Frontiers Music: le uscite di marzo 2020
L'etichetta italiana cala il settebello: Allen/Olzon, Blue Öyster Cult, Harem Scarem, Khymera, Novena e Semblant


Articolo a cura di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 11/03/20
Marzo ricco di uscite in casa Frontiers, ben sette tra reissue, graditi ritorni e interessanti esordi. Analizziamo nel dettaglio, dunque, il policromo scenario musicale che la label nostrana è in grado di esporre agli affezionati ascoltatori questo mese. 


anettefrontiers2020intCosa succede quando Russel Allen (Adrenaline MobSymphony X) e Anette Olzon, ex cantante dei Nightwish e attualmente in forza ai The Dark Element, decidono di unire le relative ugole sotto la regia di Magnus Karlsson, già deus ex machina del progetto Allen/Lande? Ebbene, da un triumvirato di tale levatura, non può che scaturire un "Worlds Apart" forse un po' algido, eppure assolutamente di buon livello: costruito in modo da esaltare le doti canore degli interpreti, singolarmente e in duetto, il platter brilla soprattutto per le qualità scrittura dell'axeman di Primal Fear e Starbreaker. Lo svedese cuce su entrambe le vedette una veste metallica esplosiva e scintillante, sorretta da strati di sintetizzatori semi-sinfonici e da una produzione bombastica: la sapida e allettante ricetta per attrarre ulteriori accoliti alla causa. 
 
 
Doppia release per i Blue Öyster Cult, impegnati da tempo nell'ampliamento del proprio catalogo. Nel caso presente, la pubblicazione riguarda dischi che, in un modo o nell'altro, marcarono un importante spartiacque per gli statunitensi. Il primo, "Agents Of Fortune" (1976), delineò la svolta commerciale e stilistica del quintetto, che scelse, con successo, la via dell'hard rock accattivante, teatrale  e quasi completamente depurato dagli aspetti brumosi e psichedelici dei lavori anteriori. Non all'altezza di opere prototipo quali "Tyranny And Mutations" (1973) e "Secreate Treatise" (1974), ma basta una hit indimenticabile del calibro di "(Don't) Fear The Reaper" - e lo zampino di Patti Smith nel processo compositivo - per considerare "Agents Of Fortune" una delle prove più efficaci del combo. E il "Live 2016" lo conferma appieno.

Il secondo, invece, "Heaven Forbid", costituì la rentrée in studio dell'act dopo tredici primavere di assenza, con in carreggiata i soli superstiti Allen Lanier, Buck Dharma ed Eric Bloom, e una cover horror che all'epoca subì la censura nei mercati europeo e giapponese; ulteriore cambiamento, la redazione dei testi vide protagonista l'autore cyberpunk John Shirley. Le liriche, insieme agli arrangiamenti, rappresentarono il tallone d'Achille di una tracklist comunque discretamente bilanciata, in cui vibrazioni thrashy e rotondità mainstream si fondono in brani semplici e scorrevoli. Smarrita inevitabilmente la carica propulsiva del passato, i Blue Öyster Cult entrarono di diritto nelle stazioni radio FM: poco male, perché "Heaven Forbid", squisitamente rimasterizzato da Alessandro Del Vecchio, si fruisce ancora oggi con grande piacere.
 
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Quando si parla di melodic hard rock di grana fine, alla mente saltano subito i canadesi Harem Scarem, attivi sin dal 1987: attento a restare agganciato al treno della modernità galoppante, il binomio formato dall'inventiva chitarra di Pete Lesperance e dalla straordinaria voce di Harry Hess, non conosce alcuna battuta d'arresto. Anche l'ultima fatica "Change The World", benché lievemente inferiore al precedente "United" (2017), non mostra grossi punti deboli: gli irresistibili refrain, i ritmi sostenuti, i cori estremamente curati, ingredienti principali del trademark dei nordamericani, vengono condensati in pezzi disinvolti e dalla sicura resa on stage, mentre la sezione ballad non difetta di spettacoli di accesa dolcezza. Welcome back!
 
A un lustro dall'ottimo "The Grand Design", i Khymera mettono a segno il quinto sigillo senza mostrare cali di livello, nonostante la difficoltà nel conservare una formazione stabile. Dennis Ward (Pink Cream 69Unisonic), ormai unico membro fisso del roster dal 2005 e assoluto padrone della band, rivoluziona la line-up, eccezion fatta per il tastierista Eric Ragno, e ricama, a sua immagine e somiglianza, un "Master Of Illusions" catchy e coinvolgente. AOR ruvido ed energico, decisamente Eighties nell'impostazione, ricco di frizzante leggerezza e di assoli piazzati sempre al punto giusto: "Walk Away", "Follow The Sun", "Victim Of Your Love" bucano decisamente le casse, "Father To Son" si candida a torch song dell'anno. Sugli scudi.
 
Debutto sulla lunga distanza per i britannici Novena, ensemble progressive che annovera artisti del valore di Ross Jennings (Haken) e Gareth Mason (Slice The Cake). Concept album incentrato sul destino escatologico che collega uomini di evi e luoghi disparati, "The Eleventh Hour" si rivela un camaleontico mosaico di stimoli (bossa nova, flamenco, death, grunge, hard rock, jazz, mathcore) gestito in maniera elegante e fantasiosa. Complesso e facilmente assimilabile, l'opus snocciola pezzi immediati ("Sun Dance", "Disconnected", "Sail Away", "Indestructible"), lunghi tour de force ("22:59", "Corazón"), suite architettate con sapienza ("Lucidity", "The Tyrant", "Prison Walls"): difficile resistere a tanta abbondanza. Giù il cappello.
 
Gothic metal a tinte melo-death quello che propongono i Semblant nel nuovo disco "Obscura": nulla di molto diverso rispetto agli scorsi full-length e limitati passi in avanti per i brasiliani, sebbene emergano miglioramenti come la crescita del feeling tra il growl di Sergio Mazul e le timbriche femminili di Mizuho Lin. Al netto di un lavoro dietro la console che tende a esaltare soprattutto il fastoso dialogo delle ugole, la scaletta alterna, senza impacci, cadenze rapide al limite del power e cupi mid-tempo atmosferici. Consigliato specialmente ai fan accaniti del genere.
 
 
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