forse, solo, maturo. E poi Stefan Olsdal in azione, una statua umana, la sintesi perfetta in un continuo amalgamare di generi. Se la formula della vittoria è creare un nuovo genere dalle ceneri di altri, allora i Placebo hanno proprio vinto. Ma non ieri sera, già lo scorso decennio. Certi dubbi, legati prevalentemente alla strumentazione adottata, emergono sinceri, collegandosi insieme alla macchina degli effetti. Cos'è successo realmente ieri sera, alla fine di tutto? Pare proprio la realizzazione di un gigantesto effetto.

 

L'effetto Placebo.

 

"Rob the bank of England and America
Rob the bank of the entire Euro Zone
Rob th
e bank of Mexico and Canada
Rob the bank
then take me home"

 

placebo_livereport_2013_steveforrestIl ritorno dei Placebo in Italia era attesissimo, e l'apparizione in una unica data nel Bel Paese lascia non poco rammarico, specia a fronte del ben più ingente numero di concerti fissati, ad esempio, in Germania. Passi l'abbondanza di date britanniche, ma si spera che dopo il riscontro di ieri sera, Molko e compagni si siano resi conto di quanto affetto gli italiani siano capaci: tribune esaurite e parterre al limite del sold out. Unipol Arena sbancata: seppur con qualche punto negativo a sfavore - sia sotto l'aspetto logistico che sotto quello acustico, specia per chi assiste dalle gradinate - il palasport si conferma ancora location ottimale per il numero di spettatori accolti. La serata è aperta dai TOY, un giocattolino micidiale di psichedelia riverberante. È anche grazie a loro che il giorno dei Placebo verrà ricordato con eccellenti feedback: la band di Tom Dougall, Dominic O'Dair, Maxim Barron, Charlie Salvidge ed Alejandra Diaz crea un impatto da vertigini, presentando le nuove canzoni da "Join The Dots" e quelle dello scorso anno dal disco self titled. Merito a palate per questi giovani coraggiosi e silenziosi che, una volta allacciati gli strumenti, ingaggiano una lotta contro il tempo e, grazie all'intelligenza e allo studio di "Panda" Barron al basso e del chitarrista Dominic, permettono al parterre dell'arena di prepararsi al meglio.

 

Puntuali come la morte dei sensi, alle 21 Steve, bacchette e tatuaggi fanno il loro ingresso on stage. Il biondo dagli occhi di ghiaccio è seguito da Stefan e da Brian, che spezza l'ovazione con l'intro di "B3". Parte il viaggio, da subito si capisce quanto in forma sia capitan Molko che come al solito non inneggia le folle alla partecipazione, concentrandosi esclusivamente sulle parti vocali del proprio repertorio. Setlist praticamente identica per tutte le tappe del tour europeo, obbligatoriamente influenzata dalla promozione dell'ultimo album "Loud Like Love". Ed è dopo la title track che Brian saluta il pubblico in perfetto italiano: "Grazie e buonasera!", per poi ripiegarsi sulla sua pedaliera abbondantemente attrezzata. Stefan si alterna al basso e alla chitarra, cambiando arma ad ogni brano. Poi si accomoda alla tastiera per "Too Many Friends", la hit dell'estate, e qui già dall'intro si distingue uno strumento che poco prima si era a malapena avvertito: è il violino della graziosa strumentista alla destra di Steve, che successivamente si accomoderà alle tastiere.

 

placebo5_600.Impeccabili le performance di brani storici e del recente passato, nel tentativo ben riuscito di accontentare tutti i presenti. L'impianto luci, abbastanza essenziale, è coordinato al maxischermo retropalco, che mostra slide mutanti, alternate a scene live ritoccate e ricolorate. Ogni tanto un telo semitrasparente scende dall'alto e si colloca tra band e pubblico, proiettando ombre ben distinte in modo semplice. Ci si risveglia brutalmente dal torpore di "A Million Little Pieces" e "Speak In Tongues" con il ritornello di "Rob The Bank" e poi con la violenta "Space Monkey". Da qui è come se cominciasse un concerto nel concerto, con la mitragliata micidiale di "Song to Say Goodbye", "Special K" e "The Bitter End" che fa saltare tutto il parterre e riporta alla mente i Placebo meno romantici e più impulsivi, la reincarnazione del Punk in un barattolo esplosivo di elettronica. Con un encore di esclusiva qualità si chiudono le quasi due ore di esibizione, nella quale anche le basi, di cui i Placebo evidentemente hanno bisogno, hanno avuto il loro ruolo sonoro decisivo. Brian lascia l'abbraccio dei fans agli atteggiamenti scherzosi dei colleghi mentre, dal canto suo, sorride ubriacandosi di grida ed applausi.

 

Ottima band da disco, i Placebo, notevolmente ridimensionati e ricanonizzati dopo "Battle For The Sun", si confermano ottimi live performer, richiamando adepti da tutta la nazione, in uno show senza colpi di scena, più freddo di quanto ci si aspettava, ma perfettamente in linea con la nuova caratura di Molko e soci.

 

"Believe, believe
That we are loud like

 

Love on an atom, love on a cloud
To see the birth of all that isn't now
"

 

Scaletta:

 

B3
For What It's Worth
Loud Like Love
Twenty Years
Every You Every Me
Too Many Friends
Scene of the Crime
A Million Little Pieces
Speak In Tongues
Rob the Bank
Purify
Space Monkey
Blind
Exit Wounds
Meds
Song to Say Goodbye
Special K
The Bitter End

 

Teenage Angst
Running Up That Hill
Post Blue
Infra-red




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