VOLA
Witness

2021, Mascot Records
Prog Metal

La band danese ritorna con il disco della propria affermazione.
Recensione di Federico Barusolo - Pubblicata in data: 31/05/21

Che i VOLA fossero destinati ad essere the next big thing all'interno del panorama prog metal era chiaro già da un po'. Fin dai tempi di "Inmazes" si percepiva un approccio diverso da parte della band danese nei confronti delle proprie radici djent, un approccio volto a rendere più accessibile e melodico un genere costruito principalmente su distorsione e low-pitch. La chiave di tutto ciò i VOLA l'hanno trovata in diversi fattori: il cantato prevalentemente pulito e ipnotico di Asger Mygind (anche chitarrista); ritornelli energici e immediati capaci di trasformarsi in veri e propri inni quando suonati dal vivo; l'utilizzo delle tastiere in maniera massiccia, come da autentica tradizione nordica, ma sapientemente orientata più a moderne connotazioni elettroniche che a stucchevoli revival vintage.
 
Nella lunga attesa che ha preceduto il rilascio di "Witness", terzo lavoro in studio del quartetto di Copenhagen, i quattro singoli rilasciati a cadenza regolare non hanno fatto altro che confermare le sensazioni descritte in apertura di questo articolo, mostrando al contempo il coinvolgimento magnetico e le diverse sfaccettature di questa musica e arrivando poi a prendere posto come prime quattro tracce dell'album. "Straight Lines" era la opener che ci aspettavamo, quel composto di verso ruvido e ritornello melodico che da vita all'approccio poppy-djent di cui si parlava, messa ad anticipare un pezzo di grande efficacia come "Head Mounted Sideways". Questo brano suona come un evidente frutto del prolungato contatto che la band ha avuto con gli Haken durante il tour di "Vector", conservando l'appeal di "The Good Doctor", per citare un esempio recente delle icone del prog metal britannico. Interessante è anche il contrasto finale tra l'esplosione djent governata dalla distorsione della chitarra e le malinconiche e sporche note di piano che conservano un sentimento brit-prog quasi wilsoniano. "24 Light Years" è invece costruita su di una raffinata struttura batteristica dalle mani di Adam Janzi, unico svedese della band, e su un ritornello al contempo potente ed estremamente delicato. Qui si registra anche quello che è senz'altro il riff più coinvolgente dell'intera release, dal quale prende vita tutta la seconda parte tra i versi "Move this table / Change this label / Is there something new? / Bleach this surface / Pale and nervous / Are you lonely too?". "These Black Claws" è poi una vera e propria sorpresa, dove il lato più ruvido dei VOLA incontra sonorità elettroniche minimali prima di fondersi con l'hip-hop di Shahmen, rapper olandese ospite del disco, in un risultato incredibilmente efficace. Lungi dal segmentare ognuna di queste componenti in una specifica porzione del brano, infatti, la band rafforza la compattezza alternando il cantato di Mygind ed il rappato di Shahmen su due versi consecutivi con base completamente analoga. Allo stesso modo i versi "One straw in the drain / One word that you failed to sustain" sono perfetti nell'anticipare un intermezzo puramente djent che inizia a spingere "Witness" verso la sua seconda metà.
 
Il disco fa, infatti, perno sull'atmosfericità acustica di "Freak" per rilanciarsi in una seconda parte più solida e tradizionalista, sicuramente meno appariscente a livello di eterogeneità di contenuto, ma capace di farsi apprezzare calandoci più lentamente in quella che di fatto è l'impronta fondamentale dei VOLA. Qui l'omogeneità delle tracce fa in modo che queste scorrano in maniera migliore, anche per mezzo di transizioni più fluide. Si torna in una fitta foresta di riff distorti e claustrofobici, batterie solide e crescendo che lasciano spesso all'outro il potere di penetrare nella nostra testa e non lasciarla per un po'. "Future Bird", tra i suoi inchini agli islandesi colleghi Agent Fresco, fa esattamente questo, così come "Napalm", che torna a reintrodurre le tastiere al centro della scena, questa volta anche con un pizzico di influenza ottantiana che ci sentiamo di perdonare. "Stone Leader Falling Down" e "Inside Your Fur" chiudono poi "Witness" con un'energia che ci lascia al contempo frastornati e bramosi di tornare al principio e pigiare nuovamente play.
 
"Witness" è un album solido, maturo e poliedrico, che ha tutte le carte in regola per rappresentare l'affermazione dei VOLA come nuovo volto europeo di questo genere così controverso, chiuso e rigido all'apparenza, ma con enorme margine di integrazione. Un album che ci riserviamo di poter giudicare nuovamente quando saremo finalmente in grado di apprezzarlo dal vivo, convinti che molte di questi brani abbiano un potenziale enorme su di un palcoscenico. Nel frattempo aggiustiamo le cuffie, alziamo il volume e ce lo godiamo così.




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