I got my red dress on tonight
Dancin’ in the dark, in the pale moonlight

Ok, il vestito non era rosso – e il rosso non era di sicuro il colore prevalente in mezzo al pubblico –, la luna si è nascosta dietro l’orizzonte prima di sera ed era difficile definirci al buio. Ma abbiamo ballato, se non con i nostri corpi, almeno con la mente. Lana del Rey torna in Italia dopo nemmeno un anno dal concerto (quasi) a sorpresa al Lido di Camaiore e questa volta si trova davanti 66mila anime in delirio, tutte per lei. La seconda serata degli I-Days 2024 profuma di consacrazione per un’artista che ci ha messo molto poco a imporsi come popstar (per quanto questo sia un termine molto riduttivo nel suo caso), ma che in Italia, prima di ora, non aveva mai smosso folle di questa portata e che può finalmente esprimersi sul palco come meglio desidera, mostrandosi per l’artista e la persona che è.

Non erano basse le aspettative per questa data-evento, anche considerate le opinioni sempre contrastanti su quello che effettivamente Elizabeth Grant sia in grado di esprimere sul palco – su disco invece c’è sempre stato ben poco da obiettare. L’immenso spazio dell’Ippodromo La Maura è quindi pieno di gente fin dal tardo pomeriggio, quando per inaugurare l’evento, tocca prima a Clara e poi ad un sempre eccellente Dardust allietare la folla giunta a Milano principalmente per Lana del Rey, riuscendo a strappare anche più di qualche meritato applauso.

E mentre il crepuscolo inizia timidamente a lasciar spazio all’oscurità la colonna sonora de “Il Padrino” riempie l’aria dell’Ippodromo, scontrandosi con le urla deliranti della quasi totalità dei fan, mentre i musicisti e il corpo di ballo entrano sul palco. Solo sul finire dell’iconico pezzo di Nino Rota, la protagonista della serata entra timidamente in scena, con un sorriso incorniciato nel cerchietto adornato di fiori e un look d’altri tempi, perfettamente in linea con la sua musica e la scenografia che le fa da sfondo. L’inizio è affidato a “Without You” e “West Coast” e basterebbero anche solo questi due pezzi per spazzare ogni dubbio sulla tenuta di Lana del Rey su un palco nel 2024 e abbandonarsi completamente a un’esibizione che ricalca perfettamente quello che Grant ha sempre messo su disco, nota dopo nota, sensazione dopo sensazione.

E quindi non ci sono pause, è come se il tempo si fermasse e la band ci permettesse di estraniarci completamente dalla realtà – anche se in questo veniamo messi a dura prova dalle urla che si sentono all’inizio di ogni pezzo. Lana non mette in particolare risalto nessuno dei suoi album – nonostante il più presente in termini di numero di brani sia ovviamente “Born To Die” – e ci offre un viaggio attraverso tutta la sua discografia. E uno degli aspetti maggiormente positivi della serata è il fatto che la cantante non è da sola nell’arduo compito di mettersi a nudo davanti ad una folla simile e non si mette mai in evidenza rispetto al resto della band e al corpo di ballo. Che faccia parte della coreografia o che vaghi per il palco cantando, emozionandosi e sorridendo, Grant lascia sempre il giusto spazio ai suoi colleghi. Canta “Pretty When You Cry” sdraiata sul palco circondata dalle ballerine, si siede con le coriste sulle sedie posizionate al centro dello stage per donarci una fantastica “Did you know that there’s a tunnel under Ocean Blvd”, lascia il palco per l’emozionante “hope is a dangerous thing for a woman like me to have – but I have it”, sulla quale possiamo intravederla solo attraverso un ologramma e in generale si sposta sempre in modo armonioso, andando a coadiuvare in ogni pezzo il resto della band.

È dunque uno show che ha una certa dualità in quello che ci viene offerto: da un lato abbiamo le coreografie del corpo di ballo, una scenografia importante e decine di migliaia di persone molto rumorose e partecipi; dall’altro abbiamo momenti di un’intimità deliziosa ed estrema, come quello in cui Lana canta la magnifica “Bartender” seduta ad un tavolo lontano dal resto della band e concentrandosi sulla performance della cantante sembra davvero che l’Ippodromo si sia trasformato in una stanza e che oltre a noi ci sia solo lei, illuminata dalla fioca luce della candela. Un ossimoro che prende vita staccandosi dal palco e rende, se possibile, ancora più sovrannaturale la serata.

Qualcuno potrebbe dirsi deluso da uno show forse addirittura troppo intimo e a suo modo statico per un contesto simile e sarebbe difficile dargli torto. Ma il punto è che questa esibizione è esattamente la rappresentazione di Lana del Rey, la trasposizione live di una donna che è riuscita a costruire un progetto artistico a suo modo unico, fatto di tempi dilatati e sezioni eteree in cui perdersi e danzare lentamente. Preso quindi atto di questo, rimane davvero difficile fare qualche obiezione ad un’artista simile. Molto più facile è chiudere gli occhi e tornare a ballare lentamente nel chiaro di luna proiettato nella nostra mente.

Setlist

Without You
West Coast
Doin’ Time (Sublime cover)
Summertime Sadness
Cherry
Pretty When You Cry
Ride
Born to Die
Bartender
Chemtrails Over the Country Club
The Grants
Did you know that there’s a tunnel under Ocean Blvd
Norman fucking Rockwell
Arcadia
Video Games
hope is a dangerous thing for a woman like me to have – but I have it
A&W
Young and Beautiful

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