Un desolato luogo dai confini indefiniti, siamo scalzi, immersi in una fanghiglia appiccicosa che ci ricopre fin sopra alle caviglie. Un mostruoso incubo meccanico si para davanti ai nostri deboli occhi, tentiamo di correre, ma tutto ciò che proviamo è l'impietosa sublimazione del nostro spirito, mentre il corpo sprofonda in melmose sabbie mobili. Un viaggio di sola andata quello organizzato dagli americani Yautja, un limbo immateriale, una camera di meditazione orrorifica dove fermarsi a riflettere con lo sguardo rivolto allo spettro della società in cui viviamo, posto di fronte a noi e spogliato dei lustrini di cui si riveste.
L'odore di underground hardcore, fiutato prontamente da Relapse Records, già iniziatrice del trio crust punk Terminal Bliss, comincia a fuoriuscire fin dalla prima traccia: lo sludge limaccioso made in NOLA degli Eyehategod, ma anche l'hardcore punk, il groove ed il grindcore affliggono questo malatissimo "The Lurch", un roadtrip al limite della sanità mentale. Chitarrone ronzanti, blast beat insistenti, corde vocali tese fino allo stremo. Il trio di Nashville fa vacillare le nostre certezze, ponendoci su una fune da equilibrista, senza alcuna esperienza e con una voragine sotto ai nostri piedi.
"A Killing Joke" mostra il pugno dalle nocche luride, fornendoci un rancido antipasto di quello che è il main theme del plot, "The Spectacle", che, col suo movimento claudicante, sembra un colosso sgangherato che cade a pezzi, se non fosse per la batteria tritaossa di Tyler Coburn che ne sostiene l'andamento. Un pezzo lento, sporco, grondante sudore, così come "Undesirables", quest'ultimo dalle velate influenze doom. "Clock Cleaner" cerca di riportare il plot su ritmi più moderati, ma ci riesce per poco di fronte alla minacciosa "Catastrophic". Testi di profonda riflessione socio-politica permeano l'album attraverso brutali linee vocali messe in gioco da tutti i membri della band, vocals che richiamano a gran voce i Godflesh di Justin Broadrick. "Tethered" è nitroglicerina, sprinta con ritmi che si interpongono tra il thrash ed il groove, mentre più ragionata è la colossale "The Weight", eretta su un riff da capogiro. "Before The Foal" conclude con passi da gigante, lenti e sfibranti come i fendenti distorti e malsani tirati fuori dalla chitarra e dal basso di Shibby Poole e Kaihan Vaziri.
Siamo chiari fin da subito: "The Lurch" è un'insana goduria per le orecchie. Un rancido purgatorio che punta i riflettori sul marcio della società e sulle conseguenze di quest'ultimo, senza filtri e senza alcun pudore. Tecnicamente impeccabile e prodotto in maniera egregia da Scott Evans nello storico Electrical Audio di Chicago, il debut per Relapse Records lancia il trio di Nashville tra le certezze dello sludge internazionale. Se "Songs Of Descent" aveva sbandierato con timidezza il talento dei Yautja già nel lontano 2014, "The Lurch" ha preso e bruciato quella bandiera, generando una spessa coltre nera destinata a rimanere nell'aria per lungo tempo.