Madball (Freddy Cricien)

Con un nuovo album da poco sugli scaffali di tutto il mondo e con alle spalle ben 26 anni di carriera, i Madball, alfieri dell'hardcore a stelle e strisce, si sono raccontati ai nostri microfoni. A rispondere alle nostre domande Freddy Cricien, voce del combo newyorkese.

Articolo a cura di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 31/08/14
Essendo sulle scene da ben 26 anni, ormai non vi è più alcun bisogno di presentare al pubblico chi siano i Madball, ma non sarebbe male, se ti va, descrivere un poco lo stato della band all’indomani dell’anno sabbatico che vi siete presi tra il 2001 ed il 2002.

Se ti stai riferendo al nostro “scioglimento”, sì, quello è stato un periodo molto difficile per noi, non solo per quanto riguarda l’ambito musicale. È iniziato tutto nel 2000. Avevamo molti problemi con la nostra line up, con la label ed anche di natura legale... le tre “L”... non andava affatto bene! In quei momenti pensavamo che fossimo veramente finiti. Il nostro scioglimento doveva essere definitivo. Ma poi abbiamo realizzato che la band per noi non è solo una valvola di sfogo positiva, ma è anche tutto ciò che abbiamo avuto per molti anni! Siamo quindi ritornati sui nostri passi ed abbiamo rimesso insieme la band, con le giuste persone dietro le quinte e, guardandoci indietro, è la cosa migliore che sia mai successa alla nostra band. Ci ha dato tempo per riflettere, per maturare un poco, per apprezzare un qualcosa che forse avevamo dato per scontato. Molto può succedere in un breve lasso di tempo, ed ora affrontiamo le cose da una nuova prospettiva e tutto ciò ci ha resi migliori in quello che facciamo.


Voi conoscete sicuramente meglio di chiunque altro la scena hardcore dell’area di New York. Dopo tutti questi anni come credete che si sia evoluta? E credete che abbia ancora un significato?

Sicuramente si è evoluta. Lo stesso scenario dei singoli locali dove suonare è cambiato. Ma, se dovessi giudicare prendendo a modello il Black N’ Blue Bowl, un festival musicale che promuovo, la scena è più viva che mai! E soprattutto significa ancora qualcosa per molte persone, di differenti generazioni. Festival come quello citato riescono a riunire tutte quelle persone differenti.


Dopo tutti questi anni all’interno della scena hardcore, pensate di farne ancora parte, o gli anni e l’esperienza maturata vi hanno trasformato in un qualcosa di leggermente differente?

Ne faremo sempre parte. Abbiamo comunque anche una vita al di fuori della scena... naturalmente! Detto questo, siamo molto impegnati all’interno della scena su molti livelli. Certo, siamo cresciuti e possiamo anche attrarre persone che stanno al di fuori della scena hardcore di New York, questo me lo auguro. Ma la scena hardcore farà sempre parte della nostra identità.

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Da cosa pensi dipenda il fatto che siete riusciti a rimanere una band di primo piano così a lungo?

Mi piace pensare che sia perché manteniamo ciò che facciamo sincero ed onesto. Sia per noi che per chiunque altro lo ascolti, giovane o “vecchio”. Siamo cresciuti in questa band e i tempi e le storie cambiano/si evolvono, ma è sempre tutto autentico. E lo trasmettiamo perfettamente anche su disco, durante le esibizioni dal vivo, etc. Non lo credi anche tu?


Parliamo un po’ di “Hardcore Lives”: è veramente un gran bel disco. Come vi regolate all’interno della band al momento di dover scrivere dei nuovi pezzi?

Grazie per il complimento. Di solito iniziamo con alcuni riff, solitamente partono da Hoya (Roc, bassista della band, ndr). Anche da Mitts (chitarrista della band, ndr), a volte. Da lì iniziamo tutti insieme a dare una struttura alla canzone. Infine mi occupo della parte vocale quando sembra che tutto sia al posto giusto. Comunque tutti contribuiscono alla scrittura.


Quando si ascolta una canzone dei Madball, si sa già che i testi hanno una fondamentale importanza. Quanto tempo dedichi alla scrittura di ogni singolo testo? Quali sono le fonti principali d’ispirazione?

Già... i testi e i sentimenti che vi sono dietro sono importanti perché provengono da un posto onesto. Che ti dia soddisfazione o meno, si tratta comunque di musica sincera. A volte non dedico abbastanza tempo ai testi... ahahah (ride, ndr). Alcune canzoni riescono velocemente, per altre ci vuole un po’ più di tempo...

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Sul nuovo disco avete ben tre ospiti speciali in altrettante canzoni: come siete arrivati a scegliere ogni singolo cantante ospite?


Già... siamo passati da non aver nessun ospite speciale come al solito ad averne tre... ahahah (ride, ndr). Fondamentalmente, per “Born Strong” ho immediatamente pensato che Candace (Puopolo, cantante dei Walls of Jericho, ndr) fosse perfetta per quella canzone. Siamo amici ed abbiamo un rispetto reciproco e volevo una presenza femminile “forte” all’interno di un brano, ed eccola lì. Per quanto riguarda Scott (Vogel, cantante dei Terror, ndr), io e lui abbiamo parlato molto riguardo al fatto di fargli cantare una strofa e alla fine sono riuscito a farglielo fare. Stessa cosa con Toby (Morse, cantante degli H2O, ndr). Ho sempre saputo che Toby sarebbe finito prima o poi in un disco dei MadBall, è un caro amico e rispetto tutti e tre come cantanti. La cosa più importante, comunque, è che vi sono dei trascorsi che ci legano tutti insieme. Non tiro fuori da un cilindro il nome di un possibile ospite. Queste persone sono prima di tutto amici.


Al momento della scrittura di una canzone, quanto è utile essere un cantante che ha una spiccata predilezione per l’hip-hop?

Adoro la cultura hip-hop e credo senza dubbio di esserne influenzato. Non ho mai cercato di dare un’impostazione più rap ai Madball, ma so che in modo subconscio succede comunque. Forse è per questo che i Madball sono differenti! Anche per quanto riguarda l’aspetto musicale credo che sia lo stesso, siamo differenti perché rispettiamo lo stile classico ma interpretiamo l’hardcore alla nostra maniera.


Il titolo “Hardcore Lives” riporta la memoria indietro nel tempo fino al primo EP dei Madball, “Ball of Destruction” del 1989. Perché avete scelto di riutilizzare quella frase proprio in questo momento per dare il titolo all’album?

Perché questo era il momento giusto. Era il momento di innalzare quella bandiera e di proclamare quella affermazione. Non abbiamo rimuginato troppo sul titolo perché non ce n’era bisogno. Avevamo delle vibrazioni positive che ci hanno spinto ad utilizzare quel titolo. È un promemoria. Una dichiarazione. Uno spirito.


Tra luglio ed agosto avrete un bel po’ di date dal vivo, sia in Europa che in Nord America. Quali sono le differenze principali tra il pubblico hardcore europeo e quello americano?

L’Europa è più in sintonia con la “cultura” della nostra musica/genere, almeno attualmente. Lo dimostrano le affluenze agli show, la reazione del pubblico, etc. Inoltre i festival danno all’hardcore una visibilità molto più ampia rispetto agli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, che io amo, vi sono alcune città sia sul lato orientale che su quello occidentale che ci “frenano” ma in generale non va male, anche se ad essere onesti è un periodo mutevole. Detto questo, non ci nascondiamo da questa situazione ma cerchiamo di seguirne l’onda. Mi auguro che si riesca a ritornare all’essenza originaria, anche negli Stati Uniti.



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