I cento migliori dischi AOR: il meglio del rock degli anni '80
Tsunami Edizioni vi invita a scoprire la musica rock che ha scaldato i cuori di intere generazioni


Articolo a cura di Luca Ciuti - Pubblicata in data: 29/04/14

Nelle note introduttive de "I 100 migliori dischi AOR" (Tsunami edizioni: un nome, una garanzia ormai) vi è una definizione che descrive in modo esemplare il movimento simbolo di quei meravigliosi anni '80: diversamente da tanti altri sottogeneri, l'AOR non ha (o non aveva, perlomeno) una scena underground, non ha un codice di comportamento o un look che contraddistingue i suoi "adepti". E' la musica per tutti, dall'ascoltatore distratto al rockettaro intransigente. L'AOR è un genere inclusivo, apprezzabile da chiunque e libero da dogmi, ed è questa la chiave di lettura della sua popolarità (pensiamo alle colonne sonore di film come "Rocky"), di un genere associato quasi di diritto al decennio più spensierato che si ricordi a memoria d'uomo.

100miglioridischiaro_specialeIl libro è figlio di due giornalisti cultori del genere e di una passione che travalica stagioni e confini, come si evince dalla colorita introduzione. Riassumere un genere in cento dischi potrebbe sembrare un'operazione didascalica e pretenziosa, ma i due autori ci riescono benissimo, forti di una competenza e una conoscenza costruita prima di tutto da autentici fans. In rigoroso ordine alfabetico li libro traccia un ritratto fedele e indelebile di un'epoca e di un genere accantonati con troppa fretta dalla critica che conta. Dal ruolo imprescindibile di bands come Journey, Foreigner, Toto e Survivor, cui viene geometricamente tributato il maggior numero di dischi nel volume, passando per gli artisti che transitati temporaneamente fra queste sonorità, Magnum, Bryan Adams, ma anche Michael Bolton e Adrian Smith degli Iron Maiden. Senza dimenticare ovviamente, le classiche meteore o capolavori sconosciuti ai più che hanno mancato per un soffio l'appuntamento con la gloria.

Ciascun lettore potrà divertirsi a costruire la sua ipotetica top 100, fra illustri esclusi e dischi da riscoprire, e se per il sottoscritto avrebbero senz'altro trovato posto Styx, Fair Warning, i Kiss di "Crazy nights" e gli Whitesnake di "1987", va riconosciuto a Dileo e Canali di aver riempito una casella rimasta criminalmente vuota nella sempre più succinta bibliografia hard n' heavy. L'unico appunto che potremmo muovere al libro è la scelta di limitare l'arco temporale dell'opera agli anni '80 (salvo qualche rara eccezione, gli Asia di "Aqua", i Giant e poco altro). Come giustamente fanno notare gli autori, lo sviluppo della Rete ha contribuito non solo a riportare in auge sonorità riposte nel cassetto, ma anche a creare una scena "underground" che almeno inizialmente è mancata. In tal senso, qualche parola sull'Italia si potrebbe spendere (Myland, Phoenix Rising), per non parlare poi di chi negli anni all'AOR si è in parte convertito (un nome su tutti: Michael Kiske), ma questo potrebbe essere già lo spunto per il prossimo libro...




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