The Beatles
Please Please Me

1963, Parlophone
Rock

Recensione di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 03/10/15

"'Sapete che non ci sono parole per esprimere quanto sia dannatamente noiosa? E' una marcia funebre. Potrebbe suonare accettabile giusto raddoppiando la velocità.' Mi presero sulla parola. Scherzavo ma loro tornarono a suonarla accelerata, aggiunsero l'armonica e divenne la loro prima grande hit." George Martin su 'Please Please Me'.
 

Culturalmente parlando, non c'è peggior idiozia del revisionismo storico ed essendo l'idiozia endemica, nemmeno l'ambito musicale ne è immune. Alzi infatti la mano chi non ha mai sentito etichettare le prime releases dei Fab 4 quali canzonette buone solo per le ragazzine. Quello che probabilmente sfugge ai critici della domenica è il contesto storico-sociale.

 

Nel 1963, infatti, quando perfino i più acclamati Chuck Berry, Buddy Holly e Roy Orbison, si affidavano ad altri parolieri per confezionare i loro successi, il fatto che quattro sbarbatelli riuscissero a inanellare otto crediti di songwriting in un album d'esordio fu non soltanto uno dei tanti record dimenticati dei The Beatles ma anche una delle piccole rivoluzioni innescate dalla loro musica.

 

La cornice in cui si consuma, in ogni accezione del termine, il debutto del quartetto di Liverpool è quella delle piste da ballo. Là, tra gonne plissettate, risatine, sbruffonate e occhiolini, ogni volta che la testina toccava un vinile, era possibile accorciare le distanze imposte dalla morale del mondo esterno ed emulare i cugini d'oltreoceano abbandonandosi ad uno sfrenato rock'n'roll. Questo lo sfondo su cui lo stesso Paul McCartney si sentì scoppiare il cuore mentre sbirciava le belle gambe di Iris Caldwell lanciata in un twist alla Tower Ballroom di New Brighton. E se al giorno d'oggi la rima 'boom/room' non fa di certo scalpore, si può scommettere che vi riuscisse all'epoca in cui l'età legale per il sesso era 17 anni, come sottolineato dall'ammicante inizio della stessa opener.

 

Altri luoghi topici dei The Beatles erano Cavern e The Casbah ed è proprio nel primo, di fronte al pubblico casalingo, che il produttore George Martin avrebbe voluto registrare, in presa diretta, l'intero LP, così da rendere l'esperienza il più autentica possibile. Del progetto resta quel '1-2-3-4' in apertura alla succitata 'I Saw Her Standing There' che, grazie alla sua indole rock, riesce comunque a trascinare sulla stessa pista dove, a suon di piroette, tornerà a concludersi la tracklist.

 

Venendo ai nostri, se McCartney inaugura la sua carriera di bassista rubando un riff a Chuck Berry, John Lennon anticipa invece la sua propensione all'introspezione già con la più auto-ironica e caustica 'Misery'. Delle tre cover a seguire merita ricordare la 'Boys' che, in sede live, costituiva il tradizionale numero di batteria fin dai tempi di Pete Best. Vengono quindi calati altrettanti pezzi da novanta ovvero il mancato  singolo 'Ask Me Why', a cui verrà preferita la successiva 'Love Me Do', e la irresistibile titletrack.

 

Nonostante il carattere sovversivo, e le ulteriori allusioni di natura sessuale, 'Please Please Me' venne scritta da Lennon fissando il copriletto rosa nella sua camera in Menlove Avenue. E se questo appare bizzarro non lo sarà mai quanto pensare che il brano deve il suo legato ai trascorsi di John quale corista di inni religiosi nella chiesa in fondo allo stesso quartiere. Stilisticamente, la traccia risente dell'influenza esercitata dagli The Everly Brothers emulati proprio nel botta e risposta del bridge tra Lennon da un parte e il duo McCartney-Harrison dall'altra.

 

E' quindi il turno della iconica 'Love Me Do', frutto di uno strimpellamento adolescenziale di McCartney e del riarrangiamento di Martin che rese il brano asciutto e perfettamente aderente all'immagine schietta già caratteristica della band.



Nonostante il disco sia stato registrato in tutta fretta nell'arco di una sola giornata, Martin e la band seppero far fruttare le circostanze a vantaggio del disco. Esempio di questo è il sound, inevitabilmente imperfetto, di 'There's A Place' capace però di rendere la genuinità di uno di quei live act che mandavano in visibilio il pubblico. Altra scelta vincente, stavolta costretta da un raffreddore di Lennon, ormai agli sgoccioli della voce, fu quella di servirsi della prima take di 'Twist And Shout', cavallo di battaglia dei loro show, per realizzare sia quel finale col botto, con cui sigillare il tutto, che uno degli episodi più sensazionali delle sessioni negli Abbey Road Studios.

 

Con un esordio sfacciato, ironico e inequivocabilmente accattivante quale 'Please Please Me', capace di conquistare non soltanto il pubblico femminile ma tutti quegli adolescenti a cui veniva immediato immedesimarsi nelle situazioni intorno a cui ruotavano le lyrics, c'è poco da stupirsi che, fin dal pricipio, i The Beatles abbiano spiazzato qualsiasi concorrenza in pista e sul palco.





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