Si ringrazia Stefano Torretta per la collaborazione
Esistono i gotici per amor di corvini pizzi e quelli che rifuggono il sole e l'altre stelle per paura che questi ne compromettano pallido incarnato e vampiresco carattere.
Piace pensare che i The Fright siano dei gotici con la G maiuscola, come l'avrebbe vergata il buon Wulfila nel IV secolo d.C., e che quindi questa loro nuova uscita non sia soltanto ruffiano merletto sonoro. Il dubbio affiora legittimo se si paragona "Canto V" anche soltanto col precedente "Rising Beyond" parimente ghignante in copertina ma di certo pregno di maggior caratura rock e interiore.
È un crimine? Forse, ma il fine spesso giustifica i mezzi e c'è da dire che il dischetto in questione risulta sì leggero e scarsamente originale ma altrettanto easy listening. Sul banco dei giurati possono infatti venir esposti i tizzoni ancora ardenti di "Bonfire Night" (che non avrebbe sfigurato nella colonna sonora di "True Blood"), singolo di tutto rispetto, e i rintocchi di "Oblivion" che chiamano a raccolta i quattro dell'apocalisse, stavolta in chiave western.
L'accusa replicherà che l'imputato, per gli amici Lon Fright, sia un copycat di Jyrki 69 e naturalmente anche del compianto Peter Steele. E l'accusato si dichiarerà colpevole senza nemmeno cercar di difendersi. La band, ormai al suo quinto lavoro, non ha mai negato infatti le forti influenze, evidenti nelle tracce di cui sopra e anche nella più violetta "Leave" la cui intro è di chiaro stampo Type O Negative. Per non parlare dei bassi alla Juha-Pekka Leppäluoto che rendono particolarmente carontiana la centrale, e degna di nota, "Fade Away". Niente male simili frangenti a fondo scala.
Meno bene quando Lon si avventura sui pioli più in alto, inseguendo fino in soffitta l'inarrivabile esempio del cantante dei The 69 Eyes, non riuscendo a eguagliarne il romanticismo oscuro et maledetto e limitandosi a trovare qualche maschera di halloween insanguinata. Ciò nonostante, l'interesse resta, soprattutto quando la band della Turingia si spinge oltre le sponde dell'ampio bacino dark/gothic in cui è stata battezzata a suon di Sister Of Mercy.
Complice Waldemar Sorychta (Moonspell, Lacuna Coil e Sentenced), produttore scelto in via conservativa per non allontanarsi troppo da quei lidi, Lon & soci riescono a offrire quel tanto di tenebra che basta e avanza per trascorrere qualche ora in spensierata (e talvolta dolce) ombra, al sicuro da eccessiva luce, in sicherheit.
Ah, il titolo del disco si rifà al quinto canto dell'Inferno Dantesco ma in assenza di almeno una traccia dedicata a Paolo & Francesca, si preferisce glissare sull'argomento.
PS: Gran cover dei Fliehende Stürme in chiusura a siglare ancora una volta il patto di sangue tra punk e gothic.