The Doomsday Kingdom
The Doomsday Kingdom

2017, Nuclear Blast
Heavy Metal

Ce lo auguravamo ed è successo. The Doomfather è risorto in tutta la sua bellezza poetica, trasversalmente riversata nell'album di debutto del suo nuovo progetto The Doomsday Kingdom. 
Recensione di Pamela Piccolo - Pubblicata in data: 07/04/17

«Welcome To The Doomsday Kingdom! Welcome to the Catacombs!»

Questo recitano i The Doomsday Kingdom, il nuovo progetto solista di Leif Edling (leggi qui la nostra ultima intervista) il cui onomino album di debutto sarà oggi rilasciato da Nuclear Blast. Seguito dell’EP “Never Machine” del 2016, il primo full-lenght dei The Doomsday Kingdom nasce in seguito all’occasione avuta da Edling di camminare per l’ossario sotterraneo di Parigi. In tale cornice, la mente dei Candlemass ha trovato nuove linfa e ispirazione concretizzatesi in tale recente progetto musicale. Dopo aver combattuto contro una sindrome da affaticamento legata allo stress, Leif Edling ha saputo reinventare il vuoto paralizzante che lo ha attanagliato per qualche anno componendo con la sua vecchia chitarra acustica le prime melodie di quel frutto che oggi sono i The Doomsday Kingdom.

Niklas Stålvind, Andreas “Habo” Johansson e Marcus Jidell, con cui Leif suona negli Avatarium, sono gli artefici di un album lontano dal doom metal classico e vicino, invece, al primo heavy metal. Con riconoscibili e apprezzabili richiami alla corrente New Wave Of British Heavy Metal, “The Doomsday Kingdom” sarebbe dovuto essere un disco solista, ma tutto si è rivelato essere molto più di questo, ha spiegato Leif. Nel corso delle prestazioni individuali da parte dei membri della band le canzoni hanno preso la loro forma lasciando The Doomfather senza fiato. 

L’album di debutto di questa nuova creatura rispolvera i demo di “Never Machine” e di “The Sceptre”, i quali naturalmente differiscono dalla loro versione originaria fino ad offrirci un suono più limpido, ma più pesante e minuzioso.
 
Il disco si apre con la traccia “Silent Kingdom”, secondo Edling un buon brano di apertura, “anche se non come “2112” dei Rush”. L'opening track è un potentissimo brano heavy metal in cui l’assolo di Jidell lascia spazio alla lentezza propria del doom per riapprodare ai suoi connotati heavy nell’arco di un solo minuto di registrazione. Il tutto è magnificamente stimato dalla voce di Niklas per l’intera durata della canzone. 
L’ondeggiante ritornello di “Never Machine” appare come una giostra, ove ridondante è il timbro di Niklas nelle parole che danno il titolo alla canzone. Come in una famosa scena di Mulholland Drive, il testo di “Never Machine” è incentrato su una misteriosa scatola che dal nulla appare per impossessarsi di personalità e ambizioni. L’assolo echeggiante gli anni Settanta di Marcus è diametralmente opposto alla scia doom sulla cui base si mantiene il singolo “A Spoonful Of Darkness”. Alternando drappeggi heavy, ecco trovarci di fronte a un brano che mescola in modo uniforme differenti generi musicali, i quali sfociano in risate oscure sinonimo di appagamento e soddisfazione, quasi a richiamare i Mercyful Fate. Attacca con una chitarra classica “See you Tomorrow”, pezzo strumentale dotato di un’aura di nobile magnificenza grazie anche alla presenza del pianoforte. Sembra quasi di sentire il canto degli uccelli in lontananza. Il coro evanescente e il crescendo gothic sul finire alleggeriscono le nostre orecchie con 4 minuti circa di intermezzo.
A voi i virtuosismi di “The Sceptre”. Il martellare della batteria incalza i riff rallentati del doom metal, sovrastanti liriche dalla forte impronta politica: Leif narra della Regina Rossa in combutta con la Regina Nera in una perpetua guerra come quella tra Russia e Stati Uniti. “Vogliono davvero la pace, alla fine?”, si chiede Leif. Un cambio di scenario al minuto 3:20 e una chiusura da batticuore della batteria sulla chitarra concludono una delle tracce più complesse dell’album.
Non c’è nascondiglio da “Hand of hell”. Qui l’heavy metal sabbathiano è presente sia nel testo, sia nelle musiche, mentre le influenze dei Candlemass sembrano tornare in “The Silence”, brano composto da Leif durante il suo periodo di sofferenza e che alterna paesaggi atmosferici a scenari particolarmente progressive. È un omaggio al figlio appena nato “The God Particle”. Nove minuti circa di doom classico che si lasciano amare per il giro di basso in prima battuta e per la costante presenza di interludi melodici delineanti l’ampio velluto vocale di Niklas Stålvind.

Si snoda in un meraviglioso crescendo “The Doomsday Kingdom”, album vario entro i confini del classic doom e del classic/heavy metal che sarà sicuramente destinato a diventare una pietra miliare nella discografia della band. Ancora una volta Leif Edling ha saputo stupirci andando oltre quello che da lui ci si potrebbe aspettare. 




01. Silent Kingdom 
02. The Never Machine 
03. A Spoonful Of Darkness
04. See You Tomorrow 
05. The Sceptre 
06. Hand Of Hell 
07. The Silence 
08. The God Particle 

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool