Se c'è un indubbio pregio a circondare il sestetto alessandrino Tomakin, è quello di non suonare detestabili, oggi, proponendo un wave pop che si rifà tanto alla tradizione ottantiana quanto alla modernità elettronica del presente. Badate bene: non è affatto un fattore secondario, soprattutto in un frangente in cui proposte di questo tipo affollando asfitticamente un panorama che si presta invece naturalmente - facendo leva sul revival storico, quindi sul già conosciuto e detto - a pochi.
Ebbene, tra questi pochi sicuramente in Italia bisogna fare un po' di spazio anche ad "Epopea Di Un Uomo Qualunque", opera che, tra i suoi meriti, ha sicuramente il fuoco, la precisione chirurgica con cui la band tratteggia affreschi di moderna quotidianità (ascoltate il viaggio sul treno di "La Legge Di Murphy", o il dramma del call center alla mattina appena svegli su "Fuori Orario") su melodie sì lineari, ma che sanno deliziosamente prendere in contropiede (l'incipit "Avanguardisti"). Volendo fare un paragone sulla musica prodotta dai Tomakin, si potrebbe, con un discreto livello di azzardo, associare i Nostri ai The Birthday Massacre, un accostamento neanche più di tanto ardito se riuscite, nella vostra mente, a sostituire il velo gothic e l'inevitabile deriva dark con l'estetica luminosa del pop condita da abbondanti dosi di indie, ottenendo in cambio una valida e leggera alternativa italiana al combo canadese.
Al netto di alcune ingenuità in sede compositiva che si fanno trascinare un po' troppo da un senso di qualunquistica banalità ("Quasi Mai Delusi", "Il Vuoto Di Torricelli" e la titletrack), i Tomakin si confermano dunque una band che sa recare con sé un sapore fresco ed un potenziale di brillantezza forse non ancora perfettamente espresso su questo secondo passo in discografia, ma nondimeno il messaggio rimane comunque interessante.