Gary Moore, in viaggio verso Roisin Dubh ...
Addio ad uno dei piu' grandi chitarristi della storia del Rock vero.


Articolo a cura di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 08/02/11
Ci sono occasioni che nella tua vita non puoi perdere, specie quando la dama con la falce si frappone tra te e gli artisti che ami di più. La loro musica vive per sempre nei loro dischi, nei vinili, negli odiati MP3, nelle parole dei fan e di chi cerca di emularli, quando ci si approccia per la prima volta ad uno strumento, qualsiasi esso sia. Tuttavia, fisicamente, loro non ci sono più, in viaggio verso l'ignoto ed ad oggi non sembra esserci ritorno. Questa spirale di morti illustri era partita con The Rev (Avenged Sevenfold), Pete Steele (Type O Negative), Paul Gray (Slipknot), Steve Lee (Gotthard), per poi arrivare al grande Ronnie James Dio e tanti altri che ci hanno lasciato e non si potranno mai più vedere suonare su un palco, in mezzo alla gente festosa. Ed oggi, arriva anche la scomparsa di Gary Moore, un titano della chitarra per la sottoscritta.


Appena ho saputo della sua morte, non sapevo se prendermi a testate contro il muro, o se semplicemente rimanere lì addolorata a fissare il nulla. Già, perché con tutte le occasioni che ho avuto per poterlo vedere negli ultimi anni, mi sono sempre detta che l'avrei fatto, prima o poi, rimandando il tutto. E l'ultima volta, potevo andarmelo a vedere a Milano, lo scorso Luglio. Non ricordo perché non ci andai, fatto sta che ora non potrò mai vederlo e sentire la bellissima "Over The Hills And Far Away", od "Out In The Fields", che mi ha fatto sempre sognare l'Irlanda, con un'inaspettata grinta e solarità. E non potrò mai dare pace al mio cuore di fronte a "Still Got The Blues", che è sempre in grado di commuovermi, in qualsiasi momento.


Inutile parlare della sua classe, della conoscenza dello strumento, della tecnica. Per la sottoscritta, questi discorsi sfumano di fronte ad un vuoto che sai che non verrà mai colmato da nessuno. Da un lato, sei felice perché l'hai potuto conoscere in qualche maniera, attraverso la sua musica e le sue emozioni. Dall'altro non ti capaciti della perdita, e diventi geloso ed irascibile di fronte a qualcuno che cerca di dirti che c'erano musicisti di gran lunga superiori a lui. Fior di nomi che non ti dicono nulla, se non che Gary Moore era IL chitarrista: completo, che non faceva solo blues, che non si era dedicato solo all'hard rock ed al metal. Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da esplorare, da poter dominare con la sua chitarra. Chissà perché, io ci ho sempre sentito un tocco di folklore in "Over The Hills And Far Away" ... Quando si dice che un artista non lo puoi incasellare in un genere, secondo me è qualcosa di positivo, perché vuol dire che non hai mai smesso di credere in quello che fai, e non hai smesso di credere nello strumento d'elezione. Questo per me era Gary Moore.


Gary, mi mancherà il tuo modo personale di suonare, la tua maniera di fare musica, ma stai certo che tanti musicisti ti hanno sempre considerato un modello da seguire. Ciò che hai seminato, non verrà mai sprecato, verrà fatto fiorire con cura e si mescolerà a quanto di buono la musica di oggi riesce a dare all'ascoltatore. La musica è un viaggio lunghissimo, tanto più grande delle nostre vite (purtroppo). Sei stato un personaggio a modo tuo, con i tuoi difetti ed i tuoi grandi pregi. In questo momento trovo fuori luogo dar peso a come tu te ne sia andato, se sei morto da rockstar sbronza o da semplice persona che non stava bene, con i primi acciacchi che ti stavano presentando un po' il conto, dopo qualche bagordo nei decenni passati. L'importante è il bene che hai fatto nella musica e la positività che hai trasmesso. Il resto, i nei ed i difetti lasciano il tempo che trovano, e l'ho imparato a mie spese, perdendo persone care a mia volta. Meglio ricordare i tempi felici nella tristezza del vuoto.


Mi viene in mente un giorno piovoso, mentre camminavo per Dublino e vidi la statua di Phil Lynott, il tuo grande amico e compagno di avventura nei Thin Lizzy. Subito avevo pensato a te, e che mi sarebbe piaciuto vederti ad un concerto. Ora che non l'ho fatto e non lo potrò più fare, me ne pento amaramente. Però, ora sono certa che ora sei con Philo, al di là delle colline, molto lontano, a suonare di nuovo assieme, come nel bellissimo "Black Rose: A Rock Legend" ...


"Oh, tell me the legends of long ago
When the kings and queens would dance in the realms of the Black Rose
Play me the melodies so I might know
So I can tell my children, oh ...
"


Al di là delle colline, molto lontano, spero che tu sia in questo regno di Róisín Dubh, ad incantare chi non c'è più, con la chitarra e le tue note magiche.




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