Prendete "Il Padrino". I Sopranos. Quentin Tarantino e gli spaghetti western. Il rap, l'elettronica, l'opera e - già che ci siete - anche Paolo Conte. Prendeteli, e poi banalizzateli senza pietà e remora alcuna: il risultato dovrebbe avere le fattezze dello schizofrenico "The Divino Code", la cui presenza sulla nostra scrivania non siamo francamente ancora riusciti a spiegare.
Appurato - ahinoi - che no, non c'era nessun errore e l'amaro calice andava bevuto sino in fondo, abbiamo stabilito di chiudere un occhio sulla sconclusionata premessa narrativa di cui sopra, e sforzarci di guardare oltre; ma lo spettacolo offerto, tra luoghi comuni e motti vuoti - un altro "money, power, business, respect" e non avremmo risposto delle nostre azioni, ndr - ha messo a dura prova una capacità di sopportazione peraltro già piuttosto esigua. E cosa dire del crossover che qui assurge a vette orgiastiche e parossistiche, tra beat reiterati sino alla nausea, deboli strofe rap e oscuri lamenti simil-operistici? Lode all'ambizione e al coraggio dei Divinos, soprattutto in un panorama stagnante come quello italiano, e alla loro irriverente interpretazione di "Vieni Via Con Me"; ma il troppo stroppia, e i sintomi di indigestione lo confermano.