SpazioRock presenta: Back Catalogue #3
Con Arcangelo Accurso indaghiamo la scena rock inglese dei gloriosi anni '70


Articolo a cura di Arcangelo Accurso - Pubblicata in data: 03/04/12

BACK CATALOGUE #3: BUDGIE

Nell’Inghilterra agli inizi degli anni '70 una distinzione fra hard rock e heavy metal era davvero necessaria? In quell’epoca, in cui band solitamente di quattro membri con chitarre, basso e batteria facevano musica in libertà, offrendo diverse interpretazioni di un’espressione che in fondo era la stessa e che alla fine si proponeva di portare il blues ad un livello ulteriore, definire quell’istinto semplicemente rock in fin dei conti non era già sufficiente? Sarebbe davvero interessante sapere cosa ne pensano a riguardo Tony Bourge e Burke Shelley, che a Cardiff nel 1967 formarono i Budgie. Fra l’altro il nome del gruppo letteralmente sta per “pappagallino” che, per quanto si debba intendere in senso ironico, non pare un elemento adatto ad inserirsi nell’iconografia metal; è un’immagine troppo delicata e colorata.

Nei fatti il gruppo gallese, che arriva con l’album omonimo alla prima produzione discografica con la MCA solo nel 1971, suona appunto blues rock al 100%, cioè né più né meno di quello che facevano in quel momento ad esempio i Led Zeppelin. Non sembra credibile? Basta ascoltare “Nude Disintegrating Parachutist Woman” e nel caso correggere lo sbaglio. E chissà come la vedono i Metallica o i Soundgarden, che hanno voluto rivisitare alcuni dei loro brani in maniera opportunamente più dura. Ma in un battito d’ali l’uccellino ha già preso il volo e l’anno dopo si è trasformato in un caccia a reazione nell’album “Squawk”; e infatti si è un po’ incattivito, senza però abbandonare le influenze blues o rinunciare ad intermezzi che addirittura sembrano riportare ai Beatles, lasciandosi libero (come chi volteggia) di proporre brani molto diversi fra di loro. Anche se è nel 1973 che la traiettoria dei Budgie arriva davvero alla stabilità e raggiunge una propria fisionomia più definita, con la pubblicazione di “Never Turn Your Back On A Friend”; un album che ha una sua omogeneità, una sua univocità espressiva, denuncia una scelta specifica dei suoni, della ritmica, finalmente orientata ad un rock-blues più indurito, graffiante, ma sempre nitido e volutamente accessibile. È il disco del loro definitivo successo, che però raggiungono senza derogare a sé stessi, senza assumere atteggiamenti accomodanti; non vogliono essere accondiscendenti né ammiccanti, ma solo continuare come avevano sempre fatto a trasmettere energia pulita e divertimento, semplicemente rock, prendendosi anche la libertà di imporre un brano espressivamente del tutto estraneo come “Parents”.

budgie_backcatalogue3_02Il successivo “In For The Kill!” mostra un’ulteriore evoluzione, con l’adozione definitiva di un suono pienamente rock, mantenendo però una scelta descrittiva ampia e strumentale che ancora si rifiuta di concedersi alla forma canzone; i richiami al blues sono evidenti, così come alcune assonanze abbastanza esplicite ancora coi Led Zeppelin. Nel 1975 con “Bandolier” il gruppo conserva la sua coerenza offrendo però una maggiore varietà nella proposta dei brani; “Breaking All The House Rules” sembra quasi echeggiare gli AC/DC, “Who Do You Want For Your Love?” introduce addirittura elementi funk, mentre la seconda facciata si snoda su spunti melodici più vicini all’espressione rock tradizionale del periodo. Questa impostazione viene confermata pure nei successivi lavori del 1976 e del 1978, anche se col tempo il gruppo arriva ad accettare forme più concise di esposizione ed “Impeckable” è poco aderente al suo nome, un album più pensato e meno spontaneo dei precedenti, per quanto sincero. Anche per questo, dopo otto anni di puntuale e incessante attività produttiva, Tony Bourge considera conclusa la sua collaborazione col gruppo e lascia la band. Ciononostante sembra apprezzabile anche la freschezza di alcuni episodi successivi, come ad esempio in “Power Supply”; infatti il gruppo non si è mai abbandonato a manifestazioni scontate. Ma a lungo andare il suo atteggiamento ha subìto l’influenza prevalente del tempo, appiattendosi.


Nonostante i cambiamenti imposti dal clima generale, con la loro produzione i Budgie hanno dimostrato una totale fedeltà verso la chiave rock, con una credibilità così evidente da aver influenzato gruppi come Iron Maiden, Van Halen e Metallica. In armonia con l’immagine che si sono scelti, hanno dimostrato che il rock è semplicità, energia colorata, dove leggerezza non significa inconsistenza, ma capacità di trasmettere emozioni dirette e comprensibili per tutti. La loro bravura è stata anche nell’aver saputo continuare ad esprimersi secondo la propria originalità, sapendosi rinnovare senza accettare di seguire per forza i dettami musicali che troppo velocemente si susseguivano all’epoca, imponendo cambiamenti funzionali più che altro alle necessità del mercato. Uguali a sé stessi, ma coerenti; mai banali o ripetitivi, anche pubblicando ogni anno. Al punto che la loro attualità sta nel far sembrare ancora oggi semplice proporre a ripetizione un hard-rock liscio e schietto, quando un’operazione tanto semplice non lo è. È già un prodotto d’annata invece, invecchiato e maturo; anche se non lo sembra.




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