Le sette vite di Solomon Phillips
Un vampiro alla ricerca della melodia eterna in un originale "mediometraggio musicale".


Articolo a cura di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 15/10/14

Strana occasione all'Auditorium San Fedele di Milano, struttura generalmente legata a iniziative culturali di carattere prettamente religioso: va in scena, per la sua prima proiezione al pubblico, un "mediometaggio" dal carattere a metà strada tra il videoclip e il musical, tra la storia d'amore e la commedia del grottesco. "Le sette vite di Solomon Phillips" ha come protagonista un vampiro, capace di piegare alla propria volontà qualsiasi essere umano con la musica da lui composta, e impelagato in una vita immortale e interminabile destinata ad uno specifico scopo: trovare la tanto fantomatica e sfuggente "Melodia Eterna".

 

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Ideata, sceneggiata e interpretata da Lods, (che ha anche curato per intero la fondamentale colonna sonora, che si muove tra tratti semi-apocalittici in latino, leggerezze da alternative italiano e riff hard rock), l'opera è affidata alle telecamere di Stefano Poletti (esperto realizzatore di clip per parecchi nomi dell'ambiente musicale italiano, tra cui Appino, Punkreas, Baustelle, Tre allegri ragazzi morti, The Zen Cirus, Il Pan del Diavolo) ed è suddivisa in tanti videoclip quante sono le "vite" citate nel titolo, che vedono Salomon trovare l'amore della sua lunghissima vita in Tulipania (Silvia Coppola) e attraversare, accompagnato dall'attrice di cinema muto Cabiria (Missi Cavelli) le più svariate finestre temporali, dagli anni del nazismo agli acidi anni '60. A inframmezzare i capitoli dell'opera saranno le parentesi narrative della stessa Cabiria, volte ad approfondire il personaggio di Solomon più di quanto facciano i testi delle canzoni -sempre in prima persona-; ad aprire e chiudere un simpatico siparietto con un sempre caustico Andrea Pinketts nelle vesti di produttore, intento virtualmente a "valutare" il film insieme al pubblico in sala.

 

solomonspec04Ed è lo stesso Pinketts a moderare e a guidare la presentazione del film alla platea, spendendosi in elogi alla sua particolare natura senza voler anticipare nulla della sua trama: "E' un film particolarissimo, un film aperto a varie contaminazioni. A me piacciono le tragedie, le farse, l'orrore e il delizioso quando riescono a fondersi in un'opera. Il film di cui sto per non parlarvi è, ribadisco, un film che in parte mi assomiglia, in quanto pieno di apparenti contraddizioni. E' un film muto parlato, un film in bianco e nero a colori, un film assolutamente visto perché in questo straordinario calderone delle streghe forse c'è una pozione magica per i suoi spettatori". Caratteristiche variegate per le quali lo scrittore trova anche paragoni di spessore: "Un film con tantissime chiavi di lettura, che ha a che fare con quei film prodotti da Roger Corman, con Vincent Price e Christopher Lee, in cui la differenza tra terrore e umorismo era sottilissima. In questo film c'è addirittura qualcosa di più: c'è una sorta di poesia sotterranea che lo pervade, c'è una genialità morbosa e provocatoria."

 

Una sfida non semplice ma interessante per Poletti (definito dall'ospite d'onore Pino Farinotti, critico cinematografico celebre per il suo Dizionario, "un superdotato dell'immagine, dotato di un'estetica favolosa"): "Ho capito che era un'idea che poteva subito legare con la mia vena narrativa per i videoclip musicale. E' un prodotto particolare, nel senso che è un mediometraggio musicale, in cui la musica ha la meglio: il racconto si sviluppa sulle musiche di Lods. Questo film è in realtà un grosso videoclip, quindi in realtà non abbiamo l'opportunità di fare una narrazione molto legata alla tradizione narrativa cinematografica. Ma forse è stato anche un bene: sono pagine asservite alla musica, quindi per forza di cosa mi verrebbe da dire quasi un 'videoclippone' gigante. La narrazione è un po' spezzettata, ma come i videoclip sono sicuro che prenda valore alla seconda, terza visione."

 

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Sarà proprio Lods a chiudere la conferenza, raccontando, con umiltà ("alla fine di un lavoro di questo tipo, e questa è la cosa più esagerata che abbia mai fatto, ho sempre una fase di rigetto clamoroso, che adesso ho un po' superato. Non mi piace autoelogiarmi") la genesi del suo progetto: "Come tutte le idee stupide o intelligenti, è un'idea nata un po' per casa, in maniera un po' autonoma: sia il titolo, sia il nome del personaggio, sia la trama di base, mi è uscita così, non saprei dire come, veramente. Poi ci ho lavorato sopra per dei mesi, ho lavorato sui testi, sulla musica, sugli arrangiamenti, ma l'idea di base è sicuramente un'idea inconscia. Mi sono preso un anno di pausa dal mio mestiere, che ho ripreso da poco [Lods nella vita fa il professore, ndr] e adesso siamo qui". Per concludere, infine, con una rapida e incisiva chiave di lettura della sua opera: "Nel film parlo dell'eterno ritorno, ma non è la chiave di lettura che prediligo. Per trovare una parola, per essere stringato, dico una parola di cinque lettere: amore."




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