Altra giornata di ottimi artisti per gli I-Days, che anche questa domenica non hanno mancato di lasciare il segno. Inaugurata dai Metallica lo scorso 29 maggio e proseguita con Lana Del Rey il 4 giugno, la rassegna musicale milanese è tornata con un sold-out che ben si addice al livello spettacolare dei suoi protagonisti: ottantamila persone presenti per un live che, più che live, in questo caso è un vero evento d’eccezione.

La serata è aperta dai Nothing But Thieves, alla loro quarta tappa a Milano in dodici mesi, dopo la data di luglio 2023 (sempre agli I-Days) e quella doppia da headliner al Fabrique lo scorso febbraio. Stavolta la band inglese opta per una scaletta che valorizza i singoli di punta, tuttavia venendo maggiormente incontro ai gusti degli spettatori — da qui la scelta di riproporre, dopo parecchio tempo, l’esplosiva “I’m Not Made By Design” e la cover di “Where Is My Mind?” dei Pixies. Nonostante anche quest’anno non manchino i fan con tanto di merchandise, i cinque sembrano dare per scontato che il pubblico sia tutto fuorché interessato alla loro musica, stilisticamente piuttosto distante da quella degli headliner. Per tutto il set l’autoironia la fa da padrone – “what is this pop crap?” è come descrivono il loro sound, “the best song in this setlist” è il modo in cui presentano la cover dei Pixies –, ma nella realtà il riff di “Futureproof” si rivela già sufficiente per conquistare la folla nel pit. Grazie ai quattro musicisti sempre più disinvolti e a un Conor Mason che vocalmente è persino più in forma del solito, dalla seconda metà del live le prime file sono un continuo applaudire, riprendere il palco col cellulare, mormorare “Che bravi, non li conoscevo”. Un nome, una garanzia.

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Credits: I-Days

Si fanno le 20, entrambi i settori dell’evento – già parecchio popolati a partire dal primo pomeriggio – si riempiono a dismisura. Nell’ora seguente di cambio palco, partono cori da stadio, si festeggia, si attende il classico preludio che segnala l’arrivo dei protagonisti. Ed eccolo lì, alle 20:55: prima “Bohemian Rhapsody”, poi “Blitzkrieg Bop” – con la mitica comparsata della mascotte Drunk Bunny –, infine una intro che mischia “We Will Rock You” e la “Marcia Imperiale” di Star Wars, mentre i visual sui teleschermi riprendono i Green Day del passato, venti-trentenni come lo sono oggi molte delle persone nel prato dell’Ippodromo. Del resto, questa “non è una festa, è una celebrazione”: dopo un’iniziale “The American Dream Is Killing Me” presa dall’ultimo album “Saviors”, il trio non tergiversa e parte direttamente a suonare i suoi due dischi più celebri nella loro interezza.

Il 2024 è un anno molto particolare, in quanto segna sia il trentesimo anniversario di “Dookie”, sia il ventesimo di “American Idiot”, e la band ha deciso di sottolinearlo con un tour a dir poco eccezionale. Quasi due ore e mezza di musica senza sosta in cui vengono riproposti entrambi gli album, con una scenografia spettacolare a riprenderne le copertine: non è solo la famosa mano con la granata a forma di cuore ad apparire in versione gonfiabile sul fondo del palco, ma anche e soprattutto le nuvole, le fiamme, l’aereo con le bombe di “Dookie” (quest’ultimo viene proprio fatto volare sulle teste degli spettatori). Tra i due atti del live si percepisce una sottile differenza, quasi a sottilineare le atmosfere diverse, i contesti, le tematiche che si vanno a ripercorrere in questo viaggio nel passato. Nel caso dell’album del ‘94, una strana nostalgia s’insinua anche in chi non c’era alla sua uscita, a riprova del fatto che l’alienazione giovanile di cui parlava con tanta schiettezza rimane un evergreen transgenerazionale; poi il caos, la disillusione scanzonata e sarcastica di “American Idiot”, che forse mai come quest’anno è risultata essere più attuale (se non nel 2004, del cui contesto politico l’album è direttamente figlio). 

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Credits: I-Days

L’atteggiamento dei tre sul palco, comunque, non fa che riflettere direttamente la dinamicità incredibile dello show. Mike Dirnt si muove come una scheggia intrattenendo il pubblico da una parte all’altra dell’Ippodromo, mentre Tré Cool lascia la batteria per esibirsi nella sua “All By Myself”, che canta saltellando per il palco con una vestaglia leopardata. E poi ci sono gli occhi spiritati, le movenze euforiche di Billie Joe Armstrong — di cui è davvero facile dimenticare l’età che avanza, a giudicare dalla straniante giovanilità che sprizza da tutti i pori. Sorride per tutto il live con noncuranza adolescenziale, fa le vocette e scoppia a ridere, piegandosi sul microfono e dicendo “This is so much fun”. Invita una giovane fan sul palco durante “Know Your Enemy” e salta insieme a lei col suo stesso, identico entusiasmo. È come se, per quasi due ore e mezza, il concerto ci riportasse tutti ragazzini.

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Credits: I-Days

Si fanno le 23 passate, “American Idiot” si conclude con “Whatsername”. Armstrong imbraccia una chitarra acustica e chiude il live con una nota di malinconia, quale la stupenda “Good Riddance”; poi i fuochi d’artificio, Tré Cool che lancia svariate paia di bacchette prima di congedarsi definitivamente. “I hope you had the time of your life”: è davvero stato così, su questo non c’è dubbio.

Setlist

NOTHING BUT THIEVES

Oh No :: He Said What?
Futureproof
Is Everybody Going Crazy?
Tomorrow Is Closed
Trip Switch
Impossible
Welcome To The DCC
Unperson
(Dead Club Radio)
Sorry
I’m Not Made By Design
Where Is My Mind? (Pixies cover)
Amsterdam
Overcome

GREEN DAY

The American Dream Is Killing Me
Burnout
Having a Blast
Chump
Longview
Welcome to Paradise
Pulling Teeth
Basket Case
She
Sassafras Roots
When I Come Around
Coming Clean
Emenius Sleepus
In The End
F.O.D.
All By Myself
Know Your Enemy
Look, Ma, No Brains!
One Eyed Bastard
Hitchin’ A Ride
Dilemma
Brain Stew
American Idiot
Jesus of Suburbia
Holiday
Boulevard of Broken Dreams
Are We The Waiting
St. Jimmy
Give Me Novacaine
She’s A Rebel
Extraordinary Girl
Letterbomb
Wake Me Up When September Ends
Homecoming
Whatsername
Good Riddance (Time Of Your Life)

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