A tre anni di distanza dall'ultima volta in cui Slash ha calcato un palco italiano, la rock star, ex chitarrista storico dei Guns n' Roses, torna a farci visita e questa volta non lo fa con i suoi Velvet Revolver, ma da solista sulla scia del suo omonimo album di debutto. La meta scelta per l'unica data prevista nel nostro Paese è Milano e la gente accorre da ogni angolo dello “stivale”. Il ritrovo per l'appuntamento è fissato al Palasharp, dopo che la grande richiesta di biglietti aveva costretto a spostare qui la location, prevista originariamente per il meno capiente Palalido.
Una volta messo piede dentro il palazzetto, è immediatamente chiaro che l'atmosfera sarà rovente e non mi riferisco solo alla temperatura: la folla è trepidante e attende quasi con ansia l'inizio del concerto. Il Palasharp offre un buonissimo colpo d'occhio e si respira l'aria delle grandi occasioni. Non verremo smentiti, ma andiamo con ordine. Il calore (eufemismo) del pubblico si fa sentire per tutte le due ore che precedono lo show ed esplode completamente alle 21.00 in punto, quando le luci si spengono e il chitarrista fa il suo ingresso con la band al seguito. Da subito la presa sui fan è notevole e il loro entusiasmo diventa delirante quando dal palco si levano le prime note di “Nightrain”, uno dei cinque pezzi dei Guns n' Roses che verranno suonati durante la serata.
Non mancano i brani estratti dal fresco album solista d'esordio del musicista, che dal vivo guadagnano un'infinità di punti: “Ghost”, “Back From Cali”, “By The Sword”, “Nothing To Say” e “Starlight” fanno decisamente un altro effetto in sede live, coinvolgendo e divertendo. Naturalmente Slash pesca anche dagli altri gruppi che lo hanno acompagnato nella sua carriera e nella fattispecie esegue canzoni degli Slash's Snakepit (ottima “Beggars & Hangers-On”) e dei recenti Velvet Revolver. Su tutte spiccano la magnifica “Fall To Pieces” e la travolgente “Slither”, i due maggiori successi della band. C'è da dire anche che la formazione con la quale il chitarrista condivide la scena è di primissimo livello e al microfono vi è un autentico cavallo di razza: Myles Kennedy è senza ombra di dubbio uno dei migliori cantanti in circolazione e oltre alla voce eccezionale, vanta una capacità di “tenere il palco” incredibile. Tornando al concerto, i momenti topici e vissuti con maggiore enfasi dai presenti sono ovviamente i pezzi dei Guns: “Civil War” e l'inaspettata “Rocket Queen” mandano in visibilio il pubblico, che si accalca nel parterre in maniera selvaggia. Se vi state chiedendo come mai sto sottolineando così il calore della folla, vi do subito la risposta: più e più volte gli uomini della security hanno dovuto chiedere alla folla di arretrare qualche passo per l'incolumità delle persone immediatamente a ridosso dello stage e, visto che la situazione non migliorava, è dovuto intervenire un paio di volte anche Kennedy, facendo l'appello con il microfono. Ma se credete che sia finita qui, vi sbagliate di grosso.
Dopo l'assolo di chitarra e il famosissimo tema del “Padrino”, dai polpastrelli di Slash si liberano nell'aria le note dell'intro di “Sweet Child O' Mine” e la celeberrima hit prosegue finchè, nel bel mezzo del solo, succede l'incredibile: un esagitato sfugge al controllo della security e dal lato del palco si mette a correre verso il chitarrista. Subito parte alle sue spalle un uomo della sicurezza e con un placcaggio rugbystico lo aggancia. I due finiscono giù dallo stage e viene travolto anche Slash che cade in avanti sulle casse spia, ma per fortuna non ha la stessa sorte degli altri. Dopo un attimo di suspance, il musicista si rialza e prova a proseguire con l'assolo, non prima di aver giustamente fatto un gesto di stizza. Purtroppo lo strumento è danneggiato ed è costretto a cambiarlo per terminare il pezzo e mentre si trova a mani vuote fa finta di suonare una "sei corde" immaginaria, sintomo questo che il buon umore è tornato subito. Passata la paura, posso dire che per un attimo la mente ha viaggiato sino a quelle folli notti di fine anni '80, in cui nei vari club dove suonavano i Guns n' Roses ne succedevano di tutti i colori: decisamente rock n' roll. Come mettere fine ad uno spettacolo del genere se non con “Communication Breakdown” dei Led Zeppelin e “Paradise City”? Tutti ballano, saltano, cantano, si divertono fino a quando Slash saluta tutti con un “you fuckin' rock! Grazie! Ciao!”ed è questa la giusta chiusura di uno show memorabile e difficilemnte dimenticabile, “invasione di campo” compresa.
Slash è in splendida forma, visibilmente entusiasta di quanto sta facendo tra album solista e tour, e Myles Kennedy dimostra ancora una volta di essere un cantante assolutamente straordinario...non me ne vogliano gli Alter Bridge, ma i Velvet Revolver non stanno cercando un nuovo vocalist?
Slash - Tour 2010
10/06/10 - Palasharp, Milano
Articolo a cura di Daniele Carlucci
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