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Heriot – Devoured By The Mouth Of Hell

Ce n’è voluto di tempo, ma finalmente abbiamo tra le mani l’album di debutto degli Heriot. Inutile negarlo, chi bazzica gli ambienti -core ha sicuramente già sentito più volte negli ultimi anni il nome della band inglese, che dopo una lunga gavetta e l’ingresso di Debbie Gough ha dato alle stampe l’EP “Profound Morality”, con il quale ha attirato l’attenzione di esperti del settore e non solo. Due anni dopo, costellati anche da interessanti tour, vede la luce “Devoured By The Mouth Of Hell”, una dichiarazione di intenti che è sì un debutto sulla lunga distanza, ma che mostra una band già solida e consapevole dei propri mezzi.

Pur inserendosi abilmente nei filoni sludge e metalcore moderni, il primogenito degli Heriot presenta una commistione di generi poco classificabile ed è probabilmente questo – oltre al devastante impatto di praticamente tutti i brani in tracklist – l’aspetto che lo rende un lavoro appetibile e notevole sotto più punti di vista. I pezzi, brevi e intensi il giusto, scivolano via che è un piacere e, a questo proposito, ascoltando tutto il lavoro viene scongiurato il timore di trovarci davanti ad un album troppo uniforme e senza molte variazioni – aspetto forse più marcato nei tre singoli e nei precedenti EP della band. Pur senza minimamente rinunciare alla pura violenza sonora – che caratterizza tutto il lavoro – il quartetto alterna molto bene i brani in tracklist, inserendo al bisogno pezzi più veloci e assimilabili al thrash (“Harm Sequence”) e inserti melodici con elementi post che comunque non rinunciano ad un’atmosfera claustrofobica e a tratti terrificante (le meravigliose “Opaline” e “Visage”).

Tutto ciò, oltre che da una scrittura estremamente fresca ed efficace e dalla sapiente mano di Josh Middleton in cabina di regia, viene evidenziato dall’alternarsi dietro al microfono del bassista Jake Packer e della chitarrista Debbie Gough. Fin dall’opener “Foul Void” – tra i pezzi più cattivi e divertenti – ci ritroviamo intrappolati senza possibilità di fuga tra il profondo growl del primo e i dilanianti scream della seconda. Ed è proprio l’incredibile versatilità di Gough sotto questo aspetto l’arma vincente di tutto il lavoro: la chitarrista mostra grandi abilità in diversi stili di canto, riuscendo quindi a rendere piacevole ogni brano, dai più “melodici” a quelli su cui sembra davvero di essere divorati dalle fauci dell’inferno.

Per il resto, la sensazione è costantemente quella di essere investiti da un carro armato. La sezione ritmica è roboante e il lento incidere dei pezzi viene sottolineato da riff granitici e pesantissimi, che riescono in qualche modo anche ad essere taglienti, almeno fin quando non esplodono in breakdown devastanti. A questo proposito non possiamo non citare “Siege Lord” e l’ultimo minuto di “At The Fortress Gate”, sul quale, chiudendo gli occhi, si riescono quasi a scorgere in volo delle balene di francese memoria.

Non inventano niente di nuovo gli Heriot, eppure quello che fanno lo fanno dannatamente bene. Sono poche le band che di recente sono riuscite a raggiungere un equilibrio così efficace già all’esordio. E non temete: anche se siete più legati alla vecchia scuola e non alle derive moderne delle frange -core, “Devoured By The Mouth Of Hell” potrebbe sorprendervi.

Tracklist

01. Foul Void
02. Harm Sequence
03. Opaline
04. Siege Lord
05. Sentenced to the Blade
06. Solvent Gaze
07. Lashed
08. At the Fortress Gate
09. Visage
10. Mourn

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