Bad Religion (Jay Bentley)
Non hanno certo bisogno di presentazioni, la loro fama li precede di molto: i Bad Religion, dopo 40 anni di carriera, continuano a suonare e a divertire dimostrando di essere una delle più grandi punk rock band di sempre. A tu per tu col bassista Jay Bentley, abbiamo fatto un tuffo nel passato fra aneddoti e rivelazioni.
Articolo a cura di Paolo Stegani - Pubblicata in data: 20/10/17

Ciao Jay, è un onore darti il benvenuto su SpazioRock.it! Questa sera tutti gli occhi saranno puntati su di voi. Dimmi, sei soddisfatto di questa tua lunghissima carriera? Si può dire sia stata un'avventura!

 

Lo è stata davvero. Non che mi piaccia molto guardare al passato: ripensare alle cose successe, cercare di giustificarle o fare dei conteggi. Preferisco ridere e pensare: "ho fatto questo per metà della mia vita". Adesso ho 53 anni, e sono in questa band da 37...

 

Che cosa significa per te avere ancora così tanto seguito da parte del pubblico giovanile?

 

Sono veramente grato che ci sia stata data la possibilità di continuare a fare questo mestiere fino ad oggi. Abbiamo scritto musica nostra, fatto i nostri tour, creato un'etichetta, stampato le nostre t-shirt... Continuiamo a fare tutto questo perché direi che è una cosa ci piace davvero fare. È diventato un progetto molto più grande di quanto ciascuno di noi potesse immaginare all'inizio. Ogni sera, quando sali sul palco, è una sensazione semplicemente... fantastica! Vedi il pubblico cantare le tue canzoni, ballare... Tutto ciò che abbiamo fatto noi è stato scrivere canzoni.

 

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Con la vostra musica avete attraversato diverse generazioni di fan del rock. Chi meglio di te quindi può esprimere un parere sull'attuale situazione del rock 'n' roll e sulle evoluzioni che ha subito?

 

Prenderò d'esempio proprio questo festival. La sensazione che ho io, da quello che ho potuto vedere, è che oggigiorno le persone abbiano diverse influenze musicali e che siano fan di molte band. Un tempo non era così. Innanzitutto i festival erano molto più "selettivi": c'erano festival di musica metal per i fan del metal, festival country per i fan del country, festival hip-hop per i fan dell' hip hop. Tutto il pubblico presente a questo festival sembra conoscere praticamente tutti i gruppi che si esibiscono. Magari non sono necessariamente grandi fan, però conoscono piuttosto bene la musica di tutti gli artisti presenti. Non che sia un fenomeno completamente nuovo. Nei tardi anni '70 le persone si presentavano ai concerti punk indossando magari magliette di gruppi heavy metal europei. Poi c'è stata la terza invasione del British Pop, o qualsiasi cosa fosse, affiancata ad un catalogo di metal più vasto di quanto fosse necessario.... Già in quel periodo si cominciava a percepire un fenomeno simile. Ed è una cosa piuttosto forte. Mi piace.

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Quali artisti, durante la tua giovinezza, ti hanno fatto pensare: "ok, voglio diventare anch'io un musicista"?

 

Quando avevo cinque o sei anni ho ho avuto la mia prima chitarra e ho cominciato a suonarla. Non era in grado di distinguere la realtà dalla fantasia, per cui mi dissi: "farò parte di una band, questo sarà il mio futuro." Il primo album che ho acquistato in vita mia è stato "Rebel Rebel" di David Bowie. Abbiamo suonato con Bowie qualche anno fa ad un festival, fra l'altro. È stato davvero strano: quella sera suonavano Iggy Pop, i Bad Religion e Bowie. Il nostro set era quello del mezzo, non c'entravamo assolutamente nulla! Ho assistito allo show di David a lato del palco, ed era la prima volta che lo vedevo dal vivo. Quella sera, dopo una vita passata ad ascoltare le sue canzoni, ho capito davvero fino in fondo perché è considerato un alieno. Tutto ha acquisito un senso. Quello sì che vuol dire essere un performer. Altri artisti che mi hanno ispirato sono stati i Quiet Riot, che quando avevo 16 anni hanno suonato nella mia scuola. Ho visto esibirsi Randy Rhoads ed ho subito pensato: "non suonerò mai la chitarra così bene". Non so come facessi ad esserne sicuro.  Poi ho iniziato ad ascoltare i Ramones, e mi sono detto: "questo invece posso farlo!" (ride, ndr). Dopo aver visto dal vivo i The Clash nel 1979 ero sicuro che quella fosse la strada giusta per me.

 

Quali sono gli altri album, oltre a "Rebel Rebel", che ti hanno cambiato la vita?

 

Il primo album che ha avuto un impatto enorme su di me è stato "Madman Across The Water" di Elton John: lo possedeva mio padre ed io passavo ore ed ore ad ascoltarlo, ancora e ancora e ancora. Per finire direi "Never Mind The Bollocks" dei Sex Pistols. Quell'album ha oscurato tutto il resto. Quando dice "fanculo questo" e "fanculo quello", beh... Grandioso. C'è un altro album a dire il vero, che se non mi ha cambiato la vita comunque mi ha influenzato moltissimo ed è Nevermind dei Nirvana. Anche questo l'ho ascoltato un sacco di volte, prima ancora che uscisse, e tutto ciò che riuscivo a pensare era che è un disco semplicemente perfetto. Quel disco dimostrava che le persone come noi possono riuscire a creare un album impeccabile. Siamo sempre stati considerati emarginati, quelli che non avrebbero mai combinato nulla, poi uscì quell'album a dimostrare il contrario.

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Ti ringrazio per la disponibilità, e ti faccio l'ultima domanda: state mettendo in cantiere nuovo materiale per un album in studio?

 

Senza dubbio, ne stiamo parlando proprio in questo periodo. Probabilmente già a gennaio cominceremo a lavorarci.




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