La piena estate secondo i maestri dell’estremo.

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Castrated – Surgical Vicissitude (Comatose Music)

Quando una delle canzoni del primo lavoro in assoluto dei Castrated si apre con un campione della voce di un rappresentante della gerarchia ecclesiastica che informa una giovane ragazza di accettare il suo seme perché tale è la richiesta di Dio, emergono pochi dubbi circa la natura del contesto. L’EP “Surgical Vicissitude”, dunque, ci catapulta nel brutal death metal tutto frattaglie ed efferatezze targato Comatose Music, label celebre nel mondo underground per uno tra i roster più feroci che l’estremo conosca. Del resto, i membri del quartetto texano vantano una militanza passata e attuale in gruppi del settore che non la mandano a dire in termini di monicker significativi e violenza sonora, tra Desecrate The Faith, Human Filleted Rabid Flash Eater, Sarcophagy, Suicide Pandemic e compagnia vomitevole. Chicca su chicca, Anthony Voight, qui in veste esclusiva di frontman, risulta reduce da un’esperienza decennale come singer e bassista nei Gorgasm, band che, con Aborted e Cannibal Corpse, costituisce l’influenza maggiore per un mini d’esordio che riesce a mantenere un notevole equilibrio, al riparo da eccessi slam e da troppe badilate d’ignoranza primitiva. Un esordio gradevolissimo, con i topoi del genere declinati senza genuflessioni.

Tracce consigliate: “Deranged Manifestations”, “Forcible Oral Sodomy”, “Propagate The Subservient”

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ColdCell – Age Of Unreason (AOP Records)

Nel black metal, la moda di coprirsi la testa con un cappuccio fratesco o il volto per mezzo di una maschera adamitica ha superato quella del corpse paint, soprattutto dopo il successo dei vari Batushka, Gaerea, Mgła, Uada e via discorrendo. D’altronde, utilizzare un accessorio è più pratico rispetto allo spalmarsi secchi di vernice sulla faccia prima di ogni concerto e i basilesi ColdCell decidono di seguire la fazione degli imbacuccati, il che, naturalmente dice poco sulla qualità della musica proposta. Come da tradizione discografica della formazione elvetica, anche il nuovo album “Age Of Unreason” si colloca appieno nelle tendenze del metallo nero contemporaneo, presentando, oltre a un suono florido e cristallino, un’atmosfera cupa, depressiva e dalle sfumature apocalittiche, rintracciata da qualche parte tra Panzerfaust, vecchi Secrets Of The Moon, Schammasch e Shining, con liriche che riflettono sull’arroganza, l’avidità e la mancanza di empatia dell’essere umano, il cui crepuscolo non sembra, poi, così lontano. Un platter claustrofobo e torvo, una lugubre sinfonia nella quale persino le irreali esplosioni post rock rappresentano soltanto un momentaneo sollievo in un oceano di totale prostrazione.  L’estate secondo gli svizzeri.

Tracce consigliate: Hope And Failure”, “Dead To The World”, “Solidarity Or Solitude”

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Laceration – I Erode (20 Buck Spin)

Sino all’inizio degli anni Duemila, gli statunitensi Malevolent Creation rappresentarono la punta di diamante assoluta di quei gruppi ferocemente death metal influenzati dal thrash della East Coast. Successivamente, però, è stato difficile mantenere un livello elevato sia per la cronica instabilità della line-up sia per la morte, nel 2018, del frontman Brett Hoffmann, co-fondatore della band insieme al chitarrista Phil Fasciana. Una premessa fondamentale al fine di comprendere l’indirizzo stilistico dei Laceration, certo non un gruppo alle prime armi, visto che esistono dal 2006, con il debutto sulla lunga distanza, “I Demise” risalente ad appena tre anni fa, dopo una gavetta piuttosto difficoltosa. Questo nuovo “I Erode” vede i californiani in grande spolvero, capaci di arricchire la cifra originaria del proprio sound, sempre connesso all’esempio dei floridiani succitati, attraverso complicazioni brutal di marca Suffocation, senza che ciò significhi una sterile predominanza della tecnica sull’intelligibilità. Lodevole il lavoro alle chitarre di Luke Cazares e Donnie Small, in grado di ingegnarsi a dovere nel tessere trame cavernose e fluidamente contorte, per un prodotto finale davvero fresco malgrado la patina old school che lo circonda. Bravi a partire in seconda.

Tracce consigliate: “Excised”, “Sadistic Enthrallment”, “Impaling Sorrow”

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Mayhemic – Toba (Sepulchral Voice Records)

A cosa allude il titolo dell’esordio sulla lunga distanza dei cileni Mayhemic, ovvero “Toba”? Di primo acchito, il nesso spontaneo, anche per contiguità continentale, potrebbe essere quello con l’omonima etnia aborigena di stanza in Argentina che si oppose violentemente alla conquista spagnola, mostrando un particolare disprezzo per la religione cristiana. Un’altra lettura, invece, propenderebbe per la colossale eruzione del supervulcano al di sotto dell’indonesiano Lago Toba, la più catastrofica degli ultimi venticinque milioni di anni. Dal momento che i sudamericani infarciscono le liriche di tematiche connesse a una fantomatica apocalisse preistorica, non sembra del tutto erroneo prediligere la seconda interpretazione, anche in virtù di un songwriting dal flusso magmatico, ma non disordinato, nel quale arcaici richiami a Kreator, Sepultura e Sodom convivono con spunti personali davvero degni di nota. Un thrash dalle sfumature blackened che, pur salvaguardando la cruda e barbara violenza di un evento naturale, nasconde tessiture di grande finezza tecnica, per un act capace di crescere in fretta dopo un EP e uno split con i connazionali Hellish: l’ennesima conferma della vitalità della scena estrema di Santiago.

Tracce consigliate: “Kollarbone Crushed Neanderthal”, “Valley Of The Tundra”, “Toba”

Todestoss

Todesstoß – Das Liebweh-Dekret (I, Voidhanger Records)

Sono ormai quasi venticinque anni che i Todesstoß inquietano gli ascoltatori attraverso un black metal anticonvenzionale, grottesco e malsano, una band diretta emanazione del provocatorio mastermind Martin Lang, attivo in molteplici campi artistici e la cui foto dinanzi a un piatto colmo di materia fecale pronta a essere ingerita con estrema voluttà ne qualifica il bizzarro talento. Scatofilia a parte, il gruppo tedesco mancava dalle scene dai tempi di “Ebne Graun” (2017), e il nuovo album “Das Liebweh-Dekret”, dall’artwork minimale se confrontato con il surrealismo naïf delle scorse cover, non si allontana troppo dal loro stile abituale, un metallo nero dal taglio depressivo che flirta con l’experimental e il doom, per sessanta minuti esoterici e angosciosi. Brani acidi, strani, molesti, ma intrisi di un misterioso magnetismo, un viaggio doloroso eppure inspiegabilmente piacevole, nel quale il disagio e la disperazioni evocati si trasfigurano in immagini oniriche che corrono sui binari di melodie oblique e sinistre sempre prossime a deragliare oltre il lecito. Il tutto condotto in maniera sadicamente metodica, quasi a voler piegare il mutevole songwriting a quella logica ferrea che appartiene alle psicosi più produttive. Buona fortuna!

Tracce consigliate: “Antirobotid”, “Tanz Der Tausend Masken”, “Ghulismus”

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