Nel corso degli ultimi anni, il Bay Fest di Bellaria Igea-Marina (RN) ha ospitato alcuni dei nomi più quotati del panorama punk-rock mondiale, imponendosi sempre di più come uno dei festival più rilevanti – se non il più rilevante – del genere in Italia. Dando una rapida occhiata al manifesto di quest’anno, è facile intuire che anche quest’edizione non fa eccezione. A dire il vero, però, qualcosa di nuovo c’è. Almeno due novità: la prima, una data zero (“Road To Bay Fest“) fissata sabato 15 giugno, a due mesi esatti dall’inizio del festival vero e proprio. La seconda è che questa data zero, che in linea teorica dovrebbe rappresentare una sorta di antipasto, in realtà assomiglia non poco alla portata principale, dato che i grandi protagonisti di giornata sul palco del Beky Bay di Bellaria Igea-Marina sono i Neck Deep, tra gli alfieri del revival che il pop-punk ha conosciuto negli ultimi anni, e Milo Aukerman e i suoi iconici Descendents, ampiamente annoverati tra i padri fondatori del punk-rock contemporaneo.

Sono le 19:50, il clima è l’ideale (soleggiato, ma non eccessivamente caldo) e il pit del festival romagnolo inizia piano piano a popolarsi. L’onere e l’onore di rompere il proverbiale ghiaccio tocca ai Fernandhell., gruppo italiano che propone un punk-rock diretto, senza tanti fronzoli – forse un po’ scolastico – ma che ottiene indubbiamente il risultato sperato: caricare a dovere i presenti, divertirsi e far divertire. Ritornano così, almeno per chi vi scrive, la musica dal vivo all’aria aperta, le birrette sulla spiaggia, il pogo, le stramberie varie ed eventuali che strappano più di una risata. Bentornata stagione dei concerti, bentornato Bay Fest.

NECKDEEP
Neck Deep (ph: Nat Wood)

Una volta finito il breve set dei Fernandhell. (poco più di mezz’ora) inizia a calare il tramonto e, nel frattempo, il pubblico assiste al cambio palco, in attesa della prima delle due band di punta della giornata, i Neck Deep. Alle 21 spaccate, puntualissimi, Ben Barlow e soci salgono sul main stage del Beky Bay prima sulle note del loro inno personale, per poi attaccare con “Dumbstruck Dumbf**k” e “Sort Yourself Out”, la travolgente doppietta d’apertura del loro ultimo – notevole – album in studio, “Neck Deep”. Accompagnato da un pogo praticamente incessante, il set dei gallesi continua spedito e complessivamente risulta piuttosto gradevole: i pezzi in scaletta riescono ad esaltare i punti di forza della band e, allo stesso tempo, guadagnano più di qualcosa in termini di vigore rispetto alle versioni registrate. Per quanto riguarda la parte centrale, invece, questa si caratterizza per il predominio di vecchie perle dei Nostri, dalla riuscitissima “Motion Sickness” alla meno impattante “She’s A God”, passando per alcune fan favourite come “Gold Steps” e “Kali Ma”, lasciando così relativamente poco spazio al resto delle canzoni del nuovo album – le sole “Take Me With You” e “We Need More Bricks”, entrambe tra le migliori del set. Nel frattempo, Barlow si ritaglia qualche minuto per ricordarci che per definizione i fan del punk-rock non dovrebbero mai rimanere indifferenti davanti alle numerose ingiustizie sociali che caratterizzano i nostri tempi e, poco dopo, per rendere omaggio ai Descendents, riconoscendo che è in ampia parte merito loro se abbiamo avuto e abbiamo tuttora band punk-rock del calibro di Green Day, The Offspring e Blink-182. E, di conseguenza, anche i Neck Deep. Tornando alle canzoni, è nel finale che i cinque musicisti gallesi si giocano le incendiarie “STFU” e “Can’t Kick Up The Roots”, così come un paio di loro classici, “December (again)” e la romantica “In Bloom”. Dopo circa un’oretta, i ragazzi guidati da Ben Barlow salutano un pubblico decisamente entusiasta e divertito.

DESC
Descendents (ph: Kevin Scanlon)

Alle 22:30 in punto, il pubblico inizia a rumoreggiare e a far partire qualche coro indirizzato a Milo Aukerman. Nel giro di un paio di minuti, tutti e quattro i membri dei Descendents salgono sul palco, e al brusio e ai cori si sostituiscono in fretta il boato e gli applausi, interrotti da una gag di Milo che, con aria fintamente smarrita, chiede ai presenti se effettivamente si tratta del palco del Bay Fest. Da qui in poi, però, per un’ora circa, le chiacchiere sono ridotte praticamente a zero. Solo tanta musica, un’intensità da far invidia e solidità da vendere. Partendo dall’energica “Feel This” e dal classicone “Hope”, la band statunitense inizia ad eseguire un pezzo dopo l’altro, praticamente senza interruzioni, se non quando Milo si ferma a bere un sorso dalla sua praticissima borraccia a tracolla. I ben 33 brani proposti spaziano da più o meno tutta la discografia della band, dalla pietra miliare “Milo Goes To College” (1982) al più recente “9th & Walnut” (2021). Tra gli episodi migliori rientrano sicuramente, oltre ai classici “Hope”, “Suburban Home”, “Myage”, “I’m The One” e “‘Merican”, le aggressive “Everything Sux” e “Coffee Mug”, capaci di trasformare il pit del festival in una vera e propria bolgia. Anche durante i pezzi più melodici – in particolare, “On Paper” e “Smile” – i quattro musicisti non arretrano di un millimetro, mantenendo costanti intensità ed energia, cose che il pubblico pare apprezzare parecchio. Quella dei Descendents è dunque una macchina da guerra ben collaudata, capace “solo” di tirare dritto e alimentata da un Stephen Egerton alla chitarra in forma smagliante. Una macchina da guerra efficace, ma pur sempre dal volto buffo e gentile. Il set si conclude con un’altra gag: Milo annuncia un’ultima canzone (“Smile”) e, dopo averla eseguita, la band lascia il palco in fretta e furia. Giù fischi. Dopo pochi minuti, i Nostri ritornano in scena per un encore composto da un’altra piccola raffica di brani, dalla celebre “Good Good Things” alla bella “Get The Time”, che mette la parola fine alla data zero del Bay Fest 2024.

Lasciando da parte il tono entusiasta, rimane impossibile ignorare e non scrivere qualche riga in merito a ciò che è accaduto al termine della serata, quando una persona che ha assistito al concerto è venuta a mancare verso la fine dello stesso, in circostanze ancora non del tutte chiarite. Parlando a nome dell’intero staff di SpazioRock.it, intendo dunque dedicare un pensiero a Daniele ed esprimere massima solidarietà e vicinanza alla sua compagna, alla sua famiglia e a tutti i suoi amici.

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