Volbeat
Rewind, Replay, Rebound

2019, Vertigo
Rock

Recensione di Isadora Troiano - Pubblicata in data: 21/08/19

Chi conosce i Volbeat lo sa bene, il loro è un sound iconico, riconoscibile al primo ascolto e caratterizzato da un mix sempre ben dosato di metal, hard rock, rockabilly e punk. E salta subito all'orecchio che nel loro settimo lavoro "Rewind, Replay, Rebound", i Volbeat abbiano compiuto una decisa virata verso le ultime due componenti del proprio stile aggiungendoci una buona dose di rock da stazione radio di largo consumo. E non è neanche una totale sopresa, visto che anche il predecessore "Seal the Deal & Let's Boogie" aveva fatto ampiamente presagire questo passaggio. Ed è per questi motivi che i fan accaniti dei Volbeat, specie quelli della prima ora, potrebbero essere parecchio delusi dall'ultimo lavoro.
 
Con "Rewind, Replay, Rebound" i riff possenti lasciano il posto al rock più accattivante, il rockabilly venato di pop punk la fa da padrone e i quattro danesi si lanciano senza timore in un sound scanzonato e leggero. Il disco nel complesso si lascia ascoltare ma spesso e volentieri scivola troppo nel "piacevole sottofondo" invece di colpire l'apparato uditivo, complice forse anche il numero di brani, 14 concentrati in poco meno di un'ora di ascolto. Altra nota negativa è la produzione generale dei pezzi che risulta poco efficace nel far risaltare la dinamica dei suoni dei vari strumenti e contribuisce all'effetto sottofondo di cui sopra, anche perché il disco è zeppo di tastiere, sax e backing vocals che fanno di tutto per arricchire i brani ma che non riescono completamente nell'intento.
 
Venendo ai brani, spiccano tra tutti "Pelvis On Fire", energica e perfetta per i live, l'ottima "Die To Live" che vede anche la collaborazione di Neil Fallon dei Clutch o ancora il blues scanzonato di "Sorry Sack Of Bones". Meno efficaci il singolo "Last Day Under The Sun" e molto fiacche le ballad, in particolare "When We Were Kids", sono molti i brani da calo dell'attenzione che il songwriting di Michael Poulsen non riesce sempre a ravvivare. Si migliora con "Cheapside Sloggers", anche grazie allo svolazzante riff di Gary Holt, e con l'altro singolo "Leviathan", ma nel complesso il tutto risulta spesso opaco, non brilla per originalità e vitalità. Alla fine dei giochi, dai Volbeat ci si aspettava qualcosa di più, magari meno brani e una durata inferiore a fronte di una maggiore qualità e forza dei brani. 




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