Horisont
Sudden Death

2020, Century Media Records
Rock

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 15/05/20

Ormai non sono dei pivellini gli Horisont, dall'alto dei quattordici anni di carriera: allontanatisi da tempo e definitivamente dal proto-metal che ne caratterizzò gli esordi, gli svedesi, da "Second Assault" (2012) in poi, hanno diretto il proprio interesse ai fecondi anni '70 e alle sue varie declinazioni, dimostrando una vena sempre più melodica e "leggera". Un album di carattere vintage, dunque, questo "Sudden Death", arrangiato con spirito pop e attenzione al minimo dettaglio, che suona come una rielaborazione formale di un preciso periodo creativo, tra spunti autoriali e impulsi nostalgici continuamente sovrapposti e disfatti.

Un po' la versione 3.0 di ciò che all'epoca rappresentarono i The Darkness - oltretutto inclusi nella cospicua rete di rimandi interni intrecciata nel disco -, il combo scandinavo bussa alla porta del classic rock nello stile musicale come nel look. Pantaloni a zampa d'elefante, capelli lunghi, baffoni spioventi, occhiali da sole affumicati: la formazione di Göteborg non nasconde la propria passione, traducendone lo spirito attraverso la proposizione di undici brani di volta in volta pomposi, incisivi, spensierati. Chitarre, pianoforte e tastiere fanno da asse portante del lotto, si scambiano senza sosta il ruolo di cicerone, sorreggono il timbro ozzyano del singer Axel: dai Queen ("Free Riding") ai Dire Straits ("Pushin' The Line"), dai Deep Purple ("Breaking The Chain") agli Status Quo ("Hold On") sino ai Jefferson Airplane meno convenzionali ("Archaeopteryx In Flight"), il quintetto sciorina conoscenze da eruditi, aggiungendo qua e là alcuni tocchi di space synth che, de facto, costituiscono la vera impronta personale del lavoro.

Ascoltare "Sudden Death" provoca due reazioni: da un lato ci si diverte, dall'altro emerge il desiderio di ripescare dal passato sia gruppi storici che act caduti nel dimenticatoio. Dei buoni maestri, dunque, gli Horisont, abili nel mutare pelle e a cui manca soltanto quel pizzico di temerarietà compositiva necessaria per divenire essi stessi materiale di menzione futura. Ma guai a considerarla una semplice tribute band.




01. Revolution
02. Free Riding
03. Pushin' The Line
04. Into The Night
05. Standing Here
06. Runaway
07. Gråa Dagar
08. Sail On
09. Breaking The Chain
10. Hold On
11. Archaeopteryx In Flight

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