Dopo tre grandiosi giorni di festival, il Frantic ci regala l’ultima perla della stagione ’24: una data bonus, ciliegina sulla torta di una rassegna musicale pressoché perfetta nella sua organizzazione e varietà di proposta. Difatti, i nomi che troneggiano sul cartellone della giornata conclusiva non sguazzano nelle torbide acque metalliche, bensì si raggruppano a altarino dell’alternative rock nostrano, tra spiriti underground, graditi ritorni e eccellenti conferme. Non che ce ne fossero bisogno, d’altronde, in sede live, i Marlene Kuntz sono una certezza da trent’anni, gli stessi che intercorrono dall’uscita di quel capolavoro di “Catartica”. Un bel compleanno, celebrato con un enorme tour iniziato a marzo e arrivato, finalmente, a toccare la costa abruzzese.

La serata è lunga e ad alternarsi sul palco di Francavilla al Mare ci sono due compagini locali: dapprima gli Oslo Tapes, coi loro paesaggi post-rock trafitti da divagazioni psych, e poi i Voina, orgoglio dell’underground lancianese, col loro impeto rabbioso che fa da sfondo ad un sentito inno alla mediocrità, entrambi racchiusi nell’ultimo “Kintsugi”.

Ma il terzo act è la vera sorpresa della serata: ci ritroviamo davanti Umberto Palazzo e i suoi Santo Niente, storica band del rock alternativo del belpaese, i cui primi passi vedono ricalcare le stesse orme di Godano e soci, proprio sotto il Consorzio Produttori Indipendenti di Gianni Maroccolo.

Riformatisi per un’occasione imperdibile, con in formazione (oltre a Palazzo) Marco Campitelli al basso, Alessio D’Onofrio alla chitarra e Michelangelo Del Conte dietro alle pelli, i Santo Niente ci riportano on stage il loro “porno-grunge”, il noise dei primi Nineties, il sesso che vibra nel gain e nella tagliente voce del frontman originario di Vasto. Un viaggio a ritroso, da “La Vita è Facile” – da cui suonano la title track, “Cuore di Puttana”, “Elvira” e “Andarsene Via” – a “Il Fiore Dell’Agave”, passando per il macigno “Wir Sind Partisanen” e per i grandi pezzi di “’sei na ru mo’no wa na ‘i” (“Divora”, “Pornostar”).

Un piacevole comeback, che inizia a sintonizzare le nostre vibrazioni con la distorsione, preparazione obbligatoria prima che i Marlene Kuntz salgano sul palco, alle 22:30 spaccate: un telo rosso in background come un portale temporale per il ’94, da cui la band di Cuneo esce con qualche anno in più, ma con l’aura totalmente intatta. Cristiano Godano inizia a far vibrare la sua Strato, accennando l’opening riff di “Trasudamerica” e intraprendendo, di fatto, una reimmersione nelle acque scarlatte di “Catartica”, ma anche in quelle bluastre e violacee de “Il Vile” e di “Ho Ucciso Paranoia”.

Sì, perché oltre al dovuto tributo al festeggiato debut, il tour – dedicato interamente al compianto Luca Bergia – ci riporta i Marlene Kuntz pre-anni 2000, quelli dell’intoccabile trittico: è così che all’iconico riff di “Canzone di domani”, all’ondeggiante moto di “Gioia (che mi do)”, al fragore impattante di “Fuoco su di te” si oppongono i dissonanti massaggi di “Lamento dello sbronzo” e le allucinazioni psych – lentamente portate a deflagrare – de “L’agguato”.

C’è coesione totale nella scaletta, come se tutto appartenesse ad un unico, enorme disco: l’irruenza istintiva di “Mala mela” che si perde tra i ghirigori chitarristici di Riccardo Tesio in “1°2°3°”, l’emotività dolce e intangibile di “Infinità” che si arrende all’ombra granitica di “Ineluttabile”.

Blocco finale, prima del bis, con un poker d’eccellenza da “Catartica”: si innestano nell’aria le voci quando “Lieve” inizia a risuonare dagli amplificatori e a cullare il parterre, con quel riff di basso di Lagash che mette il guinzaglio al noise, strabordante dalle chitarre, quest’ultime furenti, invece, nel proiettile a nome “Festa mesta”, urlata a squarciagola assieme al suo coro anthemico «Complimenti per la festa! Una festa del cazzo!». “Sonica” rimbomba contorta come un temporale passeggero, “Nuotando nell’aria” scaccia via i nuvoloni permettendoci di fluttuare serenamente al fianco della voce di Godano, oltre che a quell’arpeggio che ha fatto la storia del rock italiano.

Encore affidato ai ritmi morbidi di “Come stavamo ieri” e ai tuonanti colpi di “Ape Regina”, prima del delirio della breve e devastante M.K., da opener del disco a elettrica chiusura del rituale.

Emozioni enormi che si rincorrono per l’intera serata, culmine di un festival eccezionale, non a caso ammantato da una delle più grandi rock band sul suolo italiano: concerto pazzesco, a cui tutti i fan dei Marlene Kuntz sono abituati, eppure l’atmosfera, a Francavilla, si trascinava dietro un alone di irripetibilità. Sarà per via di quel rosso, che ancora oggi sovrasta tutti gli altri colori.

Setlist

Trasudamerica
Canzone di domani
Gioia (che mi do)
Fuoco su di te
L’agguato
Lamento dello sbronzo
Mala mela
1°2°3°
Infinità
Ineluttabile
Lieve
Festa Mesta
Sonica
Nuotando nell’aria

Encore
Come stavamo ieri
Ape regina
M.K.

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