Domande a cura di Andrea Mariano e Gaetano Loffredo
Ciao Gianluca, anzitutto piacere di conoscerti, per me è un onore poterti intervistare
Il piacere è tutto mio, grazie.
Hai da poco compiuto 40 anni anagrafici e 18 di carriera, e per festeggiare hai organizzato un concerto piuttosto particolare. Ci puoi dare qualche dettaglio, qualche anticipazione su possibili sorprese?
La sorpresa più grande credo che sia questa join venture tra la mia musica e “New Circo”, è un connubio che non è mai stato fatto perché di solito è fatto tra musica lirica e classica invece qui si tratta di rock e immagini, è una cosa particolare. Ci saranno dei momenti in cui loro prenderanno possesso del palco e momenti in cui interagiranno con me anche se il concerto resta mio. Devo dire che loro diventeranno una parte molto scenografica perché ci sarà un connubio tra me e le loro immagini, i loro personaggi e le loro coreografie. Tra l’altro ad un certo punto il concerto diventerà unplugged.
Come mai hai deciso di collaborare con “New Circo”?
È una cosa nata per caso, li ho visti lavorare, li ho conosciuti e ci siamo piaciuti reciprocamente. È diventata un’idea, io sono uno al quale gasano le cose nuove e sono dell’idea che ci viene ad un concerto deve sentire della nuova musica ma deve anche avere delle novità, qualcosa che lo esalti. E questa è una cosa che mi ha esaltato.
E a proposito di novità, Gianluca, ho trovato che, rispetto al passato, “Natura Umana” conceda più spazio a brani dal respiro molto più ampio, pur rimanendo 100% “Grignani style”. Cosa è cambiato?
Lo studio, lo dico sempre. Tutti pensano che sia facile fare musica internazionale in Italia ma non è affatto così, per un semplice motivo: perché gli studi italiani non sono predisposti con questa mentalità, perché i produttori italiani non sono predisposti ad avere questa voglia di fare questo tipo di musica e di conseguenza non è semplice. Per anni mi sono battuto per fare un lavoro di questo tipo, cercando di fare un lavoro a modo mio e non sempre ci sono riuscito, per i motivi che ti ho appena detto. Fino a quando non sono riuscito ad avere il mio studio con gli strumenti e l’attrezzatura che mi interessavano, prima invece per ottenere quel risultato ero costretto ad andare a Los Angeles o a Londra sostenendo costi altissimi che ormai la musica non si può più permettere. Diciamo che con l’intelletto, con la voglia e rimboccandosi le maniche siamo arrivati fino a questo punto: ci metto molto meno e riesco a farli come voglio io. Da “Romantico Rock Show” questa cosa sta prendendo piede. La trilogia si concluderà col prossimo, con “Romantico” ho parlato molto d’amore, con “Natura Umana” della società dell’uomo moderno, e col prossimo… non so cosa succederà, io sono il primo ad essere molto curioso.
Quindi il motivo per cui “Natura Umana” è uscito a poco più di un anno di distanza da “Romantico Rock Show”...
È stata un’esigenza, sono convinto che dopo il prossimo disco prima o poi farò un insieme di questi tre dischi, perché come ti dicevo sono una trilogia. È uscito subito, senza una pausa, come se ci fosse una connessione e molta gente non ha capito il perché, però fa parte della mia personalità avere questi spunti fuori dagli schemi del marketing. Ogni tanto mi preoccupano ma ne vado anche fiero: è un’attitudine sana nei confronti della musica e nella voglia di fare dell’arte, che oggi manca.
Finché l’etichetta non si mette di mezzo chiaramente...
L’etichetta in questo caso ci ha solo guadagnato, avere un disco attaccato all’altro. Magari ha venduto meno dischi per l’andamento del mercato odierno ma si è trovata due dischi nel giro di un anno. Per il prossimo ci metterò di più, ho questa tournee ad ottobre in Sudamerica e fino a marzo non se ne parla di entrare in studio. Sono io il primo curioso nel capire cosa succederà col prossimo disco. Tra l’altro in escalation, il primo dei tre era molto pop rock più tendente al pop, “Natura Umana” un disco rock, voglio vedere cosa succederà col terzo, magari un rock progressive.
Significa che il quarto sarà un disco heavy metal...
Non lo so, magari invece il quarto sarà un disco completamente unplugged, non mi piace essere così scontato (ride, ndg).
Gianluca, ho una domanda un po’ provocatoria:
Dimmi dimmi, tanto sono abituato...
Il brano “Che Cosa Importa Se” (invito i lettori a dargli un ascolto per capire di cosa stiamo parlando, ndg), è un autobiografico?
Si, assolutamente. È autobiografico perché mi sento spesso come un immigrato, perché mi sento come se fossi in un limbo, in una sala d’attesa (e qui Grignani comincia a cantare alcuni versi del brano, ndg). Ritengo sia una situazione molto comune all’uomo di oggi, di conseguenza io la vivo in maniera abbastanza pesante, mi è venuta naturale scriverla.
A proposito di autobiografie: lo scorso ottobre è anche uscito “La Mia Storia Tra Le Dita”, la tua prima autobiografia dove non fai mistero neppure dei tuoi momenti meno fortunati. Quali sono state le esigenze che ti hanno portato a scrivere un libro su di te?
Tutti pensavano di sapere cose di me che non so nemmeno io, ho scoperto di avere un passato che non ho mai avuto, cose assurde. Io non amo parlare molto di me stesso, ma se devo farlo lo faccio fino in fondo dicendo le cose come stanno... ed è venuto fuori quel libro li.
Se guardi indietro, c’è qualcosa di cui ti penti, qualcosa che ti fa dire “questa me la potevo risparmiare”? Magari qualcosa che ancora nessuno sa...
Mah, non sono ancora arrivato a quel punto. Sono convinto che non sia ancora arrivato il mio momento, sono convinto che debba dare ancora il meglio di me stesso, ed è un buon atteggiamento verso il futuro. Di conseguenza non riesco a recriminare sul passato, sicuramente un giorno lo farò ma non è questo il momento.
Anche perché il passato ti ha condotto fino a dove sei oggi...
Esatto, anche perché poi tutto si evolve in maniera particolare, non avrei mai immaginato anni fa di dover partire per un tour semi-mondiale e invece sto per farlo. Tra l’altro senza aver mai coltivato troppo l’estero: succedono tante cose che non ti aspetti. John Lennon diceva “noi siamo quello che ci succede quando siamo impegnati a fare tutt’altro”, non aveva tutti i torti...
Invece, qual è il momento più bello che ricordi nella tua carriera? E quello più “curioso”, particolare?
Cavoli... dico sempre che mi ricorderò tutta la vita il giorno che sono salito sul palco di un enorme festival cileno con un milione di persone o giù di li, con la mia chitarra acustica ed una maglietta con scritto "Eat my dust you insensitive fuck" E coi capelli lunghi fino al sedere a cantare una canzone mezza in italiano e mezza in spagnolo. La gente mi guardava e diceva “Ah ma è questo Grignani?”, quella canzone ebbe più successo di me... è la sensazione di arrivare sempre trasversale, non sono mai direttissimo. Quella è stata la sensazione che più mi ha colpito davanti a tantissima gente, mai visto tanta gente: io ero da solo, una delle prime volte che suonavo con le gambe che mi tremavano, con la chitarra e quella maglietta (ride ndg).
Cosa ti sentiresti di consigliare ad un giovane che vuole tentare la strada della musica?
È dura perché la qualità di quello che passa sta davvero scarseggiando. Forse consiglierei di fare come ho fatto io, cercare di far successo piegandosi un po’ alle regole del mercato e poi avere il coraggio di fare dell’altro: è l’unica maniera di provare a scuotere degli animi. Si viene subito criticati ma poi il tempo paga.
Ottima risposta, non è da tutti...
È proprio quello che ho fatto io.
Che ne pensi dei talent show?
Se dai talent show esce buona musica sono contentissimo, ma non mi pare sia questo il caso. Quando succederà sarò il primo ad appoggiarli, l’unico che mi viene in mente mi sembra Pierdavide Carone, per il resto ci sono cose scontate e cose poco interessanti.
L’ultima domanda Gianluca è improntata su Lucio Dalla che ti ha scelto per cantare a Sanremo, assieme per l’appunto a Pierdavide Carone, “Nanì”. Come è nata questa seppur fugace collaborazione? Che ricordo hai di quella sera, e di Lucio Dalla in generale?
Intanto non è stata una fugace collaborazione perché io e Lucio ci conoscevamo da tanto tempo ed avevamo lavorato insieme già più di una volta. Io avevo suonato le chitarre sul suo disco “Kamikaze” e lui si vantava di avermi in qualche modo scoperto come chitarrista, mi apprezzava molto, per farti capire l’atteggiamento che aveva nei miei confronti. Era un uomo col quale andavo d’accordo. La stima che avevo per lui era tantissima, tra l’altro purtroppo e per fortuna l’ho sentito qualche giorno prima che morisse ed eravamo d’accordo che io sarei andato da lui a Beverino e lui sarebbe venuto da me al concerto a Modena dei 40 anni di cui abbiamo parlato prima. Il ricordo che ho di lui è di un uomo molto umano, che conosceva la musica, e di un amico: mi manca molto. Degli artisti della mia età, tolto Bersani che lo conosceva ancora meglio, sono quello che lo conosceva meglio di tutti. Mi manca moltissimo, non pensavo mi colpisse così tanto.
Beh a questo punto capisco...
Ti racconto un aneddoto, non ti dico chi ma una persona, un artista mi venne vicino al funerale e mi disse “Ma tu cosa ci fai qua?” perché vide tutti questi personaggi con cui aveva lavorato in maniera più eclatante... non faccio il nome di questa persona perché si è mossa in maniera molto stupida ed è anche abbastanza rincoglionito diciamo, che mi disse così. Gli ho risposto semplicemente che ero suo amico e lui se n’è andato con la coda tra le gambe. È una cosa che non dimenticherò facilmente: io sono come gli elefanti, se mi fai del bene mi ricordo, immagina se mi fai del male...
Bene Gianluca, con questo abbiamo finito, mi permetto di farti un complimento se posso: sei uno degli ultimi “poeti maledetti” rimasti nella musica italiana...
Grazie (ride ndg), speriamo di non essere così maledetto perché altrimenti vivo poco...
Ma sono anche coloro che vengono ricordati per più tempo…
Ho capito quello che vuoi dire e ti ringrazio, ma mi auguro di uscire dall’età del maledetto perché ho 4 figli e devo riuscire a camparli (ride ndg).
Vuoi aggiungere altro?
Ai lettori di SpazioRock voglio dire un’ultima cosa: ascoltate buona musica, perché il rock non è solo una chitarra distorta...