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NUOVE USCITERECENSIONI

Avmakt – Satanic Inversion Of…”

Non possedere la forza o i mezzi necessari per compiere determinate azioni si traduce con la parola impotenza, uno stato psicologico – e talvolta funzionale – che influisce in maniera molto pesante sul corso quotidiano dell’esistenza. Avmakt rappresenta la versione norvegese del termine succitato e, soprattutto, il monicker di una nuova entità dei Fiordi, che, in “Satanic Inversion Of…”, esplora quei sentimenti di frustrazione, rabbia e disperazione relativi a una condizione di diffusa inadeguatezza, portando spesso l’individuo a provare un odio viscerale nei riguardi del consorzio sociale. Un duo dai crismi misantropici, dunque, e nativo delle colline di Tårnåsen, un puntino marginale sul mappamondo che, però, diventa d’un colpo rilevante nel momento in cui si scopre la sua natura di frazione di Kolbton, uno dei centri cardine del black metal della second wave. Una notazione geografica che acquisisce ancora più significato e importanza vista l’euforia di Fenriz per la proposta sonora della coppia, un’attenzione critica capace di trainare l’interesse della storica Peaceville Records, sempre vigile nello scovare realtà underground di matrice oscura, benché, in questo caso, i polistrumentisti e singer Kristian Valbo e Christoffer Bråthen appartengano già al novero dei musicisti di una certa esperienza.

I Darkthrone di “A Blaze In The Northern Sky” e in, generale, dei dischi pre-“F.O.A.D.”, costituiscono l’ispirazione fondamentale del gruppo, e siffatta impostazione di base si avverte sin dalla cupa opener “Ordinance”, che, a dire il vero, attinge anche alla gelida tracotanza degli Emperor degli albori per acuire la propria carica di disprezzo verso l’umanità. Il carattere pur tradizionale del songwriting, dunque, non ha un unico vettore d’indirizzo, tanto che con la torrenziale “Poison Reveal”, la band prova ad alzare la posta, abbinando una batteria iperveloce a un main riff incrostato di thrash in stile Katharsis dell’era “666”, per un pezzo invaso da un’atmosfera caliginosa che la produzione moderatamente anni ’90 contribuisce a tratteggiare al meglio. Al centro di tale tetra missiva dal cuore gelido della Scandinavia si trova  “Sharpening Blades Of Cynicism”, un monumentale brano di dieci minuti nel quale la tensione diabolica e oppressiva delle tracce d’abbrivio viene inalveata nelle spire di un’epicità tenebrosa che ricorda i Bathory di “Under The Sign Of The Black Mark”, in particolare la canzone “Enter The Eternal Fire”.

Breve e tagliente, “Towing Oblivion” emerge da una coltre di feedback per fendere le sinapsi dell’ascoltatore attraverso sulfuree accelerazioni modello Celtic Frost, prima di evolvere seguendo le tracce di un groove oscuro e malevolo che calpesta ogni forma di vita intorno e ne saccheggia i residui decomposti. Nel clima sludge à la Craft di “Charred”, invece, le chitarre sprofondano in una palude di sconforto così totale, che, quando il ritmo prende decisamente quota, si viene colti di sorpresa dall’improvvisa eruzione di ostilità. La stessa “Doubt And The Void”  si dispiega inizialmente a guisa di marcia funebre, un’andatura madida di pastose cadenze doom che sembrerebbero accompagnare in eterno il mesto passo delle anime dannate, tuttavia, mentre lo spettro vocale di Nocturno Culto volteggia nel torbido aere, il pezzo intraprende senza pietà il binario sferragliante e minimale tipico del metallo nero delle origini, spalancando le porte di un abisso privo di principio come di fine.

Gli Avmakt, nel debutto “Satanic Inversion Of…”, dimostrano sia di padroneggiare una materia chiaramente old school sia di piegarla alle personali esigenze di scrittura, riuscendo a realizzare un album di contesto superiore, forse, agli ultimi sforzi in studio dei vecchi maestri dell’arte oscura. La guida definitiva per raggiungere l’Inferno e dintorni.

Tracklist

01. Ordinance
02. Poison Reveal
03. Sharpening Blades Of Cynicism
04. Towing Oblivion
05. Charred
06. Doubt And The Void

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