Dovessimo rappresentare su un grafico il livello qualitativo della musica degli HIM lungo l’asse del tempo, otterremmo un andamento piuttosto interessante. Due capolavori uno dietro l’altro all’esordio (“Greatest Lovesongs Vol. 666” e “Razorblade Romance”), il mondo impazzito per il cosiddetto “Love Metal” - un modo alternativo di questi finlandesi per definire il gothic rock più malinconico e, perché no, svenevole. D’altronde, gli HIM sono sempre stati una band potentissima, dal punto di vista simbolico e lirico: pensate solo a quanto è penetrato il loro heartagram nell’immaginario dei gothsters. Poi, un album strano, intimo ma eccessivamente fuori corso con la loro produzione passata (“Deep Shadows And Brilliant Highlights”) e, quindi, un tracollo che ha fatto decisamente temere il peggio (“Love Metal” e “Dark Light”). Arriviamo quindi a “Venus Doom”, l’album precedente che ha fatto registrare, se non altro, un’inedita rilettura da parte della band del doom dei Black Sabbath, da sempre citati come fonte di ispirazione. Temendo quasi di aver partorito qualcosa di eccessivamente sperimentale ed oscuro, ecco che gli HIM ritornano oggi con questo “Screamworks: Love In Theory And Practice”… e pare di rivedere, tale e quale, lo stesso mezzo passo indietro che si era visto tra la sperimentazione di “Deep Shadows And Brilliant Highlights” e la convenzionalità rock di “Love Metal” (banale sin dal titolo, ci avete fatto caso?).
Ora, chiariamo subito: a differenza degli album peggiori della carriera dei nostri finlandesi, questo “Screamworks” contiene delle belle canzoni orecchiabili, melodie facilone che si fanno cantare volentieri già all’inizio della seconda strofa (“Scared To Death”, per la quale, io vi avviso, mi sono venuti in mente i Bee Hive italiani in alcuni frangenti…), piuttosto che variazioni inattese nei bridge dei vari pezzi (succede sul primo singolo “Heartkiller”, piuttosto che sulla punteggiatura nervosa e malinconica del capolavoro “Ode To Solitude”). Ancora, bisogna necessariamente citare altre belle canzoni come la malinconica (e nuovamente facilona) “Acustic Funeral (For Love In Limbo)” ed il refrain di “Katherine Wheel”, una canzone che convince sempre nonostante la sua ripetitività di fondo.
Tutto bellissimo… e, quindi, cosa non va? Da bravo fan della prima guardia degli HIM, me lo sono chiesto tantissimo, sapete? E la risposta, secondo me, non giace tanto in questo album: bisogna elevare il punto di vista, e considerare la produzione musicale di questa band negli ultimi 10 anni. La mia impressione, cari lettori, è che gli HIM abbianno smesso di credere in loro stessi, che tutti questi parti discografici effettuati con cadenza svizzera ogni due anni non siano altro che la testimonianza di una band che si ostina a ricordare, piuttosto che a vivere (non entro nel merito delle questioni finanziarie perché, in tutta onestà, come ascoltatore mi interessano relativamente).
Vedete… io credo che Ville e soci abbianno realmente smesso di vivere con passione la musica che loro stessi hanno inventato, col risultato che gli HIM attuali paiono quasi una parodia di quella band assolutamente viscerale che ha infiammato il cuore di tantissime persone all’inizio di questo secolo (e, nel mentre, nuove leve giungono cariche di convinzione a minare il loro trono – chi ha detto Dommin?). Insomma, è abbastanza lampante: date un occhiata alla tracklist alla vostra destra… vi sembra che si possa prendere sul serio una band che, tra i suoi titoli, mette cose come “Disarm Me (With Your Solitude)”, “The Foreboding Sense Of Impending Happiness” o il – meravigliosamente Valo, non c’è che dire – “In Venere Veritas”?
Non voglio dilungarmi oltre, e quindi concludo affermando che questo settimo album in studio non è affatto pessimo come i già citati “Dark Light” e “Love Metal”, che i fan vi potranno trovare qualcosa di assolutamente piacevole. Ma è un piacere effimero, destinato a svanire dopo un paio di mesi dall’acquisto. D’altronde, nulla di nuovo sotto il sole: la frutta coltivata in casa HIM è da 10 anni che ha poco succo. Godetevelo quel buon succo, finché dura. Ne avremo ancora un poco, se saremo fortunati, tra due anni esatti… e forse è giunto veramente il momento di chiedersi: ma ne abbiamo davvero bisongo?
Il migliore modo per festeggiare San Valentino: il nuovo album degli HIM! ...o forse no?
Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 14/02/10 01. In Venere Veritas
02. Scared To Death
03. Heartkiller
04. Dying Song
05. Disarm Me (With Your Solitude)
06. Love. The Hardest Way
07. Katherine Wheel
08. In The Arms Of Rain
09. Ode To Solitude
10. Shatter Me With Hope
11. Acoustic Funeral (For Love In Limbo)
12. Like St. Valentine
13. The Foreboding Sense Of Impending Happiness
02. Scared To Death
03. Heartkiller
04. Dying Song
05. Disarm Me (With Your Solitude)
06. Love. The Hardest Way
07. Katherine Wheel
08. In The Arms Of Rain
09. Ode To Solitude
10. Shatter Me With Hope
11. Acoustic Funeral (For Love In Limbo)
12. Like St. Valentine
13. The Foreboding Sense Of Impending Happiness
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