L'opera in questione gode di una produzione ottima, attenta nel valorizzare costantemente il cantato di Manuel Agnelli, senza tuttavia rilegare in secondo piano l’operato dell’intera band, tra chitarre sgraziate e violini distorti che contribuiscono non poco a creare una strana, costante sensazione di inquietudine, dall’iniziale “La Sottile Linea Bianca” fino alla conclusiva ed onirica “Il Compleanno Di Andrea”. Questa precisazione sulla bontà della produzione non è scontata, né inutile, dato che molti album dall’indubbio potenziale vengono spesso rovinati e limitati da scelte sbagliate in fase di mixaggio, ed è quindi buona cosa che in presenza di un ottimo operato in sala di regia si tessano lodi a riguardo.
Il cupo “Ballate Per Piccole Iene” è carico di momenti rabbiosi, melanconici, angoscianti e delicati, elementi che delle volte si alternano all’interno di uno stesso brano (“Carne Fresca”, “Il Sangue Di Giuda”) e mai nulla si percepisce fuori luogo all’interno di questo marasma sonoro: la rabbia struggente de “La Sottile Linea Bianca” si sposa perfettamente con la meno oppressiva “Ballata Per La Mia Piccola Iena”, la quale ha per contraltare l’energia scomposta della successiva “È La Fine La Più Importante”, che a sua volta vien placata da “Ci Sono Molti Modi”. Vi è una sorta di tensione che pare possa esplodere in maniera definitiva da un momento all’altro, così come potrebbe invece sublimarsi, ed i brani emblematici di queste due diverse sensazioni sono probabilmente gli ultimi due, ovvero l’oscura ed inquieta “Il Sangue Di Giuda”, e la già citata “Il Compleanno Di Andrea”, che suona come una dolce ninna-nanna, se comparata al resto del disco.
Gran lavoro è stato profuso nell’implementazione del violino all’interno dei brani, così come nel creare, mediante l’uso delle distorsioni, effetti stranianti, in certi punti al limite del disorientante. E non poteva esserci nulla di meglio per l’atmosfera complessiva, distorta come una mente sconvolta (dopotutto le composizioni di Agnelli tendono senza alcun tipo di forzatura a tutto ciò). La sagace alternanza tra esplosioni ed attimi di quiete, tra l’altro, è maggiormente apprezzabile se si considera che l’intero album viene percepito in maniera naturale come un lavoro unitario, compatto, con un filo conduttore che lega tutte le canzoni dall’inizio alla fine. È eterogeneo eppur coeso, riesce nell’intento di far coesistere perfettamente dissonanza e coerenza, ossessione e tranquillità (illusoria): “Ballate Per Piccole Iene” è il caos in equilibrio.
Strano a dirsi, ma, riflettendoci, si torna al preambolo ad inizio recensione: gli Afterhours sono fondamentalmente un ossimoro, quindi ciò che sembra strano e privo di senso all’apparenza, nel loro contesto è invece assolutamente normale e plausibile.