SpazioUnderground - Bet On Them: The Stone Garden
Scommesse sull’Italia che vuole emergere


Articolo a cura di Stefano Torretta - Pubblicata in data: 07/01/20

Il sottobosco delle band in crescita, l’underground italiano: uno sterminato movimento di gruppi che cercano di emergere, di mostrare al grande pubblico le proprie capacità in ambito musicale. L’Italia, patria di poeti e navigatori, è anche patria di ottimi musicisti, che quasi mai hanno la giusta visibilità. Bet On Them è una finestra su questa Italia troppe volte nascosta.

 

 THE STONE GARDEN

 

provenienza: Bergamo | genere: rock

 

the_stone_gardenspeciale202001
 

La band

 

Con le parole di Claudio “Klod” Brolis, cantante e leader del gruppo bergamasco:

Gli Stone Garden nascono nella primavera del 2015. O meglio, nel 2011 quando io militavo nei The Presence e Carlo Lancini (chitarra) nei Mojo Filter, dopo un suo concerto ci siamo promessi che un giorno avremmo fatto qualcosa insieme. E così è stato: nel 2015 Marco Mazzucotelli (lead guitar) e io, che nel frattempo stavo lasciando i The Presence, lo abbiamo chiamato per formare i The Stone Garden. Da lì è stato un attimo far scattare la scintilla.
Nei primi periodi abbiamo messo a fuoco il progetto grazie a validi musicisti quali Guido Locatelli (basso) e Michael Abruzzese (batteria). Poi, nel 2016 abbiamo chiamato Francesco Bertini alla batteria e, all’inizio del 2018, poco prima di registrare “Brand New Day”, Daniele Togni (basso) si è unito alla band. Daniele ha lavorato diversi anni con me, Marco e Carlo in varie formazioni e quindi riaverlo a bordo è stato un piacere.


Progetto recente, ma se si va a vedere l’anagrafe dei singoli componenti ci si accorge di quanta esperienza maturata sul palco ci sia dietro:

Molti anni fa con i No Quarter avevamo provato la strada “indipendente”. Con me c’erano già Marco Mazzucotelli alla chitarra e Daniele Togni al basso. L’esperienza è stata intensa e formativa. Poi ho passato una decina d’anni girando in lungo e in largo il nord Italia con i The Presence, fino a quando, insieme alla nascita di mio figlio, ho deciso di voltare radicalmente pagina, rimettendomi in gioco su cose “mie”, con la consapevolezza delle difficoltà e l’esperienza maturata “on stage”. Tant’è che l’obiettivo dei The Stone Garden, che per noi è un patto di sangue, è registrare sempre live in studio per non perdere l’alchimia e riversare su CD l’energia che abbiamo dal vivo.

 

L‘album

the_stone_gardenblack_magiccover2019Black Magic” (2019) è un interessante tuffo nel passato capace però di non suonare per nulla vecchio. Fin dalla title track, le influenze sono ben evidenti, ma vengono presentate con il tocco personale di Brolis e soci. Chi ha avuto l’occasione di ascoltare il precedente “Brand New Day” (2018) si accorgerà immediatamente dell’evoluzione che la loro musica ha subito:

“Brand New Day” era un’urgenza. Avevamo voglia di entrare in studio e incidere alcuni brani che stavamo già proponendo dal vivo. L’orientamento era molto '70s. Il disco è stato registrato praticamente in un giorno e mezzo.
Con “Black Magic”, sempre registrato live in studio, abbiamo deciso di non proporre nessun brano dal vivo fino all’uscita del disco. Abbiamo anche deciso di ascoltare alcuni istinti più reconditi che toccano diversi panorami musicali, con influenze anni ottanta e riferite anche ai primi anni novanta, con qualcosa di Black Sabbath e qualcosa di più attuale, come i Rival Sons. “Black Magic” è stato costruito appoggiando al nostro sound una serie di caratteristiche diverse.

Parole perfette per descrivere l’album. Il lavoro svolto è ottimo, i brani proseguono senza stancare, il combo bergamasco ha ben presente quale direzione vuole seguire e non si perde in inutili fronzoli. Brolis è il frontman giusto per questa band e sull’album ne dà ampiamente prova, con una duttilità che nel brano “Rock Damnation” arriva dalle parti di Glen Danzig. Quando sembra di aver ormai inquadrato i The Stone Garden, sono capaci di tirare fuori due brani come “Better Than You” e “By My Side” che in qualche modo spiazzano e che aggiungono ulteriore spessore al loro sound:

In una trasferta piuttosto lunga, Francesco Bertini fece ascoltare un paio di dischi dei Cult a Carlo Lancini, praticamente in loop. A distanza di qualche settimana, sempre su un riff di Marco Mazzucotelli è arrivata “Better Than You”.
“By My Side” è stato l’ultimo brano scritto poco prima di entrare in studio. È nato naturalmente e in pochissimo tempo. Non so dirti da dove sia partito. Ma mentre la stavamo suonando siamo andati tutti nella stessa direzione.


Con una discografia che in soli cinque anni ha già dato alle stampe ben quattro album – “Live In Studio (EP)” (2015), “Theater Session” (2016), “Brand New Day” (2018) e ora “Black Magic” (2019) – la band ha energia da vendere e non sembra intenzionata a fermarsi. La vena creativa sembra estremamente florida:

Marco Mazzucotelli sforna riff in continuazione e da lì in poi tutti contribuiamo alla creazione dei brani. Lavorare insieme è sicuramente più prolifico ma presuppone il compromesso, che si traduce anche nel fatto che le idee che per un brano si scartano, poi possono tornare utili per un altro.

È già stato realizzato un video dalla title track, un ulteriore tassello che permette di farsi un’idea più approfondita del progetto The Stone Garden:

Al di là dell’apertura quasi psichedelica a metà del brano, la canzone è piuttosto semplice sia nel sound che nelle tematiche. “Black Magic” parla del segno che rischia di lasciare in un uomo l’amore, soprattutto se non corrisposto. Nella storia del video il tatuaggio è stato utile: ti lascia un segno indelebile.
L’orientamento minimale del video è un po' la nostra caratteristica, che credo riproporremo anche in seguito.

 

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Emergere in Italia o emergenza Italia?

Vivere di musica in Italia è raramente possibile. Di sicuro meno frequentemente rispetto ad altre nazioni europee. Visto l’ampio numero di band che cercano di mostrare al pubblico - spesse volte disinteressato - cosa sono in grado di fare, la presenza di etichette medio/piccole che troppe volte se ne approfittano delle band, la situazione nella nostra nazione non è delle più rosee:

Pensiamo che sia tutto uno schifo. L’industria discografica italiana, radio, SIAE e televisione hanno abbassato drasticamente il livello di curiosità del pubblico, sempre più alla ricerca di prodotti “usa e getta”, anche in ambito musicale. Credo che oggi nessuno (o pochi) si affezioni più a un nuovo disco o a un artista emergente, soprattutto se non proposto dalla televisione, che ha fatto il lavaggio del cervello al pubblico.
Sembra assurdo, ma forse la salvezza sta nella rete e in particolare YouTube, forse più di Spotify o altre piattaforme. E soprattutto devi crearti un network che possa anche seguirti dal vivo.
Il resto è una cattedrale che sta franando.


Anche la dimensione live in Italia è ai minimi storici: i grandi gruppi continuano a racimolare date e pubblico, mentre i medi e piccoli gruppi cercano di vivacchiare, anche per mancanza materiale di spazi dove suonare e per poco interesse da parte del pubblico:

Si torna al punto di prima: devi cercare di crearti un network e portare il tuo pubblico nei pochi spazi a disposizione. Devi intercettare pazientemente gli interessati, che purtroppo son sempre meno. Dalle nostre parti c’è il caso dei Folkstone, che in una quindicina d’anni si sono costruiti un pubblico di tutto rispetto per presenze e affezione. Per certi versi, vogliamo pensare che ci sia della speranza. Abbiamo il dovere di crederci e lavorare sodo!

Parole interessanti, che trasmettono perfettamente l’idea del baraccone Italia visto da chi ci si trova in mezzo. Parole di artisti che non sono alle prime armi, che hanno già avuto modo di spendere anni sui palchi e che nonostante tutto, ancora ci credono:

Siamo smaliziati, con i piedi per terra e piuttosto concreti.
Comunque, in cima alla lista ci sono la necessità di lavorare l’uno con l’altro e la necessità fisiologica, frutto dei nostri curriculum, di continuare ad esibirci dal vivo e con continuità. Vogliamo anche continuare a crescere in termini musicali, di credibilità e pubblico.


Fa piacere vedere come, dalla base della piramide, provengano questi segnali. Vale la pena, allora, puntare su di loro, riprendendo il titolo di questo articolo, quel Bet On Them che fa tanto Stati Uniti d’America ma che vuole comunque guardare nel nostro orticello? Hanno effettivamente quella scintilla che permette ad una band di fare il salto di qualità e di raggiungere il grande pubblico?
 
I The Stone Garden suonano “loud and strong”. Non ci risparmiamo e, come succedeva una volta, il disco è il pretesto per venirci a vedere dal vivo, che sicuramente è la nostra dimensione. Fortunatamente i fan di questi generi hanno ancora rispetto per chi suona mettendosi in gioco.

Non si può che essere d’accordo.



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