Woodkid
The Golden Age

2013, Island Records
Pop

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 01/05/13

Nel mondo del rock, spesso il pop viene denigrato perché, colpevolmente, non sono poche le volte in cui questo genere musicale esalta il lato dell'inconsistente immagine a sfavore della concreta sostanza artistica. Lungi dal sottoscritto considerare che esistano generi musicali, sulla faccia di questa terra, che sono pienamente vergini da questo punto di vista, ma c'è sicuramente una straordinarietà di non poco conto attorno a Yoann Lemoine in arte Woodkid e nel suo esordio discografico "The Golden Age", visto che uno dei nomi che, in questo 2013, sta ridando dignità al pop è anche quello di un ragazzo che, di questa patinata immagine, si è cibato fino a piena sazietà. Yoann, difatti, è un regista già considerato geniale nel mainstream ad alto budget, che ha firmato video per Lana Del Rey, (Drake &)Rihanna e Katy Perry, e già nel regalare a queste starlette del pop (più o meno inconsistenti) opere visive degne di nota, già si intravedeva una piena caratteristica artistica del Nostro, ovvero la certosina abilità nell'usare elementi di scarsa originalità in modo inusuale, a dare ad una forma conosciuta una luce esotica e misteriosa, in grado di scatenare sincero e profondo interesse.

Succede esattamente questo anche quando Woodkid prende il sopravvento su Yoann, per cui la musica incisa su questo disco non è altro che un perfetto incrocio tra la sezione ritmica folk'n'soul tanto di moda adesso - con una potente impronta tribale a dare maggiore peso al tutto - circondata da un sinfonismo roboante ed epico, un po' come se Florence+The Machine volesse scrivere un'opera ispirata a Wagner. Ecco, quindi, che l'età dell'oro in musica di questo giovane prende con estrema naturalezza giocosi tratti barocchi (la titletrack in apertura, "The Great Escape", il nervo spaziale di stampo musiano in "Conquest Of Space"), solenni incedere vittoriani (le ballad "Boat Song" e "Where I Live", la regalità di "The Shore") e, soprattutto, voli epici e vertiginosi, vuoi coi tratti sinfonici tipici del post rock (il capolavoro "Run Boy Run"), vuoi col piglio sacrale da estremo sacrificio personale di fronte al divino ("Iron", utilizzata per la chiusura del celebre videogame "Assassin's Creed 3"). Come non citare, infine, lo straordinario operato di Lemoine sul suo alter ego musicista, per cui i video a corredo di questo disco sono uno più bello dell'altro, tanto da meritare una menzione d'onore anche in sede della qui presente recensione. Quiqui e qui: da vedere rigorosamente in questo ordine, con il senso di meraviglia crescente e quell'omaggio all'estetica di Fumito Ueda su "Run Boy Run" che è la perfetta consacrazione di uno straordinario regista, dotato incidentalmente di pulsante talento musicale.

Certo, se c'è una cosa che è lecito recriminare, è che il gioco è sin troppo lineare e prevedibile: si arriverà, ascoltando "I Love You" (meraviglioso omaggio ad Amy Winehouse), ad indovinare perfettamente come l'orchestra donerà corpo e spirito alle melodie di Woodkid; canzoni che, tolto l'elemento portante sinfonico, soffrono forse di eccessiva magrezza sotto la barocca veste e la parrucca da cicisbeo. Pur tuttavia, se questi sono gli inizi, è lecito immaginare come, con la malizia donata dall'esperienza, Woodkid saprà arrivare molto lontano con un'opera di tenuta sulla lunga distanza assai migliore di questa. E, come succede alla fine a quel bambino dotato di spada ed elmo cornuto, il volo allora sarà sicuramente infinito, tanto da - chissà - raggiungere persino la dorata città riservata ai grandi. Non lo possiamo sapere ora, ma sappiamo per certo che vi emozionerete ascoltando "The Golden Age", e questo non è affatto un elemento secondario.  




01. The Golden Age
02. Run Boy Run
03. The Great Escape
04. Boat Song
05. I Love You
06. The Shore
07. Ghost Lights
08. Shadows
09. Stabat Mater
10. Conquest Of Spaces
11. Falling
12. Where I Live
13. Iron
14. The Other Side

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