Il 'Liga' Made In Italy, tutto il dolore in un grido d'amore
Da ieri al cinema, il nuovo film di Luciano Ligabue: "Made In Italy"


Articolo a cura di Davide Iannuzzi - Pubblicata in data: 26/01/18

Carisma e pragmatismo, due ingredienti che aggiungono alla terra dei primi piatti un appeal popolare dal gusto forte e inconfondibile da accompagnarsi sapientemente, come da tradizione, con un buon bicchiere di Lambrusco. Il tortellone dop vien sempre col buco e la terra emiliana non risparmia certo uno dei suoi prediletti figli dell'ultimo trentennio, artefice del più grande consenso popolare caratterizzato da dirette intuizioni e spirito di sintesi, muovendosi agilmente in uno spettro di espressioni artistiche di multidisciplinare accezione, al secolo Luciano Ligabue, rockstar con il vezzo della letteratura, il mestiere del cinema, la rabbia e il cuore dell'ex militante politico che combatte per i disagi innescati dal classismo moderno. Morbido e rassicurante l'atterraggio, a ‘Campovolo' come a Roma, per la presentazione del suo terzo film in veste di autore intitolato" Made In Italy" e ispirato al suo recente e omonimo concept album, entrambi uniti in una indelebile affrancatura di un viscerale e irrinunciabile amore per un Paese caratterizzato dal laconico silenzio di chi getta la spugna perché non ha più la forza di lottare.

 

locandinafilmliga

Nella storica sala del cinema Adriano - che nel lontanissimo 27 giugno del 1965 ospitò un leggendario concerto dei Beatles - il rock scende dal palco per lasciarsi filtrare dalla lente d'ingrandimento di un proiettore digitale di ultima generazione. Il pubblico segue le gesta di Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, silenzioso almeno finché il Liga nazionale non entra in sala per raccontare le ragioni di questa sua nuova incursione nella settima arte. Nel film vengono tirati in ballo i vizi fin troppo radicati di un'Italia che langue nella rassegnazione a un cambiamento ancora troppo lontano. Rimane la speranza l'unica virtù, flebile e mai del tutto abbandonata, inseguita dai personaggi della storia, Riko e Sara animati da quel forte bisogno di riscatto sociale dalla forma e dalla dimensione impalpabili di un sogno che si spenge tra le pieghe della quotidianità più motoria e inviolabile, come di un'infinita attesa di radicale cambiamento. Il senso di impotenza nell'incastro di un ingranaggio troppo avviato per poterne invertire la funzione. Chissà cosa sarebbe stato Luciano Ligabue senza il provvidenziale incontro con il mecenate di turno. Un operaio di fabbrica vittima dello sfruttamento e del capitalismo? I trascorsi di metalmeccanico avrebbero forse potuto avere una continuità storica, perché no. Nel mondo della musica il produttore segna i destini tanto quanto nel cinema. E questo lo sa bene Domenico Procacci che accompagna il Liga, assieme all'intero cast del film, nell'incontro con la stampa avvenuto nella mattinata di lunedì 22 gennaio. Cinema e musica possono essere linguaggi diversi solo in apparenza. Esistono immagini che la musica ha il potere di evocare quanto una impeccabile musicalità nel dipanarsi di realtà visive proiettate su un maxi schermo, nella loro scansione ritmica e armonica combinazione. L'artista cinquantottenne di Correggio si concede a SpazioRock quando gli viene chiesto di precisare il momento in cui l'album "Made In Italy" potesse risultare già film prima ancora che egli iniziasse a scriverne la sceneggiatura.

 

 

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‘"Made in Italy" nasce come un progetto balordo. E' anacronistico fare un concept album negli anni duemila. Sono consapevolissimo di come mediamente venga ascoltata la musica oggi, con una certa velocità. Un concept album è chiedere di ascoltare un album intero per seguire una storia e questo oggi è al limite della presunzione. Ma era proprio quello che volevo fare a quel punto della mia carriera. Detto questo ho chiamato Procacci che si è negato senza neanche rispondere alle telefonate - con lo sguardo divertito di Domenico Procacci che è accanto a lui, ndr. - . L'album gli piaceva e io ho visto cadere la scusa che avevo per buona. Parliamoci chiaramente; fare film è un mestiere faticosissimo, lo è per me che sono abituato a fare i conti con le emozioni che fluiscono. Tu vai sul palco, lasci che le canzoni escano, le canti, le senti e le vedi cantare dagli altri ed è tutto un fluire di emozioni. Fare film è diverso e usando un termine bruttissimo è un po' come ‘progettare' le emozioni, fai in modo che una serie di ‘pezzettini' di pochi secondi riescano, attraverso un processo mentale, a produrre un impulso che tu vorresti che fosse di cuore. Io volevo che questo film fosse proprio così, e tutto questo ha fatto in modo che io mi riavvicinassi alla regia, a parte le battute, - ancora provocatorio per un altro ghigno di Procacci, ndr. - per il fatto che ormai non avevo più la scusa di non avere una buona storia, scusa che mi ha accompagnato in tutti questi anni in cui mi son sempre detto che avrei fatto un film solo se avessi avuto una storia da raccontare. Una fatica così la evito se posso. Questa volta la storia ce l'avevo. E a quel punto Procacci ha finalmente risposto al telefono'.




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