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Kerry King – From Hell I Rise

Lo scorso gennaio la Reigning Phoenix Music notificava, attraverso comunicato stampa, l’integrazione del roster di Atomic Fire Records, rivelando, contestualmente, i nuovi artisti messi sotto patrocinio, a partire dai Deicide e Sebastian Bach, con i rispettivi e buoni full-length, “Banished By Sin” e “Child Within The Man”, rilasciati durante questa primavera. Una label, dunque, oggi annoverabile quasi come major nel mondo dell’heavy e delle relative diramazioni, una reputazione che trova ulteriore conferma in virtù della pubblicazione di “From Hell I Rise”, chiacchierato esordio solista di Kerry King. La pensione, d’altronde,  non è mai stata un’opzione per il chitarrista degli Slayer e, anche prima della dolorosa scomparsa di Jeff Hanneman nel 2013, sembrava che fosse invero lui a trascinare il gruppo con la feroce determinazione di un uomo privo di un piano di riserva, pervaso da una grande, forse troppa fiducia in sé stesso. Il recente annuncio del tour di reunion del combo californiano dopo lo split-up nel 2019, decisione accolta con molte polemiche proprio da parte di KK, che giudicava tale scioglimento ancora prematuro, ha un po’ stemperato l’attesa di questo suo debutto, in realtà meritevole di considerazione persino oltre le previsioni.

Certo, con una formazione a cinque stelle, che vede il fido Paul Bostaph dietro le pelli, Kyle Sanders (Hellyeah) al basso, Phil Demmel (Machine Head, Vio-lence) alla seconda ascia e Mark Osegueda (Death Angel), alla voce, probabilmente si poteva pretendere, a ragione, un qualcosa di più originale e che magari contenesse un pizzico delle sonorità delle formazioni  di provenienza dei musicisti coinvolti. Dal momento che la scrittura dei brani, però, resta quasi esclusiva competenza del mastermind losangelino, come accadeva, del resto, negli ultimi anni della band madre, ci troviamo al cospetto di un disco che, fisiologicamente, non si discosta molto da “World Painted Blood” (2009) e soprattutto “Repentless” (2015), dalle cui sessione di registrazione provengono due fragorose legnate al vetriolo (la demoniaca title track e la folle “Rage”).

Un disco, dunque, che si regge sulle ritmiche intense e il grande mestiere, con la produzione di Josh Wilbur gonfia il giusto e soggetti lirici quali guerra, politica e religione, a tenere bordone, mentre la prestazione del singer, nel complesso abbastanza incisiva e versatile, convince meno quando cerca di spossare la tenuta delle proprie corde vocali nel tentativo, purtroppo destinato al fallimento, di emulare la malignità unica e inimitabile di Tom Araya. La tracklist, benché abbondino riff e atmosfere dal sapore antico, non annoia altresì per un discreto gusto delle variazioni sul tema, tra mid-tempo cupi e velenosi (l’intro strumentale “Diablo”, “Tension”), violentissime esplosioni thrash dagli inserti sulfurei (“Where I Reign”, “Crucifixation”), umori groove metal (“Residue”), ceffoni granitici (“Idle Hands”), richiami priestiani (“Trophies Of The Tyrant”), assalti punk (“Two Fists”), nerbate hardcore (“Everything I Hate About You”), sfoggi di testosterone (“Toxic”), decelerazioni à la Black Sabbath (“Shrapnel”).

Lapalissiano che “From Hell I Rise” corresse il pericolo di subire la disdicevole nomea di pallido sequel o, peggio, di clone artificiale di uno qualunque delle release del leggendario act di Huntington Park, ma la professionalità e l’esperienza di Kerry King riescono a sollevare il platter da tali etichettature, pur constatando i debiti giocoforza contratti con un così scomodo passato. Un album senza dubbio godibile a patto, però, che non si esiga la luna e non si giochi a freccette con le tante citazioni.

Tracklist

01. Diablo
02. Where I Reign
03. Residue
04. Idle Hands
05. Trophies Of The Tyrant
06. Crucifixation
07. Tension
08. Everything I Hate About You
09. Toxic
10. Two Fists
11. Rage
12. Shrapnel
13. From Hell I Rise

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